2,1 Tu dunque, figlio mio, attingi sempre forza nella grazia che è in Cristo Gesù 2 e le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.
3 Insieme con me prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù. 4 Nessuno però, quando presta servizio militare, s’intralcia nelle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che l’ha arruolato. 5 Anche nelle gare atletiche, non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole. 6 L’agricoltore poi che si affatica, dev’essere il primo a cogliere i frutti della terra. 7 Cerca di comprendere ciò che voglio dire; il Signore certamente ti darà intelligenza per ogni cosa.
Mi sembra che l’espressione resa in italiano al ver.1 con “attingi sempre forza nella grazia” dica la nostra accoglienza del dono di Dio, in certo senso la nostra “risposta”, in ogni modo la nostra parte in tale dono. L’accoglienza quindi non è passività, ma impegno e grande impegno, che nulla toglie alla gratuità del dono, ma afferma l’incontro positivo, sponsale, con tale dono. E la prima risposta al dono è quello di consegnarlo ad altri che, fidati, possano a loro volta rendere partecipi di esso altri ancora. E’ la meraviglia della trasmissione-comunicazione del Vangelo, è il suo incontro con le persone attraverso l’incontro delle persone tra loro. E’ l’evento della Visitazione. Non vedrei in questo, in modo esclusivo, il compito apostolico, ma forse, più semplicemente, il diffondersi della Parola e della vita cristiana attraverso la trama preziosa delle relazioni e degli incontri interpersonali.
Il cuore di questa ricezione del dono di Dio resta in ogni modo prima di tutto la celebrazione personale del mistero pasquale di Gesù. Questo diventa la nuova, straordinaria interpretazione della vicenda umana, sia personale, sia collettiva. Che cosa sta accadendo? Che cosa “mi” sta accadendo? La Pasqua del Signore! E quindi, che cosa devo fare? E con tre immagini – il soldato, l’atleta, il contadino – ci offre tre punti di attenzione in questa dinamica di accoglienza del dono e di crescita in esso.
Il soldato: per dire di un impegno radicale e totale, senza distrazioni, che tutto vive nel “filtro” della propria condizione e quindi del proprio dovere primario, senza distrazioni (ver.4).
L’atleta: per ricordare che ci sono “regole” nella gara e che esse sono l’ambito nel quale si compie la gara e si attua la vittoria. C’è una “tradizione” che dice i passaggi fondamentali della vita di fede (ver.5).
Il contadino: avendo lavorato, deve essere il primo a cogliere i frutti. Mi sembra che affermi la personale fedeltà a quello che si fa e si dice per gli altri, e che deve essere vero anzitutto per me! (ver.6).
Il ver.7 “relativizza” forse le cose appena affermate dicendo che poi c’è una necessaria comprensione personale, un’interpretazione originale del mistero cristiano in ogni persona; e va’ cercata!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Se Paolo dice a Timoteo “cerca di comprendere ciò che voglio dire” forse significa che le cose che sta dicendo non sono poi così semplici. Essere “buoni soldati di Cristo”, tutti testi a piacere a chi ci ha arruolato e a lottare secondo le regole, essere agricoltori che faticano e raccolgono per primi infatti non è affatto facile. Per questo mi sembra importante – anche se non per questo più leggero – il primo versetto: rafforzati, confortati, nella grazia di Cristo. Solo da lui e con la sua misericordia possiamo rimanere con gioia nella nostra Pasqua quotidiana.
“Trasmettile” del v. 2 è propriamente il verbo dal quale viene la parola “deposito” usata da Paolo in 1 Tm 6,20 e 2 Tm 1,12.14. Si capisce che Paolo ritiene che quanto ha insegnato a Timoteo non vada trattenuto ma trasmesso anche ad altri. Tale trasmissione è garantita da “molti testimoni” ed è destinata “a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri”. In tal modo Paolo, probabilmente isolato in prigione a Roma, prevede e prepara la diffusione del Vangelo pensando in grande e al futuro, immaginando cioè la necessaria corsa del Vangelo al di là della propria persona e dello stesso figlio Timoteo. Mi sembra molto bello e consolante che grazie alla premura e alla fedeltà di tanti che ci hanno preceduto, incominciando dagli apostoli e dai loro immediati collaboratori, il Vangelo abbia raggiunto anche noi e sia stato accolto, dal principio ai giorni nostri, non per uso personale o privato ma per la sua destinazione ad ogni creatura ed in ogni luogo, per la speranza di tutte le generazioni.