10 Quando poi fu solo, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: 11 “A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, 12 perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato”.
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Nelle parole che oggi riceviamo dalla bontà del nostro Signore si coglie una forte intenzione di porre in tensione due situazioni, come del resto abbiamo già intravisto precedentemente, e cioè le folle e la presenza di Gesù tra loro; e la cerchia ristretta e raccolta dei discepoli, un’immagine di chiesa, di cui qui al ver.10 si parla come dei “suoi insieme ai Dodici”. La tensione è confermata dal contrasto, nel ver.11, tra “A voi..” e “quelli di fuori”. Ecco dunque il senso dell’esordio del nostro brano:”Quando fu solo..” che altre volte viene reso con “in disparte”.
I suoi lo interrogano globalmente sul motivo, il significato e la sostanza delle parabole. Nella sua risposta Gesù dice che “a quelli di fuori tutto viene esposto in parabole”, ma il testo alla lettera dice addirittura che per loro “in parabole avvengono tutte le cose”, estendendo quindi il significato delle parabole a tutta l’esperienza umana! Le parabole dunque sono il segno di una vita che è come tutta una parabola. In questo orizzonte la parabola non è una via di semplificazione, ma al contrario è l’annuncio che tutto è coinvolto in quello che Gesù chiama qui “il mistero del regno di Dio”: per “quelli di fuori” tutto resta “parabola”, mentre “a voi è dato il mistero del regno di Dio”, è cioè rivelato quello che le parabole contengono, quello che è nascosto-rivelato nella grande parabola della realtà.
Perchè tutto questo? Non penso che il ver.12 voglia dirci di un dono dal quale “quelli di fuori” vengono esclusi. Ma voglia dirci che per tutti, dentro e fuori, la rivelazione del mistero del regno di Dio, è assolutamente solo dono. Non è che i discepoli “vedano..intendano..si convertano e venga loro perdonato”!! Anzi!: essi sono la testimonianza clamorosa che il mistero lo si può solo ricevere in dono! Nessuno più di loro sperimenta e sa che la fede è solo dono di Dio. La rivelazione del mistero, dunque, ben altrimenti che un privilegio esclusivo ed escludente, è grido di testimonianza per annunciare tale dono e l’invito divino ad entrarvi.
Aggiungo un pensiero solo mio, e forse inutile. Penso che di per sè “quelli di fuori” vivano nella parabola non spiegata-rivelata, in certo senso “tranquillamente”(che non vuol dire non sentire il misterioso turbamento di un’ipotesi “oltre” quello che si vive). E sono proprio i discepoli a cogliere in modo più forte e in certo senso drammatico il salto e la tensione tra il dentro e il fuori, tra una parabola che resta enigma e la parabola illuminata da Dio stesso! Solo i discepoli percepiscono in modo pieno che cosa vuol dire “essere fuori”, perchè solo loro sanno con più lucidità quale sia il contrasto tra la loro condizione “di fuori” e il dono di Dio che li porta “dentro” al mistero del regno. Guai dunque se della loro condizione essi fanno un merito o un privilegio dovuto o un motivo di superiorità!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Segnalo questa diversa traduzione del v. 12: “…perché per quanto vedano non percepiscano, e per quanto ascoltino non capiscano, sempre che non si convertano e vengano perdonati”. La conversione apre a tutti la comprensione del “mistero del regno”, la novità del regno di Dio. Il mistero del regno, che a noi “è dato”, è che che Dio ama tutti, al di là dei confini di popolo, di razza, di religione…, e di tutti si occupa ed ha cura.
Essere “dentro” al gruppo dei discepoli che ricevono la rivelazione piena, “il mistero del regno di Dio”, che è il contatto con Gesù, la parola spiegata e vivente, è un dono. Un dono che non è mai un possesso definitivo. E verso “quelli di fuori” un’apertura, una comprensione, una condivisione di attesa, una responsabilità…