13 Continuò dicendo loro: “Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole? 14 Il seminatore semina la parola. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l’ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro. 16 Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l’accolgono con gioia, 17 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono. 18 Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, 19 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto. 20 Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l’accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno”.
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Ho trovato molto bello e confortante il v.14 ‘il seminatore semina la parola’.
Da questa prima azione nelle diverse risposte del terreno gli ostacoli che vengono fuori sono : ‘satana’, ‘qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola’ , ‘le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie’ (in Lc ‘i piaceri della vita).
In mezzo a tutte queste prove il seme della parola viene portato via, soffoca , rimane senza frutto.
Personalmente mi sembra una descrizione molto precisa della lectio e del mio ‘terreno’ interiore.
Il v.20 mi � sembrato per� anche molto fiducioso.
L’ascolto ,l’accoglienza costante (‘non hanno radici, sono incostanti’ v.17) della Parola porta frutto.
Non ci resta altro da chiedere che la semina non finisca e il dono di una continua ‘bonifica’ del nostro ascolto.
Marco si caratterizza rispetto agli altri evangelisti perché vuole precisare che la parabola del seminatore è basilare per tutte le altre parabole. Questo dato è molto importante perché ci consente di vedere con chiarezza che la fonte della relazione che Dio realizza con l’umanità è la sua parola. Questo è il cuore della fede ebraico-cristiana. Il pressante invito all’ascolto l’abbiamo trovato già al ver. 3 e al ver. 9. Qui il tema non è solo intorno all’ascolto, ma, appunto a come si ascolta e quindi a come si entra nella conoscenza-rapporto con il Signore.
Al ver. 14, con molta forza dice: “Il seminatore semina la parola”. Notate come l’attenzione sia concentrata sul seme: è questo principalmente da definire. Ed è questo che adorna Dio con l’attributo splendido: il seminatore. E’ molto bella questa qualifica, e quello che dice la parabola ne è il coerente svolgimento, perché si ha proprio l’impressione che il seminatore voglia soprattutto e prima di tutto seminare: dappertutto! Vorrei insistere che anche in noi l’attenzione alla semina deve essere superiore all’attenzione, pur evidentemente importante, del frutto di questa semina. Questa è anche l’esperienza delle comunità ecclesiali e di ogni persona: l’essere la sovrabbondanza del dono di Dio assolutamente superiore ad ogni nostra possibile accoglienza e risposta.
I terreni sterili della narrazione della parabola diventano persone nella sua spiegazione. “Persone seminate”, persone come campi in cui si semina. A questo punto il “terreno” non è più quello esteriore, ma è la vicenda interiore ed esterna in cui la vicenda della Parola si compie.
Già: la vicenda della Parola. Perché la Parola non è solo e tanto quella Scritta. Di questa il card. Martini diceva che la Scrittura è la memoria registrata della Parola. Ma la Parola è pienamente se stessa quando diventa “avvenimento” nella persona o nelle persone. Per noi il Signore Gesù è certamente il seminatore, ma è anche la Parola che si fa piccola per essere seminata, che non teme di essere seminata anche in terreni difficili o ostili; che sembra nell’andamento stesso della parabola essere del tutto pronta anche al rifiuto.
I diversi ascoltatori sono forse persone diverse. Ma certamente sono anche ciascuno di noi, che ben conosciamo tutti gli ostacoli che in noi si oppongono all’accoglienza della Parola, e che conosciamo con stupore che cosa voglia dire la fecondità di una Parola accolta.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sembra che secondo Mc l’importante sia la domanda: “dove sei tu?”, più che “tu come sei?”. Infatti in quattro parti della spiegazione della parabola del seminatore, Gesù dice: “questi sono quelli che sono presso…” “Dove sei?” è stata anche la prima domanda di Dio, alla ricerca di Adamo.
Fino ad ora nel vangelo abbiamo visto quello che la parabola racconta: Gesù semina la parola, e ci sono i farisei e gli scribi che lo contestano, e non sono gli unici a trovare ostacolo nell’ascoltarlo.
E abbiamo anche visto che Gesù “passando” chiama gli uomini a lasciare il loro posto in cui si trovano, per essere portati da Lui in un altro luogo, nel “terreno buono”. P.es. Matteo è chiamato via dal suo banco delle imposte, e si muove verso la terra buona, dietro a Gesù.
La parola che Dio dona è potente; ma è anche debole. Bisogna “custodirla”. Il desiderio di “altre cose” (v.19), che non sono solo le cose “cattive”, ma “altre”, distolgono dalla parola, ed essa non fruttifica.
Di satana si dice che viene e “porta via” la parola seminata. Come il Signore Gesù è venuto come Agnello di Dio a “portare via” il peccato (Gv 1:29) che è il pungiglione e la forza della morte (1 cor 15:56), così satana, il nemico dell’uomo, porta via la parola di Dio seminata, che è la forza e la causa della vita per l’uomo. Il terreno buono sono coloro che ascoltano e “accolgono” la parola di vita che Dio dà all’uomo. Al contrario, Es 23:1 chiede di “non accogliere una parola vana”.
“ Il seminatore semina la parola.” Gesù è il seminatore. Ma Gesù è anche il seme seminato. La parola incarnata nella storia. Nelle pieghe più buie e più negative, nell’incostanza e nella fragilità, nel mutevole corso del tempo, nell’apertura al dono di Dio. I terreni siamo noi. Ognuno può essere tutti i terreni, nelle varie fasi della sua vita, nell’alternarsi dei giorni. Addirittura mi pare di vedere quasi una progressione, un cammino, da una totale chiusura, la strada, fino all’accoglienza e al portare frutto abbondante. Il cammino della parola dentro di noi. Anche il terreno non è solo nostro. Anche il terreno e le sue diverse risposte è opera dell’incontro tra la nostra vita e la parola. Dopo l’incarnazione, siamo per sempre uniti, noi e la parola. E la parola, proprio per la sua fragilità che la porta a mescolarsi con noi, per il suo morire dentro di noi, porterà frutto abbondante. “ In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.” (Gv 12,24)
Leggo un’osservazione che mi piace comunicare. Nella parabola dei vv. 4-8 si riflette più direttamente la parola di Gesù: è l’annuncio del regno di Dio, è l’insegnamento sulla azione del Padre e sui suoi frutti straordinari. Nella spiegazione che leggiamo oggi, si riflette maggiormente la preoccupazione della comunità cristiana: l’accento è messo sugli atteggiamenti delle persone, sugli ostacoli che i credenti si trovano ad affrontare ricevendo il seme della parola. Colpisce l’affermazione iniziale: “Il seminatore semina la parola”: è l’unica volta, nei vangeli, che si trova un’espressione simile sulla bocca di Gesù. Il frutto ha una crescita progressiva: “trenta…, sessanta…, cento”. Chi accoglie la parola, non mortifica la sua vita, ma la realizza in pienezza.
Mi unisco agli altri commenti. Anche a me ha colpito come questa Parola seminata sia il centro di tutte le dinamiche della nostra vita. L’azione di Satana è “portar via la parola”. Le tribolazioni e le persecuzioni avvengono per la Parola. Le preoccupazioni del mondo, le bramosie… soffocano la Parola.
E’ lei… in noi che viene colpita. Mi sembra una prospettiva tutta nuova con cui guardare a noi e alla nostra vita di peccatori.
Allora dobbiamo davvero fare ogni sforzo per accoglierla, custodirla, farla crescere, farla maturare, a costo anche di dolorose rinunce e potature! L’ultimo versetto è di una semplicità disarmante! “20 Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l’accolgono e portano frutto”.