17 Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, 18 finché sorse in Egitto un altro re, che non conosceva Giuseppe. 19 Questi, agendo con inganno contro la nostra gente, oppresse i nostri padri fino al punto di costringerli ad abbandonare i loro bambini, perché non sopravvivessero. 20 In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna 21 e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. 22 Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. 23 Quando compì quarant’anni, gli venne il desiderio di fare visita ai suoi fratelli, i figli d’Israele. 24 Vedendone uno che veniva maltrattato, ne prese le difese e vendicò l’oppresso, uccidendo l’Egiziano. 25 Egli pensava che i suoi fratelli avrebbero compreso che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero. 26 Il giorno dopo egli si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e cercava di rappacificarli. Disse: “Uomini, siete fratelli! Perché vi maltrattate l’un l’altro?”. 27 Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo: “Chi ti ha costituito capo e giudice sopra di noi? 28 Vuoi forse uccidermi, come ieri hai ucciso l’Egiziano?”. 29 A queste parole Mosè fuggì e andò a vivere da straniero nella terra di Madian, dove ebbe due figli.
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Dopo averci presentato la storia d’Israele come paradigma profetico della storia della salvezza di ogni uomo e donna e di ogni popolo, avvertendoci in questo modo che nessun “luogo” della storia può pretendere di essere il luogo dell’incontro con Dio, neppure il Tempio di Gerusalemme, oggi la grande memoria biblica di Stefano porta la sua attenzione sulla persona di Mosè, colta come profezia della persona di Gesù. Gesù è il luogo e il tempo dell’incontro tra Dio e l’umanità. Gesù è il nuovo vero “tempio”. Continua così questo esempio mirabile della “lettura in Cristo” delle Scritture, che Luca ci dona attraverso la testimonianza di Stefano.
Tutta la vicenda di Mosè viene ricordata, con attenzione privilegiata per gli elementi che più direttamente si riferiscono a Gesù. Le stesse parole , i singoli termini delle Scritture, vengono evidenziati come “profetici” di Gesù. Non solo! Le Scritture ci mostrano anche la “fatica” della storia, il suo travaglio di purificazione e di affinamento verso la persona e l’opera del Signore.
Mosè viene presentato come bambino tra gli altri bambini perseguitati dagli Egiziani, ma con i segni dell’elezione divina. Al ver.20 si dice che “era molto bello”. La precedente versione italiana diceva che “piacque a Dio”. “Era bello presso Dio”: questo è il senso dell’affermazione. Egli viene salvato, e contemporaneamente viene “consegnato” ai pagani. Fin da qui il nostro testo sembra voler alludere ad una missione che và oltre i confini di Israele, e ad un’appartenenza dell’eletto all’umanità intera. Le note delle bibbie sottolineano che l’espressione del ver.22 – “era potente in opere e parole” – sono presenti in Luca 24 sulle labbra dei discepoli di Emmaus quando ricordano la persona e l’opera di Gesù. Qui sembra si parli preferenzialmente di una potenza “umana” di Mosè, che arriverà a manifestarsi addirittura con l’uccisione dell’Egiziano. Come un’allusione di rimprovero e di riferimento ad una potenza ben diversa che Gesù rivelerà e attuerà nella sua obbedienza sino alla Croce.
Il riferimento ad una situazione della storia ancora legata alla violenza omicida di Caino appare abbastanza evidente, sia nella violenza tra uomo e uomo di cui ci parlano entrambi gli episodi nei quali Mosè interviene, sia anche, però, nel gesto di Mosè che uccide l’Egiziano! Non è questo ciò che l’intimo della storia sta aspettando. La fuga di Mosè nel deserto dice molto efficacemente la necessità che la via della salvezza che Mosè vuol portare al suo popolo – come afferma esplicitamente il ver.25 – deve fare strada verso il sacrificio d’amore del Signore, che non uccide, ma dà la vita. E in questo modo sconfigge il dramma del male e della morte.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.