8 Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. 9 E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria.
10 Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore 11 e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.
12 Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell’oriente. 13 Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti impuri, simili a rane: 14 sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare i re di tutta la terra per la guerra del grande giorno di Dio, l’Onnipotente.
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Il quarto e il quinto angelo versano la coppa del giudizio evangelico – così noi interpretiamo le coppe dell’ “ira di Dio”! – uno sulla creazione e l’altro sulla storia dominata dal drago e dalla bestia, e l’uno e l’altro mostrano il dramma di un mancato pentimento che porta alla bestemmia invece che alla conversione. E’ di enorme valore questo avvertimento perché la bestemmia al posto della conversione è pericolo supremo nella vicenda umana. Accostandoci un momento ai particolari di questi flagelli, quello del quarto angelo sembra essere l’aumento terribile del calore del sole. Ma appunto, invece di pentirsi, l’umanità bestemmia. E così avviene quando il quinto angelo versa la coppa sul potere demoniaco della bestia. Anche qui la reazione è la bestemmia contro Dio e non la conversione a Lui.
Il sesto angelo, prosciugando “il grande fiume Eufrate” sembra voler dire l’avvento di un nuovo regno della bestia al posto del precedente. Ma in sostanza tali regni sono tutti uguali, e al male di un dominio succede lo stesso male portato da un altro regime della bestia. Così il ver.12 che sembra profetizzare “il passaggio ai re dell’oriente”. L’attuale regime del drago e della bestia reagisce con “tre spiriti impuri, simili a rane”. Sono “sono spiriti di demoni che operano prodigi …”. Insomma, niente di nuovo sotto il sole. E’ la resistenza del male e della morte contro la luminosa potenza del Vangelo di Gesù. Mi permetto di aggiungere l’annotazione che tali ribellioni ingiuriose qui descritte come atteggiamenti collettivi noi sappiamo essere presenti anche nel dramma delle nostre impenitenti coscienze. Chiediamo la grazia dell’umiltà!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dal sole arrivano vampe di calore insopportabili per l’uomo. Pur sapendo che siamo davanti a immagini simboliche e “apocalittiche”, vengono alla mente tanti gravi problemi contemporanei (come quello dell’ozono o della minaccia nucleare che la storia ha già visto realizzarsi). – La coppa del quinto angelo, invece, ci riporta immediatamente alle tenebre dell’Egitto, tenebre che si potevano palpare e che avevano costretto tutti al buio e all’inattività. – La risposta degli uomini è costante nell’indurimento della mente e del cuore: non ci meraviglia, sapendo come siamo ostinati nel male e incapaci di cambiare radicalmente. Ma sappiamo anche qual è l’esito della “guerra del grande giorno di Dio”, guerra già vinta in Gesù e nel suo dono.
I ripetuti riferimenti che i testi di questi giorni fanno al racconto delle dieci piaghe dell’Esodo rivelano come quella che stiamo leggendo sia una storia di liberazione: liberazione definitiva dal dominio del male e della morte, liberazione del nostro cuore dalla tentazione dell’idolatria, che qui l’Apocalisse chiama bestemmia. Se questo è il senso generale di tutto il racconto delle coppe, il testo di oggi e specialmente i versetti 10-14 mi sono sembrati la narrazione a rovescio del capitolo 60 di Isaia. Lì vediamo come la docilità all’opera d’amore di Dio toglie dal buio, riveste di luce e conduce per mano tutti i popoli ad un incontro di pace; qui vediamo come la bestemmia e il rifiuto della conversione lascia in un buio senza prospettive dominato dal male e dalla morte, una condizione di violenza nella quale il male raduna i potenti di questo mondo per scatenare la guerra e portare la morte. È, drammaticamente, l’esperienza odierna delle terre richiamate al vers. 12. Forse è necessario che l’Apocalisse ci venga letta dagli ultimi e dai poveri, da Gesù, lui che si è fatto ultimo degli ultimi, perché possiamo cogliere la potenza di liberazione di questa Parola.