1 Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 2 Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.
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Gesù torna a Nazaret, “la sua patria”, e insegna nella sinagoga, il luogo della preghiera. C’è stupore nell’ascoltare la sua sapienza…, ma si insinuano diffidenza e incredulità. Dopo i due magnifici esempi di fede del capitolo precedente, ora si evidenzia la possibilità di una risposta cieca alla manifestazione di Dio. I compaesani non nominano Gesù, ma si riferiscono a lui con un generico “costui”; dicono che è “il carpentiere”, mestiere ritenuto poco raccomandabile (i carpentieri erano considerati costruttori di idoli); lo chiamano “il figlio di Maria”: definizione disdicevole, anche offensiva, quella per “via materna”, nella cultura ebraica. “Si scandalizzavano di lui”: come sappiamo, lo scandalo è la pietra , l’ostacolo, in cui inciampa il piede. Il fatto che Dio si manifesti e operi sotto apparenze così comuni li rende increduli. Tuttavia, qualche fermento positivo sempre rimane, tanto che Gesù “impose le mani a pochi ammalati e li guarì”. – Da notare, nel v.3, la domanda retorica: “E le sue sorelle non stanno qui da noi?”; secondo alcuni esegeti, è un indizio che la madre e i fratelli – diversamente dalle sorelle – non abitano più a Nazaret, ma sono tra i discepoli al seguito di Gesù.
Signore, che cos’è un uomo
perché te ne curi?
Un figlio d’uomo
perché te ne dia pensiero?
Salmo 143
Davanti alle meraviglie che Gesù annuncia e opera si apre, inevitabile, lo “scandalo” della storia. E in questo sta lo scandalo: il mondo di Dio è considerato sempre in alto e lontano. Le religioni sono la grande impresa – “la torre di Babele” si potrebbe affermare – per la conquista di questo mondo divino. I “santi” sono necessariamente degli eroi, dei “super-men”. Gesù, in perfetta coerenza con il cuore pulsante della fede ebraica, è l’ultima parola di Dio, quella che in modo pieno proclama e attua il cammino opposto che la fede ebraico-cristiana rivela all’umanità: l’essere la fede l’accoglienza di questo Dio che scende nella storia umana, e vi scende fino alle esperienze “ultime”, del male e della morte, come abbiamo ampiamente visto e celebrato nei capitoli precedenti. E come Gesù mostrerà nella sua Pasqua di morte e di risurrezione.
Per questo la “patria” diventa il luogo del supremo conflitto. Là dove l’umile condizione umana del Figlio di Dio è più conosciuta. Là dove il controllo sulla sua condizione del tutto ordinaria, e magari particolarmente piccola, sembra del tutto ovvio. Notiamo bene che lo scandalo dunque non è provocato da quello che Gesù dice e fa, ma da quello che Gesù è! Siccome è un concittadino comune, non si può accettare quello che dice e fa, come fosse “da Dio”, o addirittura “di Dio”. Ma, torno a insistere, questa non è una “novità” espressa e affermata da Gesù stesso. Egli è in perfetta continuità con tutta la storia e con tutta la grande fede del suo popolo.
Lo scandalo, inteso in modo corretto dalla nostra tradizione di fede, è quindi sempre connesso alla “piccolezza”. E si compie su due versanti. O ci si scandalizza per il “farsi piccolo” di Dio. O “si scandalizzano i piccoli” dei quali Dio si è compiaciuto, e che ha scelto come luoghi privilegiati della sua presenza. E piccoli sono i piccoli, sono i poveri, sono i peccatori, gli stranieri. Perché piccoli, infine, sono i discepoli stessi.
E piccolo più di tutti è infine Gesù stesso! Il nostro brano enfatizza e glorifica questa piccolezza. Marco più di tutti ama sottolineare tutto ciò. I vers. 5-6 sono in questo senso degni di grande considerazione. L’incredulità dei suoi concittadini frena, pone ostacolo alla sua stessa potenza (ver. 5). E suscita in lui meraviglia (ver. 6)!
Ma tutto questo non accade per la prima volta. Gesù stesso ricorda – forse con un proverbio popolare? – che i profeti hanno sempre incontrato questo rifiuto.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.