1 Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: 2 annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. 3 Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, 4 rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. 5 Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.
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Al centro dell’attenzione di Paolo sta l’assoluta opportunità-necessità dell’annuncio del Vangelo: “annuncia la Parola” dice al ver.2; “compi la tua opera di annunciatore del vangelo” dice al ver.5, e qualifica tale annuncio come il ministero qualificato e specifico di Timoteo.
Tale “annuncio della Parola” (ver.2) non ha tempi determinati, ma deve essere compiuto sempre, sia quando è dato in circostanze aperte e accoglienti, sia quando lo si deve dare in un “momento non opportuno”. Il motivo di ciò sta nel fatto che la Parola è capace e opportuna in qualsiasi situazione e vicenda e che dunque non c’è vicenda o situazione che non ne abbia bisogno per la salvezza!
I due termini “magnanimità e insegnamento” esprimono con efficacia l’intreccio tra misericordia e verità che caratterizza l’annuncio di Gesù! La Parola è sempre insieme compassione e conversione.
I vers.3-4 mettono in evidenza una distinzione assolutamente importante tra la Parola del Signore – il Vangelo – che qui viene qualificato come “sana dottrina”, e i “capricci” e le “favole”! Mi pare che la differenza assoluta stia nel fatto che il Vangelo è Parola che ci viene donata da Dio per la nostra conversione e la nostra salvezza, mentre capricci e favole sono le parole che noi stessi istintivamente vogliamo e cerchiamo, perché ci rappresentano e ci definiscono. La Parola di Dio è assolutamente “salvezza”, mentre le altre parole sono ribadimento e triste conferma di quello che siamo, e quindi non ci portano niente di veramente nuovo e sanante e liberante.
Paolo non nasconde che la verità luminosa e radicale della Parola porta all’ “annunciatore del Vangelo” le sofferenze che accompagnano chi adempie tale “ministero” (ver.5).
Mi sembra importante aggiungere qui una considerazione che è fortemente emersa nell’insegnamento di Papa Francesco in questi ultimi tempi, e cioè che, se da una parte ci sono ministri qualificati dell’annuncio evangelico, tutti però siamo e dobbiamo ritenerci chiamati ad essere annunciatori e testimoni del Vangelo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.