6 Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani da ogni fratello che conduce una vita disordinata, non secondo l’insegnamento che vi è stato trasmesso da noi. 7 Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, 8 né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. 9 Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. 10 E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. 11 Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. 12 A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità. 13 Ma voi, fratelli, non stancatevi di fare il bene. 14 Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo in questa lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; 15 non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello.
16 Il Signore della pace vi dia la pace sempre e in ogni modo. Il Signore sia con tutti voi.
17 Il saluto è di mia mano, di Paolo. Questo è il segno autografo di ogni mia lettera; io scrivo così. 18 La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.
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“Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo”: è lui, la sua persona e la sua opera, il centro della nostra vita. Posta questa base, l’autore ci porta nella concretezza della nostra realtà di uomini, al lavoro, agli impegni, attraverso i quali si esplica la nostra persona, la nostra esistenza quotidiana. Per tanti proprio il lavoro è l’unica cosa che dà un senso alla vita. Per tanti altri, soprattutto giovani, è una sofferenza non averlo: viene meno l’autonomia economica, viene meno la dignità. L’Apostolo, invece, “ordina” ai cristiani di Tessalonica “di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità”, “in silenzio” (dice il testo latino), evitando di vivere alle spalle degli altri, ma evitando anche l’attivismo esagerato e confuso. – Sarebbe bello che il nostro clero prendesse sul serio questa pagina di Paolo e superasse quella che, in anni lontani, Nevio Ancarani chiamava “la mentalità del gratis”, il presunto diritto al mantenimento e al privilegio… – Due parole preziose nel saluto finale: la pace, augurata “in ogni (tempo) e in ogni modo”, e la grazia: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi”.