35 Questo Mosè, che essi avevano rinnegato dicendo: “Chi ti ha costituito capo e giudice?”, proprio lui Dio mandò come capo e liberatore, per mezzo dell’angelo che gli era apparso nel roveto. 36 Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant’anni. 37 Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me”. 38 Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. 39 Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l’Egitto, 40 dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. 41 E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani. 42 Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo, come è scritto nel libro dei Profeti: Mi avete forse offerto vittime e sacrifici per quarant’anni nel deserto, o casa d’Israele? 43 Avete preso con voi la tenda di Moloc e la stella del vostro dio Refan, immagini che vi siete fabbricate per adorarle! Perciò vi deporterò al di là di Babilonia.
Messa dalla Dozza – Atti 7,35-43
COMMENTO Famiglie della Visitazione:
È molto interessante quello che oggi abbiamo letto di Mosè: egli è riconosciuto come quello che era stato rinnegato, con l’obiezione: “Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi?”.
Invece è proprio Dio che lo costituisce capo e giudice. Allora Mosè fa uscire tutta la sua gente e compie prodigi e segni nella terra d’Egitto nel Mar Rosso e nel deserto per quaranta anni. Mi sembra affascinante quel verbo “li fece uscire”, perché il rapporto con Dio è sempre un rapporto di liberazione: lui ci chiama da quello che ci tiene, magari anche ci protegge, ma ci tiene fermi, in qualche modo reclusi e ci fa uscire. La fede è un evento di salvezza e di liberazione; per questo Mosè viene definito capo e anche liberatore, colui che fa uscire.
Il versetto 37 precisa che egli è quel Mosè che parlando al popolo annuncia che Dio farà – non si sa quando – farà sorgere un profeta come lui, ma evidentemente c’è l’annuncio di qualche cosa di straordinariamente grande: sarebbe bello fare una gara tra di noi per capire a chi si riferisce la Santa Scrittura quando parla di questo profeta che è profeta come Mosè, ma che evidentemente è persona di uno spessore e di una potenza tutta speciale.
Mosè è colui che ha ricevuto “parole di Vita da trasmettere” (versetto 38), però aggiunge che i Padri, cioè gli antenati, quelli che in quel momento erano insieme a quel profeta, “non vollero dargli ascolto”, anzi lo respinsero e si volsero verso l’Egitto. E’ una drammatica situazione, esposta al pericolo di rinunciare al dono di Dio, che è questo evento di salvezza, è scegliere l’Egitto, cioè la prigionia, l’impossibilità di un rapporto pieno con Dio e con se stessi, è una grande tentazione, la grande prova. Tra l’altro, questa rinuncia alla libertà che Dio offre è seguita da conseguenze drammatiche: la volontà che Mosè faccia “per noi degli dei che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè non sappiamo che cosa sia accaduto” (versetto 40). Addirittura il versetto 41 ci dice “fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani”: è proprio l’abbruttimento della vita di questo popolo di Dio, che si asservisce completamente all’idolatria; è colpevole ed è anche vittima del male che commette. Allora, dice il versetto 42, “Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo”.
Il popolo non offre più al suo Signore le vittime, i sacrifici che gli ha offerto per 40 anni nel deserto, ma si è rivestito e armato con simboli drammatici di idolatria: “la tenda di Moloc e la stella del vostro Dio Refan”, versetto 43. Questi idoli, secondo la parola di Dio, anche quando si presentano sotto apparenze di grandiosità, sono in realtà una povera opera umana che viene divinizzata.
La conclusione dice l’intenzione della volontà di Dio, che è, malgrado la severità, orientata verso la salvezza del Popolo: “vi porterò là, a Babilonia”, dove incomincerà per questo popolo una storia nuova e feconda.