8 Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo, 9 a causa del quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata! 10 Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. 11 Certa è questa parola:
Se moriamo con lui, vivremo anche con lui;
12 se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, anch’egli ci rinnegherà;
13 se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.
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Quello che nei versetti precedenti era memoria, e possiamo dire celebrazione, ora diventa pienezza di comunione!! Possiamo morire “con Lui”! Notate bene: non solo “come” Lui, ma “con” Lui, alla sua presenza, proprio insieme, noi e Lui! E’ talmente alta questa ipotesi di speranza, che in fondo tende a diventare importante e dominante anche rispetto alla sua positiva conseguenza:”vivremo con Lui”. Che poi, invece, è certamente importante, decisivo. Ma noi siamo come bambini, e quindi è soprattutto nel timore della prova, della passione, che abbiamo bisogno di non essere soli! Ma questo “morire con Lui” dipende da noi? Pare di sì. Nel senso che il dono è già fatto. Noi ora possiamo e dobbiamo rinnovare il nostro “sì” nuziale.
L’importante è che non ci lasciamo trascinare nella negazione:”se lo rinneghiamo…”. Per questo è molto importante la prima parte del ver.12:”se perseveriamo…”; non c’è quel “con lui” aggiunto dalla versione italiana. E forse questo è il passaggio più delicato del testo di oggi. Innanzi tutto ricordiamo che questo perseverare è la volontà e la capacità di “rimanere sotto”, di “sopportare”: è la grande bellezza di un’umiltà che si manifesta come la vera forza. E’ quella volontà-capacità di reggere la storia personale e comune nella quale stiamo che è la vera “regalità”: per questo dice che “regneremo con Lui”. Ma allora, perchè non dice che dobbiamo “sopportare con Lui”, ma solo che dobbiamo sopportare? Forse perchè questa è la prova suprema della nostra partecipazione alla sua Passione: la solitudine! Forse questo è il punto supremo della prova della vita cristiana. Forse su questo dobbiamo supremamente vigilare gli uni sugli altri: quando siamo chiamati a celebrare la solitudine di Gesù! E siccome appunto siamo come bambini, siamo bambini, la solitudine è la prova più delicata!
Infine, la scommessa suprema è quella del significato del ver.13. Io riesco a cogliere e ad accogliere questo versetto solo come la proclamazione della suprema misericordia di Dio, e non come il giudizio di condanna per la mia incredulità! Penso che il versetto si debba ricevere come la proclamazione della sua fede in ogni modo indistruttibile anche davanti alla mia incredulità. Penso al valore immenso della preghiera di quell’uomo:”Credo, aiutami nella mia incredulità”(Marco 9,24). Penso che la mia fede sia il grido che faccio salire dalla mia incredulità!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Che la Parola di Dio non sia incatenata è vero in grande e secondo l’assoluta libertà di Dio, e nello stesso tempo è vero nelle vite e nelle storie delle persone e delle chiese. Così in questi versetti esso è annuncio e ammonizione per Timoteo, in quanto ha la sua evidenza in Timoteo stesso, che Paolo sta invitando a percorrere la stessa sua strada, a fare proprio lo stesso Vangelo, e anche per mezzo di Timoteo, a cui Paolo ha appena ordinato di affidare il Vangelo a persone fidate in gradi di ammaestrare a loro volta anche altri.
Dal v.9 si può intendere che la Parola di Dio non è incatenata nonostante le catene di Paolo. Ma il v. 10 fa una integrazione importantissima: per la stessa libertà della Parola, le catene di Paolo generano. Infatti, mentre altre volte nella Scrittura la perseveranza, la sopportazione, è in relazione alla salvezza di chi la pratica, qui nel testo di oggi Paolo la pone in relazione alla salvezza non sua, ma degli eletti.
Rispetto all’ultimo versetto, Rom 3,3 è illuminante: “Che dunque, se alcuni non hanno creduto, la loro incredulità può forse annullare la fedeltà di Dio? Impossibile!” La fedeltà di Dio è più grande e più forte di ogni nostra forma di non fede, perchè è legata al suo stesso essere Padre.
Il testo di oggi induce a considerare una congiunzione stretta tra la resurrezione di Cristo e il Vangelo. Si potrebbe dire che il Vangelo è la resurrezione di Cristo che si fa presente nel nostro oggi e nella nostra storia. Impressiona che Paolo dica “Il mio Vangelo”: una piena assimilazione; il discepolo che segue le tracce e si conforma al suo Signore.