1 Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; 2 infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. 3 E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. 4 Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. 5 Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. 6 Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. 7 Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, di notte si ubriacano. 8 Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza. 9 Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. 10 Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. 11 Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.
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Gesù lo aveva detto, e i vangeli (e altri scritti del NT) lo riportano: “Verrà all’improvviso, come il ladro viene di notte, nell’ora che non sappiamo”.
E proprio quando la gente penserà di avere ottenuto la sicurezza che bramava, “d’improvviso la rovina li colpirà” (v. 2).
Ma noi non siamo nelle tenebre; ma come “figli del giorno” siamo illuminati dalla parola di Gesù, e non abbiamo paura del ladro che viene quando meno ce lo aspettiamo, ma aspettiamo il dolce ladro, il nostro amato Gesù, notte e giorno, finché venga incontro a noi, a prenderci con sé.
Noi dunque non “dormiamo”, non giaciamo “come gli altri” “che non hanno speranza” (v. 4:13), che non attendono niente di nuovo, nessun incontro di amore e di pace, e si illudono magari nella soddisfazione di una “pace e sicurezza” già ottenuta, ma che si rivelerà insufficiente. Il rischio è quello di cedere alla notte e alle sue illusorie ebbrezze: “Quelli che si ubriacano, si ubriacano di notte” (v.7).
Questo “dormire” dei vv. 6-7 è verbo diverso dal “dormire” dei “dormienti” che ci hanno preceduto, dai “morti in Cristo” del cap. 4. Là, di quanti erano già passati all’altra vita, si diceva che sono “addormentati”, non morti, e qui – con un verbo diverso – si dice che gli altri, presunti vivi, che vivono in “pace e sicurezza”, rischiano di dormire un sonno diverso, più pericoloso di quella morte che la resurrezione di Gesù ha vinto.
L’esortazione a vigilare ed essere sobri, del v. 6, contiene una esigenza severa. Infatti si tratta di “armarsi”. Possiamo seguire quella esortazione rivestendoci di fede, speranza e carità, come di armi difensive, che possono proteggerci nella lotta e nelle prove e tribolazioni (1:6; 2:14). Queste “armi” ci potranno custodire nella pace vera, perché sono doni certi del Dio fedele, doni che Paolo testimonia essere già stati accolti e custoditi dai fratelli di Tessalonica: “teniamo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro” (1 Tess 1:3), e che pure noi riceviamo e custodiamo.
I vv. 9-10 sembrano suggerire la speranza di salvezza proprio per tutti, anche per “gli altri”, per quelli che, apparentemente o realmente incuranti, “giacciono nelle tenebre”: “Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. “Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo (vedi vv. 6-7), viviamo insieme con lui.” “Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri – forse anche agli “altri” del v. 6 ? – , come già fate.