1 In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: 2 «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. 3 Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». 4 Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». 5 Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». 6 Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. 7 Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. 8 Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. 9 Erano circa quattromila. E li congedò. 10 Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.
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In modo più accentuato rispetto al testo parallelo di Matteo 15,32-39, Marco sottolinea che questo “secondo” miracolo dei pani – non moltiplicazione dei pani, ma lo spezzare dei pani! – si svolge in una situazione molto diversa da quella che abbiamo ascoltato in Marco 6,32-44. Ora infatti ci si trova in una stringente situazione di mancanza di cibo e di impossibilità di procurarselo. Per questo, Gesù si mostra allarmato e afferma di non poter mandare via la gente senza dare loro il cibo, perchè altrimenti “verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano”(ver.3). Mentre il primo miracolo, sia in Matteo che in Marco, era stato voluto da Gesù come per dare un segno, adesso è necessario per soccorrere una situazione altamente disagiata. Se con il primo vedevamo un segno prezioso della Cena eucaristica, qui mi sembra dobbiamo cogliere il necessario legame tra Cena eucaristica e storia. Storia con tutte le sue povertà e le sue molte condizioni di fame. A me sembra che questo sia il motivo più forte che ha condotto Matteo e Marco a ricordare non un solo miracolo dei pani, ma appunto due: il primo come più spiccatamente “liturgico” e fondativo; il secondo per dire come la Cena eucaristica sia il principoio e la fonte della carità verso gli affamati. Come dicevo, affamati di tanti diversi volti della fame.
Alcuni passaggi del nostro testo sottolineano questa fame: “non avevano da mangiare”(ver.1)..”non hanno da mangiare”(ver.2)..”verranno meno lungo il cammino”(ver.3)..”come riuscire a sfamarli?”(ver.4). Anche il paesaggio è diverso: non più erba verde, ma terra (ver.6). Anche la “liturgia” è …meno liturgica: non ci sono più quei gruppi ordinati. Ma la sostanza dei due miracoli è la stessa! Questo a me piace molto perchè appunto connette fortemente l’Eucaristia e la carità! Mi è istintivo ricordare come nella Chiesa antica si celebrassero in stretta successione la Cena del Signore e un’Agape fraterna, come Paolo ci racconta in 1Corinti 11, con molte severe osservazioni.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lectio 2008
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/07/mc-81-10.html