1 Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. 2 So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. 3 E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – 4 fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. 5 Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. 6 Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me
2Corinzi 12,1-6

Le poche Parole di oggi sono per accennare ad esperienze straordinarie di immersione e di contatto con la realtà divina vissute da Paolo.
Non mi sembra sia necessario censurarsi a priori da tali eventualità. Può darsi che talvolta il Signore voglia farci percepire qualcosa della sua Persona e di un nostro incontro pieno, totalmente pacificato, come un anticipo di arrivo alla realtà del paradiso.
Paolo tuttavia è così attento a non enfatizzare tali situazioni, da parlare di se stesso come di “un uomo, in Cristo …”: un’altra persona rispetto a se stesso. Peraltro egli precisa una concreta circostanza di tempo – “quattordici anni fa” (ver.2) – che chiede di non pensare ad un sogno fuori dalla realtà.
Afferma anche di non sapere come questo sia avvenuto in lui: “con il corpo o fuori dal corpo non lo so, lo sa Dio”.
Definisce al ver.1 tale esperienza come “visioni e rivelazioni del Signore”.
E precisa: “fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare”. Si tratta dunque di una vicenda-esperienza che esige assoluta riservatezza!
Al ver.3 l’Apostolo afferma di potersi “vantare” di quest’uomo: “Di lui io mi vanterò!”.
Ed ecco, al ver.4, l’affermazione di contrasto: ”Di me stesso non mi vanterò, fuorchè delle mie debolezze”! (ver.5). Questa professione di umiltà è nello stesso tempo avvicinamento al mistero stesso del Signore Gesù! La divinità del Signore si è interamente consegnata alla realtà umana!
Per questo, Paolo dice: “Nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente di me” (ver.6).
Dunque, questa assoluta “auto-censura” da esperienze straordinarie è già testimonianza e annuncio del mistero e della persona del Signore!
Penso che questa Parola che oggi il Signore ci regala sia di estrema importanza e utilità di fronte a certi “miracolismi”, che se enfatizzati non sono annuncio del Cristo, ma, al contrario, pericolo di allontanare dalla sostanza della nostra fede in Colui che “da ricco che era si fece povero”!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.