2 Io dormo, ma il mio cuore veglia.
Un rumore! È il mio diletto che bussa:
«Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, perfetta mia;
perché il mio capo è bagnato di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne».
3 «Mi sono tolta la veste;
come indossarla ancora?
Mi sono lavata i piedi;
come ancora sporcarli?».
4 Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio
e un fremito mi ha sconvolta.
5 Mi sono alzata per aprire al mio diletto
e le mie mani stillavano mirra,
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
6 Ho aperto allora al mio diletto,
ma il mio diletto già se n’era andato, era scomparso.
Io venni meno, per la sua scomparsa.
L’ho cercato, ma non l’ho trovato,
l’ho chiamato, ma non m’ha risposto.
7 Mi han trovato le guardie che perlustrano la città;
mi han percosso, mi hanno ferito,
mi han tolto il mantello
le guardie delle mura.
8 Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il mio diletto,
che cosa gli racconterete?
Che sono malata d’amore!
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Oggi è molto bello questo cercarsi e non trovarsi dei due innamorati. L’amore è sì gioia, comunione, fusione, sembra dire il nostro testo, ma è anche ricerca, ricerca di qualcosa che sempre sfugge, buio, dolorosa consapevolezza che con l’amato non ci potrà mai essere comunione perfetta. E’ come la fede, che è luce ma è anche buio. Ed è proprio il buio che mette in risalto lo splendore della luce. All’inizio “ Io dormo, ma il mio cuore veglia.
Un rumore! È il mio diletto che bussa” (v.2) mi fa pensare alle vergini sagge di Matteo, che, come le altre si addormentano, ma hanno l’olio per le loro lampade e sono pronte a rispondere all’invito dello sposo. Il cuore che veglia mi sembra una bella interpretazione da dare all’olio per le lampade. Però… qui la ragazza non è pronta ad aprire allo sposo. Anche qui, come in Mt 25, c’è bussare e non essere pronti, chiedere e negarsi, cercare e non trovarsi, chiamare e non sentirsi rispondere. “ Ho aperto allora al mio diletto,
ma il mio diletto già se n’era andato, era scomparso…. L’ho cercato, ma non l’ho trovato,
l’ho chiamato, ma non m’ha risposto.” (v.6). I tempi, i bisogni, le sensibilità sono diverse e bisogna sempre cercare di comprendere l’altro. Forse è proprio in questa ricerca, che a volte appare vana e non risponde alle nostre attese, che matura il nostro amore, come necessità di un continuo uscire da noi stessi, di un continuo rinnovarsi, di un continuo cercare il vero volto dell’altro, che sempre ci sfugge. E’ il nostro tesoro, perché è prezioso per noi, ma non è nostro possesso.
Il tema del sonno-risveglio è importante nel Cantico. Qui, al ver.2, si dice addirittura che anche nel sonno il cuore veglia: malgrado i tempi dell’oblìo, quando tutto sembra messo da parte, una parte di noi misteriosamente “veglia”. La speranza sta proprio nella certezza che non è possibile che scompaia completamente la forza del legame d’amore. Tale è la “rappresentazione” di questo dormire, ma appunto c’è qualcosa , ed è la parte più preziosa, il cuore, che veglia, che non è sopraffatto. E’ quella parte dell’anima, sia personale che collettiva, pronta a sentire e ad ascoltare. Ed è quello che consente appunto di accorgersi che l’Amato bussa alla porta. E’ stupendo che Egli si presenti in tutta la sua potenza buona e amante, espressa con la sequenza di tutti i termini d’amore con i quali ama chiamarla. Qualunque sia la vicenda, così Egli la vede! E sorprendente è pure che Egli si presenti a lei quasi come un povero che bussa, eppure è Lui a portare il dono essenziale: mi ricorda la richiesta di bere da parte di Gesù stanco per il viaggio accanto al pozzo della samaritana. Lui, che ha per lei l’acqua viva! E nel nostro testo, Lui che ha il capo pieno di rugiada, che è simbolo, per una terra assetata, della benedizione di Dio. Come non evocare in tutto questo l’Annunciazione del Signore, e l’incontro tra l’Angelo di Dio e la Vergine di Nazaret? Così ogni annuncio del Vangelo, ogni venire di Dio alla nostra vita e alla nostra persona.
Ma, secondo il ver.3, la parola e la voce dell’Amato la sorprendono immersa nella sua lontananza: si è tolta la veste e sembra come bloccata nella sua condizione; dovrebbe sporcarsi i piedi per aprirgli, ma le sembra impossibile. Lui sembra non volersi arrendere, quasi volesse entrare “a porte chiuse”!, forzare la chiusura che lo lascia fuori. Non ho dubbi sul fatto che ognuno si specchi in queste parole e vi colga tutte le esitazioni, i dinieghi, i ritardi nel rispondere alla chiamata del Signore. Ma, secondo i vers.5-6, non aver colto il tempo del suo passaggio nella nostra vita, ci fa piombare nella desolazione di un bene che non abbiamo saputo ricevere quando si è affacciato per noi. Di Lui restano le tracce su quella porta che prima non abbiamo aperto e che ora apriamo senza più trovarlo:la mirra sulla maniglia. Così, dopo il tema del sonno e della veglia, ecco il tema del “cercare-trovare”! Ed è impressionante vedere la profondità dell’affermazione , cuore di tutto il mistero della fede ebraico-cristiana: Dio che cerca l’uomo e l’uomo che, cercato – e in qualche modo trovato da Dio – lo cerca. Un incessante cercarsi, trovarsi, perdersi e ritrovarsi, per poi perdersi ancora, sino alla fine!
Ma la storia è severa. Al ver.7 troviamo le guardie che avevamo già incontrate in 3,3, ma che ora aggrediscono e spogliano l’Amata. Ora agiscono in certo modo come emissari incaricati di rendere consapevole l’Amata del suo stato d’abbandono per non aver accolto l’Amato. Sarà Gesù a capovolgere la storia, Lui, percosso e spogliato non perchè colpevole, ma perchè innocente. Lui percosso e spogliato perchè noi possiamo essere rivestiti di Lui.
E infine il ver.8, per ribadire che, malgrado tutto, Lei è malata d’amore. Comunicazione affidata alla mediazione di chi si farà voce per noi, là dove noi non oseremmo più sperare, perchè sappiamo di non esserne degni perchè non abbiamo colto e accolto il tempo del dono. Ma proprio questa malattia impedisce che la vicenda si chiuda!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questo amato è molto abile e a prima vista un po’ crudele. Ricordate il canto e i complimenti di ieri?
Oggi sembra che bussi alla porta con la sua stessa voce: aprimi! e aggiunge quattro nomi con quattro possessivi sorella mia, amica mia, colomba mia, perfetta mia.
Poi infila la mano nello spiraglio… e quando finalmente gli apre con le incertezze e le esitazioni già sottolineate, passa, se ne va, non si fa trovare, non le risponde.
Lei è conquistata da questa voce, dalla sua Parola. Avete letto la traduzione dal greco del v.6? “Io ho aperto al mio diletto, il mio diletto era passato oltre: se ne uscì la mia anima PER LA SUA PAROLA, l’ho cercato e non l’ho trovato, l’ho chiamato e non mi ha risposto”.
Probabilmente Lui sta attuando una precisa, sofferta, strategia di seduzione-purificazione.
“L’ho cercato, ma non l’ho trovato,
l’ho chiamato, ma non m’ha risposto.”
Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.Luca 11,9-10
Amo il Signore perché ascolta il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio nel giorno in cui lo invocavo.
Salmo114