11 Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini. A Dio invece siamo ben noti; e spero di esserlo anche per le vostre coscienze. 12 Non ci raccomandiamo di nuovo a voi, ma vi diamo occasione di vantarvi a nostro riguardo, affinché possiate rispondere a coloro il cui vanto è esteriore, e non nel cuore. 13 Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo assennati, è per voi.
14 L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. 15 Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. 16 Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. 17 Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
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Paolo dice al ver.11 di ben conoscere il “timore del Signore”, che è la consapevolezza di vivere davanti a Lui, alla sua presenza. Non è “paura”, ma consapevolezza ed esperienza di una vita vissuta al cospetto di Dio!
Ed è con questa consapevolezza e responsabilità che egli esercita il suo ministero! E come egli è ben conosciuto da Dio, si augura di esserlo anche dai suoi fratelli! Egli ritiene (ver.12) di non dover più convincere i suoi fratelli, ma di essere se mai motivo di vanto per quello che da lui hanno appreso e ricevuto, ben diverso dal vanto puramente esteriore degli oppositori della sua predicazione.
Ai vers.14-17 Paolo offre una sintesi mirabile della sua predicazione.
Il cuore e la sorgente di tutto il suo insegnamento è la Pasqua di Gesù!
Sostenuto e illuminato dall’amore di Cristo (“L’amore di Cristo ci possiede” ver.14) egli ricorda la realtà essenziale del mistero di Gesù Cristo: “Noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti” (sono morti in Lui e con Lui!).
Egli “è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”: questa è la vita nuova che il Signore Gesù ci ha regalato!
Questo evento crea una situazione radicalmente diversa e nuova.
E noi “non guardiamo più nessuno alla maniera umana” (la “maniera umana” è, alla lettera il guardare “secondo la carne”). E anche se il Cristo l’abbiamo conosciuto “secondo la carne”, “ora non lo conosciamo più così” (ver.16).
E come Lui, “non guardiamo più nessuno alla maniera umana (secondo la carne)”. Tutto è fatto nuovo dalla morte e risurrezione del nostro Signore: noi stessi!
Perché “se uno è in Cristo, è una nuova creatura”! Che bello! Tutti nuovi! Infatti “le cose vecchie sonno passate; ecco, ne sono nate di nuove”.
Come è vecchio e superato l’antico regime della legge! Adesso tutto è rinnovato dall’evento della Pasqua del Signore!
Questo è il volto nuovo di tutta la realtà.
Così noi e ciascuno di noi. Così tutti e tutto. Così tutta la nostra vita!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Due “parole” mi sembrano al vertice di questo brano. La prima è un’affermazione che un tempo veniva spesso ripetuta, naturalmente nel latino della Vulgata: “Caritas Christi urget nos”, l’amore di Cristo urge in noi, ci spinge, ci possiede (così nell’attuale versione; “ci incalza”, traducono altri). E’ l’amore di Cristo per noi o nostro per lui? Entrambe le cose, dicono gli esperti del linguaggio biblico. Questa “spinta”, questo urgere, si produce per il semplice pensiero e per la consapevolezza che “uno è morto per tutti”, Egli è morto per tutti noi. In conseguenza, non viviamo più per noi stessi, ma per Lui e in Lui, partecipi della sua stessa vita. Ed ecco il secondo vertice: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura”; una nuova realtà è presente, scrive la TOB. Le cose vecchie sono passate: viviamo le nuove che sono iniziate e ci sono state donate.