14 Perciò, miei cari, state lontani dall’idolatria. 15 Parlo come a persone intelligenti. Giudicate voi stessi quello che dico: 16 il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 17 Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane. 18 Guardate l’Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l’altare? 19 Che cosa dunque intendo dire? Che la carne sacrificata agli idoli vale qualcosa? O che un idolo vale qualcosa? 20 No, ma dico che quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; 21 non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni. 22 O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?
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Ringraziamo il Signore per la profonda, splendida immagine che oggi ci regala al ver.16: il calice e il pane spezzato come “comunione con il sangue e con il corpo di Cristo”. Teniamo cara questa espressione che riempie di significato quello che la terminologia consueta rischia di banalizzare con quel “fare la comunione” che sembra ridurre a qualcosa che “facciamo” noi. Qui invece splende tutta la bellezza del dono di Dio, dell’evento da Lui creato per donarci la comunione con il sacrificio d’amore di Gesù. E il ver.17 dilata e sviluppa l’immagine cogliendo nella comunione con il Signore la fonte e la custodia della comunione tra noi: noi, i molti, partecipando all’unico pane, siamo un solo corpo! Quella che per i padri ebrei è la comunione con l’altare sul quale si celebrano i sacrifici, diventa per noi la comunione con Gesù e con l’unico suo sacrificio d’amore di cui siamo resi partecipi.
Dato questo evento di piena comunione con Dio e tra noi, è necessario e doveroso da parte nostra tenerci lontani da ogni liturgia idolatrica. E non si può liquidare la cosa semplicemente affermando che “la carne sacrificata agli idoli” è niente perché gli idoli stessi sono niente. Dietro alla vanità degli idoli stanno i demoni! Cioè, una fonte “spirituale” e del tutto “negativa, cattiva” sta dietro la vanità dell’idolo, che in se non è niente e non vale niente, ma rappresenta una fonte negativa potente e contraria a Dio, che Paolo chiama “i demoni”. Se l’idolo è pura vanità, non lo è certamente il demone che ci sta dietro, che è potenza spirituale negativa, per il male, e in contrapposizione al mistero del Signore.
Qui mi sembra necessaria un’osservazione che eviti di nuovo di liquidare banalmente il problema affermando che, almeno nel pezzo di mondo in cui viviamo, non sembrano esserci positive religioni degli idoli. Al contrario, siamo circondati e immersi in enormi e potenti idolatrie del denaro, della bellezza, della potenza economica, del potere stesso ….che vengono puntualmente “celebrate”, giustificate, amate, esaltate, imposte…. E da queste liturgie idolatriche e demoniache penso che dobbiamo proprio guardarci. E questo, non giudicando chi le celebra, che spesso ne è la vittima, ma rifiutando la giustificazione e la glorificazione di ciò che non deve essere adorato, ma, piuttosto, respinto. In tal senso, è splendida l’ultima battuta del nostro testo, con il riferimento alla “gelosia del Signore”, che ci ricorda la nostra profonda e delicata comunione nuziale con Lui e tra di noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Anche in questi versetti Paolo ci sorprende: parla della eucarestia con termini ed espressioni di grande efficacia e bellezza. “Il calice della benedizione” (la terza coppa della cena pasquale ebraica, sulla quale il capofamiglia diceva la preghiera di benedizione, di ringraziamento, e sulla quale Gesù rese grazie) è “comunione con il sangue di Cristo” e “il pane che spezziamo” è comunione con il corpo di Cristo. Il termine “coinonìa” esprime tutta la forza e la realtà di questa comunione, comunicazione, unione, associazione, comunanza… tra noi e il Signore. Celebrare l’eucarestia è “partecipare alla mensa del Signore”(v.21), ci fa “partecipare” all’unico pane e diventare un unico corpo in Lui. Siamo tutti un solo corpo noi che mangiamo un unico pane spezzato (così la Didaché).