14 Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. 15 Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità. 16 Evita le chiacchiere vuote e perverse, perché spingono sempre più all’empietà quelli che le fanno; 17 la parola di costoro infatti si propagherà come una cancrena. Fra questi vi sono Imeneo e Filèto, 18 i quali hanno deviato dalla verità, sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni. 19 Tuttavia le solide fondamenta gettate da Dio resistono e portano questo sigillo: Il Signore conosce quelli che sono suoi, e ancora: Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore. 20 In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli. 21 Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona.
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Dato il grande richiamo al cuore della nostra fede nel brano precedente (vers.8-13), e cioè alla Pasqua di Gesù come evento che raccoglie tutta la vita del credente, nella Parola che oggi riceviamo dalla bontà di Dio Paolo tratta con severa attenzione quella che si può definire la disciplina del parlare. E’ proprio la centralità dell’annuncio pasquale ad esigere tale disciplina.
Tale mi sembra il significato delle prime parole di oggi al ver.14:
la”memoria di queste cose” esige che “davanti a Dio si evitino le vane discussioni” che alla lettera sembrano essere “le logomachìe”, le battaglie verbali! Esse “non a giovano a nulla se non alla rovina (addirittura alla
“catastrofe”!) di chi le ascolta”. E qui appunto entra in gioco tutta la responsabilità del ministro della Parola, e di chi in ogni modo è annunciatore del Signore.
Tale annunciatore viene presentato al ver.15 come un onesto, umile e impegnato lavoratore: “sforzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore (!!) che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità”. Mi pare di trovare qui la figura di quel “servo fedele” tanto spesso presente nella memoria evangelica,
Tale disciplina esige di evitare “le chiacchiere vuote e perverse”: come al ver.14 erano “la rovina di chi le ascolta” ora dice che “spingono sempre più all’empietà quelli che le fanno”!! (Ver.16). Terribilmente efficace l’immagine, al ver.17, del loro propagarsi “come una cancrena”! E cita il caso di Imeneo e Filèto,e della loro dannosa tesi teologica circa la risurrezione come “già avvenuta” definitivamente con il Battesimo e quindi non più essenziale come guida e pienezza dell’esistenza cristiana. “E così sconvolgono la fede di alcuni” (ver.18). Occhio alle teologie!
Due citazioni, (numeri 16 e Isaia 26), sul vincolo di comunione tra il Signore e noi, e tra noi è il Signore, sono il sigillo delle fondamenta della nostra fede, fondamenta che Dio stesso ha gettate (ver.19).
I vers.20-21 paragonano tale pericolosa presenza di elementi negativi ad una casa dove inevitabilmente, accanto a vasi preziosi, ci sono vasi “per usi spregevoli”. Il ver.21 qualifica come “vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona” chi “si manterrà puro da queste cose”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Presentarsi a Dio”: la bella immagine del v.15 mi ricorda l’invito del salmo 100, “Presentatevi a lui con esultanza”. L’Apostolo ora dice di presentarsi come persona degna, come un lavoratore, un operatore, il cui impegno essenziale è quello di “dispensare rettamente la parola della verità”, la parola del Vangelo. La costruzione del Regno poggia sulle solide fondamenta che Dio stesso ha posto e porta un sigillo, una iscrizione lapidaria che dice: “Il Signore conosce i suoi…”, li protegge, li custodisce col suo amore.