5 Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, 6 alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, 7 alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. 8 Se queste cose si trovano in abbondanza in voi, non vi lasceranno oziosi né senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo. 9 Chi invece non ha queste cose è cieco e miope, dimentico di essere stato purificato dai suoi antichi peccati. 10 Quindi, fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai. 11 Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo.
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C’è un’intenzione esplicita da parte di Pietro di sottolineare fortemente il legame tra ognuno di questi passaggi verso la piena conoscenza del Signore Gesù. Una conoscenza che sarà anche e soprattutto esperienza, vero itinerario esistenziale verso il pieno incontro e la piena comunione con il Signore Gesù. Questo vero “cammino” verso il Signore è introdotto da parole che vogliono fare appello alle risorse di ognuno:”…mettete ogni impegno..”. Viene convocata fortemente tutta l’attenzione e la tensione della persona. La versione latina interpreta il verbo reso in italiano con “aggiungere” come “servite”. Mi pare voglia dire che ogni passaggio in questa crescita verso Gesù contiene in sè la tensione verso il passaggio successivo:”…nella vostra fede servite la virtù, nella virtù la conoscenza, nella conoscenza la temperanza….”, come se ognuno di questi atteggiamenti generasse il successivo. Osservando con attenzione affettuosa questi “passaggi”, avverto il desiderio di cogliere in essi la bellezza di un cammino che dalla fede porta sino all’amore (“la carità” del ver.7). E soprattutto mi sembra che questi passaggi esprimano in modo sublime il cammino di ciascuno dietro a Gesù, seguendo Lui dunque, in questa strada verso la pienezza del dono di Sè, verso la sua Pasqua. Vale la pena che ciascuno di noi esamini con attenzione affettuosa questi “passaggi”, questi “passi dietro a Gesù”.
Se vale l’ipotesi, tutto allora nasce dal dono di Dio, il Battesimo, che è la nostra immersione nella Pasqua del Signore, Pasqua che diventa il termine della nostra vita, il suo compimento. Dalla Pasqua ricevuta in dono, alla Pasqua celebrata pienamente in ognuno di noi. Gesù, quindi, principio e fine della nostra vita nuova in Lui! E’ il nostro cammino dietro a Gesù nella sua – e nostra! – obbedienza al Padre sino alla morte e alla morte di Croce. E’ lo storicizzarsi, lo svolgersi in noi, dell’ultima Parola di Dio, che è Gesù e la sua Pasqua di morte e di gloria.
Senza questo, secondo il ver.9, saremmo ciechi, la nostra strada non avrebbe direzione nè scopo, nè senso. La cecità verrebbe sperimentata come quotidiana “miopìa”: se non si vedono le cose lontane, anche il nostro passo immediato resta senza direzione. E sarebbe “oblìo” del dono ricevuto, smarrimento dell’evento che ci ha liberato dagli “antichi peccati”, che ci costituiscono figli di Adamo, e non, come invece siamo diventati, figli di Dio.
Si tratta quindi di confermare e rafforzare quello che abbiamo ricevuto sin dal principio, dono che al ver.10 Pietro dice essere “la vostra vocazione (chiamata) e la vostra elezione”. E’ molto bella la prospettiva – e la promessa – di una vita, di una strada senza inciampi. Una strada che, come naturalmente, sbocca “nel regno eterno del Signore..”(ver.11). Qui Pietro riprende in forma passiva il verbo che ha guidato tutti i passaggi della vita di fede, e che noi intendevamo come “servire, aggiungere..”. Adesso, al termine del cammino, non saremo noi a dover aggiungere ancora qualcosa, ma ci “sarà aperto” – aggiunto, servito – l’ingresso nel regno..”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il bell’elenco dei primi versetti (virtù, conoscenza, pietà, pazienza…) si conclude con due parole che riassumono tutto il cammino dietro il Signore: “filadelfia” e “agape”, fraternità e amore! Viene in mente la forte espressione paolina: “la carità è il vincolo della perfezione…”. – Senza tutto questo, c’è il rischio di vivere “ciechi”, dimentichi di quello che è avvenuto e si va compiendo in noi, Dio e la sua opera impensabile per le nostre menti… – Nel versetto 11, il nostro ingresso nel regno di Dio è chiamato un “esodo”, e il risultato è che ora il Padre “ci governa”, ha cura di noi come solo Lui sa fare.
v. 5 “Per questo… mettete ogni impegno…” lega tutto quello che viene detto oggi alla partecipazione alla vita divina che ci è data come dono (vv. precedenti). E’ possibile costruire l’edificio spirituale sopra la santissima fede. “… per aggiungere”: significa “impiantare una cosa a proprie spese, con il proprio lavoro. Costruire tutte queste cose una sull’altra, fino ad arrivare alla carità, che è l’apice. Troviamo un parallelo in Efe 4:16 ss: “vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’ energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità.”,Ritroviamo la stessa parola al v. 11: è per il dono e l’opera di Dio che ci viene “ampiamente aperto l’ingesso” nel regno del Signore. Anche la potenza di fare e operare, di spendersi per Dio e per la fede e la carità, è dono di Dio e della sua “spesa” per noi nel Figlio. Forse il testo di oggi può essere accostato alla parabola dei talenti di Mt. P.es. il v. 9 “Chi invece non ha queste cose…” perchè come quel servo ha sepolto i talenti, non li ha trafficati. E “Se queste cose si trovano in abbondanza in voi…” (v.8): “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza”.,Ci viene detto che ci è stata data questa possibilità di fare cr4escere le cose che abbiamo ricevuto. Anche in Giac. il discorso sulla fede e le opere può essere simile. v. 9 “Cieco e miope”: perchè anche “”miope”? La miopia spirituale è grave, è guardare le cose in modo distorto, non si riesce a vedere lontano, non si ha la visione delle cose secondo Dio: è un vedere non solo in modo sbagliato, ma negativo. P.es. al cap. 3 diranno: “Ma insomma! Rimane sempre tutto uguale!” Questi dimenticano volontariamente e quindi vedono male, e vedono le cose loro e del mondo in modo empio, e non colgono il disegno di Dio che opera.,”… dimentico di essere stao purificato dai suoi antichi peccati” come quel servo a cui è stato condonato un gran debito, e che dopo, invece di pedonare il debito del suo conservo, lo tratta con violenza, “dimentico” della misericordia ricevuta.,La fede ha come suo fine l’amore. Fede “preziosa” è la chiave della conoscenza, leggevamo nei vv. iniziali. Oggi viene spiegata ancora la preziosità della fede con la successione di questi doni e virtù che sono elencati ai vv. 5-8. Il dono della fede è “prezioso” perchè è l’origine di tutto ciò.