21 Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». 22 Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». 23 E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24 Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». 25 Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. 26 Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». 27 Non capirono che egli parlava loro del Padre. 28 Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. 29 Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite».
30 A queste sue parole, molti credettero in lui.
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La forza e il fascino della Parola che oggi riceviamo dalla bontà di Dio, sta in questo evidenziare da una parte la radicale separazione tra il ”quaggiù” e il “lassù”, e dall’altra la persona di Gesù come di Colui che è l’unica suprema comunione tra le due realtà. In nessun’altro modo è possibile questa comunicazione-comunione. Solo la fede in Gesù consente di uscire dal peccato e dalla morte. Qui è chiaro che il “peccato” , prima di essere qualcosa che viene commesso, è la condizione invalicabile nella quale giace il “mondo”. In tal modo viene messo in evidenza che il “giudizio”, e quindi la condanna dell’uomo, non è tanto la conseguenza dei suoi peccati, ma è semplicemente e radicalmente il non uscire da una condizione umana che è intrinsecamente connessa con il male e la morte. Si tratta di “venire” a Gesù con la fede per uscire da questa condizione. Da qui la severità del ver.21.
Il pensiero che Gesù voglia “uccidersi”(ver.22) è drammaticamente e ironicamente orientato. Saranno loro ad ucciderlo, ma la sua morte sarà la sua glorificazione, come possiamo cogliere dal ver.28: “Quando avrete innalzato – sulla Croce! – il Figlio dell’uomo , allora conoscerete che Io sono”. Questo “Io sono” è la evocazione forte del nome divino rivelato a Mosè in Esodo 3,13-15. Gesù lo applica a se stesso! E questo non sarà “bestemmia” come diranno i suoi accusatori nelle vicende giudiziarie che lo porteranno alla croce, ma suprema affermazione della sua piena comunione con il Padre: “Allora conoscerete che Io sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato”(ver.28).
Ci troviamo sempre davanti al supremo interrogativo su Gesù: “Tu, chi sei?”(ver.25). Siamo infatti al cuore della fede cristiana. Gesù è la grande offerta divina all’umanità, per uscire dal male e dalla morte. Questo è il giudizio su chi rifiuta il dono di Dio: “morirete nel vostro peccato”. Ricordiamo sempre il Prologo: “Venne fra i suoi, e suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome”(Gv.1,11-12). E il suo “nome” è quello di “Figlio di Dio”. Credere in Gesù porta a ricevere in dono la sua Persona e la sua comunione con il Padre. Mi piace continuare a tenere accanto a noi in questo cap.8 la donna adultera e la sua vicenda.
Se ora riprendiamo ancora una volta l’ascolto di queste parole, ci sarà luminosamente presente proprio la figura del Padre, come principio e cuore della nostra fede.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.