6 Certo, la pietà è un grande guadagno, congiunta però a moderazione! 7 Infatti non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via. 8 Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo. 9 Al contrario coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. 10 L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori.
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1) Con audacia linguistica Paolo riprende al v.6 quel termine “guadagno” (si potrebbe rendere nel linguaggio contemporaneo con “affare”) che al v.5 era presente in senso negativo. Dunque, la pietà può essere un guadagno! L’affermazione ci introduce nel grande tema della povertà, annunziato qui con il termine “moderazione”. La sua traduzione letterale sarebbe “autarchia” che però ha assunto in
italiano il significato poco simpatico di “non aver bisogno di nessuno”, poter fare a meno di tutti. Qui compare come condizione per quel “guadagno” intero positivamente.
2) I vv. 7-8 spiegano bene il senso di quella “moderazione”. Essa esprime l’umile contentezza di chi, consapevole che “non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via”, è contento di avere “di che mangiare e di che capirsi”. L’espressione “contentiamoci di questo” riprende la radice del termine “autarchia” usato prima e lo riempie del significato di una “povertà”. Vi consiglio di considerare un momento 2 Cor 9,8 quanto basta per vivere (essere contenti di questo minimo) e poter sovrabbondare in opere buone!
3) I vv. 9-10 annunciano severamente circa il pericoloso male di chi “vuole arricchire” e si espone a proprabile catastrofe. Qui Paolo arriva a dire che “l’attaccamento al denaro (nel testo originale è la parola fil-argia, amore dell’argento, usata solo qui nel Nuovo Testamento) è la radice di tutti i mali”. Teniamo conto che a questo rischio è esposto sia il ricco sia il povero.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni
Mi ha incuriosito il verbo “contentiamoci” del v.8 che viene usato in altri punti del vangelo. Ad esempio in Gv 14,8 “Mostraci il Padre e ci basta”. Indica quindi uno stato d’animo soddisfatto, appagato, sereno, contento, che non sempre è facile custodire in noi. Eppure oggi ci dice che le cose indispensabili sono solo il mangiare e il vestire il resto il resto in termini “mondani” e quotidiani, è in più e potenzialmente pericoloso per la nostra fede.
Ma non è facile accontentarsi! Filippo infatti dice a Gesù che gli “basta” vedere il Padre! Non è poco!! Penso che questo “bastare” possiamo coltivarlo forse per le cose di tutti i giorni (non portiamo nulla in questo mondo e niente portiamo via) ma per quanto riguarda il rapporto con il Signore (la pietà) non saremo paghi se non in cielo quando gusteremo la sua compagnia eterna.
E’ per questo che – come diceva ieri – abbiamo sempre la necessità vitale di ascoltare la sua voce, di “dirigerci” verso le sue “sane” parole, abbiamo la necessità che Lui ci dia il suo pane quotiano.
Capita anche a noi oggi, come a Paolo e a Timoteo ad Efeso, di incontrare maestri di dottrine apparentemente evangeliche che in effetti, alla prova dei fatti, risultano meschinamente e grossolanamente attaccati al denaro. Ma anche all’interno di ognuno di noi si possono riscontrare tendenze diverse e forse altalenanti, per esempio slanci gratuiti di carità e repentini e gretti ritorni ad un io solitario, egoista ed avido. Le ultime parole del passo odierno mi suonano come una domanda incalzante e provocante: perché farti del male?