23 Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi rimproveri non sono più venuto a Corinto. 24 Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi.
1 Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza. 2 Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato? 3 Ho scritto proprio queste cose per non dovere poi essere rattristato, alla mia venuta, da quelli che dovrebbero rendermi lieto; sono persuaso, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è quella di tutti voi. 4 Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, non perché vi rattristiate, ma perché conosciate l’amore che nutro particolarmente verso di voi.
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Le parole di Paolo ai Corinti prendono oggi una direzione per me imprevedibile! Egli infatti interpreta, e in certo senso giustifica quel cambiamento del suo programma di viaggio che ha provocato in loro una reazione severa, con l’appassionata spiegazione che ora ne dà!
Egli non ha voluto esporsi al pericolo di riportare i fratelli di Corinto alla tristezza (vers.23-24), né ritiene bene “fare da padrone sulla loro fede” (!), perché ritiene se stesso non il padrone della loro fede, ma il collaboratore della loro gioia!!
E la gioia diventa oggetto dominante della Parola che oggi il Signore ci regala! Gioia che egli non vuole né per i suoi fratelli di Corinto, né per sé!
Per questo riprende gli avvenimenti passati che lo hanno convinto di non ripassare subito da Corinto, per non provocare ancora la tristezza generata dal suo precedente incontro con loro.
Con molta delicatezza riprende la causa della tristezza di prima: “Se qualcuno mi ha rattristato…” e nota come la tristezza provocata in lui si sia estesa a tutti!
Ora l’incidente non viene direttamente ricordato, ma rimane la causa della tristezza che ha invaso sia lui sia la fraternità di Corinto.
E con una frase bellissima segnala al ver.2,2 l’inevitabile rischio di tornare a quella tristezza! Se infatti loro vi ritorneranno, anche lui ne sarà invaso, perché il legame che lo unisce a loro lo renderebbe partecipe di questo ritorno alla tristezza. Loro ritornerebbero nella tristezza riportandovi certamente anche lui!
Dunque, nella comunità cristiana c’è un’assoluta condivisione dei sentimenti: se uno è triste, tutti lo sono, se tutti sono tristi, nessuno ne è esente!
Il ver.3 sottolinea con grande forza tale comune partecipazione!
Anche noi oggi ringraziamo tutti il Signore per la splendida ispirazione che Egli ha donato a Paolo: quando ci si vuole veramente bene, la tristezza e la gioia sono assolutamente e felicemente dipendenti dalla gioia o dalla tristezza di tutti!
Paolo, al ver.4, ricorda come egli sia stato vinto dalla tristezza provocata da uno di loro e come la sua afflizione, la sua angoscia e le sue lacrime lo abbiano indotto a scrivere quello che ha rattristato tutti loro. Adesso, basta!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia”. Mi colpiscono queste parole di Paolo: l’apostolo (come il vescovo, come il parroco…) non è “padrone”, non è un capo che debba esercitare il potere o l’autorità nella comunità dei credenti, ma un collaboratore, uno che “lavora insieme” dice il verbo, colui che aiuta e favorisce. Non un comportamento che mortifichi, ma che produca gioia, e questa è uno dei frutti speciali dello Spirito. Sviluppare l’autonomia nella fede, cosa che i corinti hanno già conseguito; dice infatti Paolo: “Nella fede voi siete saldi”. La base di tutta la relazione tra apostolo e credenti sta nell’amore, “che nutro – dice Paolo – particolarmente verso di voi”.