Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine,si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente è restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.
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La preziosa Parola che oggi il Signore ci dona deve essere accolta con attenta delicatezza, perché i termini ” preoccupazione” e “preoccuparsi” vanno intesi bene e non si deve rischiare di pensare o a atteggiamenti di disimpegno, o a condizioni alternative di eroicità spirituali. Per esempio, in 1Co.12,25 il termine significa “l’aver cura gli uni degli altri” e in 2Co.12,28 dice la preoccupazione di Paolo per tutte le chiese.
La diversa condizione tra chi si sposa e chi non si sposa è che nella vita coniugale il rapporto stesso con il Signore passa attraverso la sollecitudine amorosa verso il coniuge, che del Signore è segno prezioso ed essenziale.
Il vergine è in relazione nuziale con il Signore senza mediazioni. E’ semplicemente tutto suo. Questo suggerisce una condizione di semplicità radicale e di totale affidamento al Signore che è Lui stesso la realtà nuziale di chi non è sposato.
Anche il termine “diviso” del ver.34 è espresso con la stessa parola che dice la preoccupazione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi sembrano belle, eloquenti per i nostri rapporti col Signore le espressioni qui usate da Paolo: “preoccuparsi delle cose del Signore”, di “come piacere al Signore”. Le sue cose, i suoi “interessi”, la sua persona ci stanno a cuore, ce ne occupiamo e ce ne preoccupiamo. – Così pure quanto si dice della donna che tende ad “essere santa nel corpo e nello spirito”: tutta la persona vuole piacere e appartenere a Lui. Mi pare utile infine quella precisazione finale: Queste cose le dico “non per gettarvi un laccio”(v.35): il laccio imprigiona, costringe; il termine greco indica anche la rete usata per imprigionare e bloccare le belve. Non è in armonia con il Vangelo la condizione di imbrigliati, di costretti. Si può servire il Signore di malavoglia o forzati in qualche modo?
Il mio precedente account è sospeso e inattivo; vi prego di usare eventualmente quello sopra evidenziato. Una considerazione a margine della meditazione di oggi: se si considerano le abitudini familiari della società greco-romana e la subalternità radicale che esse riservavano in linea di principio alle donne, si comprende meglio la regola suggerita da San Paolo – a tutela della loro dignità più che a limitazione di quella degli uomini, i quali del resto si sono presi sempre in questo campo delle libertà senza confronto e quasi senza regola. Anche in questa materia, la regola fondamentale è comunque quella dell’amore.