7,54 All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. 55Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio 56 e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». 57 Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, 58 lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. 59 E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». 60 Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
8,1a Saulo approvava la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme;
Messa dalla Dozza – Atti 7,54-8,1a
At 7,54-8,1A Omelia dialogata alla Dozza
At 7,54-8,1a Omelia dialogata a Sammartini
COMMENTO Famiglie della Visitazione:
La prima parola che voglio citare è alla fine del nostro testo al versetto 60, dove si dice una frase brevissima: “Detto questo, morì”. La traduzione è sbagliata, perché nel testo originale, dove la versione italiana ha introdotto questo termine “morì”, si direbbe semplicemente “si addormentò”: questo bisognava tenerlo, magari facendo una nota sotto, per spiegare il senso di questo “addormentarsi”, ma usare il termine “morire” è contraddire in modo drammatico l’affermazione dei due versetti 59/60. Il versetto 59 dice così: “lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito”. Non c’è un accenno alla morte, c’è questa forte invocazione, che il Signore dia accoglienza al suo spirito. Nel versetto successivo dice poi “piegò le ginocchia e gridò forte: Signore, non imputare loro questo peccato; detto questo, si addormentò”. La scrittura non introduce il verbo “morire”, ma lo sostituisce con due affermazioni di vita, entrambe rivolte a Gesù: la prima per dire “Signore Gesù, accogli il mio spirito” e la seconda “Signore, non imputare loro questo peccato”. E’ la salvezza di queste persone che lui sta chiedendo. Stefano muore dicendo queste parole: tutto il senso di questa morte è raccolto in questa duplice invocazione che il nostro testo esplicitamente chiama preghiera. E’ il nome nuovo della morte: il Signore accoglie il nostro spirito e non imputa questo peccato. La richiesta del perdono diventa quindi l’offerta della vita, perché ci sia salvezza per tutti coloro che ne sono coinvolti. Sono loro che materialmente uccidono Stefano, ma in realtà Stefano non muore, perché il Signore accoglie la sua vita e per questa offerta della sua vita risponde con la sua Divina misericordia al peccato di uccisione di Stefano. Quindi è una grande celebrazione della Pasqua: il capitolo VII finisce con l’evento della Pasqua proclamato è compiuto in modo fortissimo.
E’ bellissimo che il nostro testo abbia voluto aggiungere anche il primo versetto del capitolo ottavo, in realtà mezzo versetto di questo primo. A questa drammatica esecuzione capitale contro Stefano da parte dei suoi fratelli Ebrei è presente un amico, un fratello, che è già stato nominato. Lo dovremo conoscere molto di più: è Saulo, che come sapete è il nome precedente a quello che poi verrà adottato, Paolo. Saulo è un ebreo e un ebreo fedele, appassionato, impegnatissimo nella sua vita di fede e quindi proprio per questo approva l’uccisione di Stefano, ma questa uccisione rimarrà dentro di lui fino a che con la sua potenza di risurrezione il sacrificio d’amore compiuto fino in fondo da Stefano sia speranza ed evento di vita nuova. Anche per Saulo, che diventa Paolo. Quindi la forza e la straordinaria importanza di questi versetti sono a motivo di questa celebrazione concreta, drammaticamente evidente, della Pasqua, nella morte d’amore di Stefano e in quella risurrezione che noi contempleremo nell’ebreo Saulo proprio per la potenza di bene che il sacrificio di Stefano riversa su di lui.
Dio vi benedica. Buona domenica. Francesco e Giovanni