In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. 2 Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. 3 Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere.
4 Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola.
5 Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. 6 E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. 7 Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. 8 E vi fu grande gioia in quella città.
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Anche oggi, e forse proprio oggi, ci è chiesto di ricordare che ormai la storia non solo della Chiesa, ma dell’intera umanità, può essere interpretata e vissuta nella sua più profonda realtà solo se la si coglie alla luce della Pasqua di Gesù di Nazaret, alla quale nulla è estraneo e della creazione e della vicenda dei popoli e del cosmo.
Mi sembra quindi vadano considerati con attenzione i vers.1-3, che ci collocano in avvenimenti di male e di morte, che tali sono e tali restano, ma che sono misteriosamente altrettanti “grembi” di vita, della vita nuova che celebra la risurrezione del Signore. Così la persecuzione non si limita più ad alcune persone, come Pietro, Giovanni, e Stefano lapidato per la sua testimonianza. Ora è l’intera Chiesa ad essere aggredita. Perlomeno, anche per l’espressione del ver.8 – “..ad eccezione degli apostoli” – che forse indica più ampiamente tutta la parte “ebraica” della nuova comunità rispetto alla parte “greca, ellenistica” che si disperde “nelle regioni della Giudea e della Samaria”. Stefano viene pietosamente sepolto, mentre Saulo imperversa contro i membri della Chiesa, che mi evocano il clima della persecuzione nazista, con questo entrare nelle case per prendere uomini e donne!
Ed ecco, al ver.4, la persecuzione-dispersione diventare occasione di annuncio della Parola! Il nuovo ritmo della storia è chiamato a percorrere sempre l’itinerario “dalla morte alla vita”, e non più quello che è proprio del mondo e della storia prigionieri del male e della morte, e quindi inevitabile itinerario dalla vita alla morte. Il Signore è venuto a “liberare quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”(Ebrei 2,15). L’annuncio del Vangelo è questo atto di liberazione che si è compiuto nella Persona e nella Pasqua di Gesù.
E’ interessante ai vers.5-8, l’incontro tra due realtà così diverse, come il diacono Filippo, ellenista, e quindi appartenente al ricco e sofisticato mondo culturale della Grecia mediterranea, e la realtà samaritana, eretica e appartata rispetto al resto del popolo di Dio. Ma l’annuncio del Vangelo è avvenimento che percorre e insieme scavalca tutte le diversità, potente a farsi intendere e accogliere da ogni etnìa e ogni cultura. La cacciata dei demoni e la grande gioia dicono la concretezza dell’opera pasquale della testimonianza di Filippo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“In quel giorno”: quindi, in stretta connessione con il martirio di Stefano, ha luogo la persecuzione. Meraviglia che siano colpiti tutti “ad eccezione degli apostoli”. Questa volta la violenza risparmia la comunità giudeo-cristiana, guidata dagli apostoli. Compare per la prima volta quella bella espressione che indicherà, d’ora in poi, le comunità locali: “la chiesa che (è) in Gerusalemme”. C’è la diaspora e molti “voltano le spalle” a Gerusalemme e vanno altrove ad “annunciare la Parola”: e la Samaria, la terra degli eretici, è al primo posto (come nelle parabole o in altre vicende di Gesù). “Una grande gioia” accompagna l’ascolto del lieto annuncio: una caratteristica che forse è mancata a noi, nel nostro cammino spirituale.