Le letture di domenica prossima 27 Maggio 2012,
Pentecoste, sono:
At 2,1-11 Sal 103 Gal 5,16-25 Gv 20,19-23
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NOTA: Questo è l’ultimo foglietto prima della pausa estiva. Ci ritroveremo, se Dio vorrà, dopo le vacanze. A tutti buona festa di Pentecoste e buona estate.

Giovanni 20,19-23

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

1) La sera di quel giorno, il primo della settimana: è la sera del giorno della risurrezione.

2) M entre erano chiuse le porte … per timore dei Giudei: nella narrazione di Gv, quel giorno sono successi eventi straordinari: Maria di Magdala scopre la tomba vuota, Pietro e il discepolo amato hanno constatato che era proprio vero, Gesù poi è apparso a Maria, che ha riferito il fatto ai discepoli. Nonostante tutto questo, i discepoli stanno a porte chiuse e il sentimento dominante è la paura: Gesù non c’è più, i Giudei potrebbero fare loro del male. È una condizione non rara del cuore dell’uomo: non appena qualche contrarietà o minaccia si affaccia nella vita, il cuore si stringe e ogni rapporto con gli altri diventa difficile.

3) Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro «Pace a voi!»: il verbo stette indica che Gesù stette in piedi, è la posizione del risorto, che non giace più nella morte. Le prime parole che dice non sono solo un saluto, ma il dono della pace, la pace che libera i discepoli dalla situazione di angoscia in cui si trovavano.

4) Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco: nel parallelo di Lc, Gesù mostra le ferite per far capire ai discepoli spaventati che non è un fantasma. Qui semplicemente Gesù mostra il fianco e la ferita, da cui nella passione secondo Gv, uscirono sangue ed acqua: dalla morte di Gesù è scaturita la grazia per i discepoli e per tutti gli uomini.

5) E i discepoli gioirono al vedere il Signore: i discepoli riconoscono subito il Signore e iniziano a sperimentare la gioia promessa da Gesù: ora siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia (Gv 16,22)

6) Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi: la missione dei discepoli deriva dalla missione che il Padre ha affidato a Gesù. Come il Padre è sempre stato presente a Gesù, il Risorto si accompagnerà ai suoi discepoli in ogni luogo della loro missione.

7) Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo: il gesto di Gesù richiama quello della creazione: il Signore Dio … soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (Gen 2,7). È una creazione nuova quella che Gesù opera, egli comunica ai suoi discepoli il suo spirito, il suo modo di pensare, di parlare, di amare.

8) A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati: è l’invio dei discepoli ad annunciare il vangelo con il potere di rimettere i peccati. La traduzione italiana usa lo stesso verbo (perdonare, non perdonare) per verbi diversi (rimettere, trattenere). Anche i tempi dei verbi sono diversi nel testo: nella prima parte della frase i peccati sono stati rimessi, il verbo è al passato, il perdono è già dato, mentre nella seconda parte i peccati sono trattenuti. Predicare il Vangelo significa annunciare la remissione dei peccati, ma l’annuncio del Vangelo provoca un giudizio, c’è chi non lo accoglie e inevitabilmente i suoi peccati rimangono non rimessi.

Atti 2,1-11

1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

5Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. 6A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? 8E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? 9Siamo Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, 11Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

1) Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste: il verbo “compiersi” segna qui non solo il finire del giorno della festa ebraica di Pentecoste, ma soprattutto, come avviene in altri luoghi lucani della Scrittura, indica il compiersi di un evento di somma importanza nella storia della salvezza. Ad esempio, a proposito della nascita di Gesù, il Vangelo di Luca afferma che: si compirono per lei [Maria] i giorni del parto (Lc 2,6); oppure quando Gesù intraprende il viaggio decisivo verso Gerusalemme il Vangelo dice: mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme (Lc. 9,51). Qui gli Atti vogliono indicare che, in virtù dell’energia della Pasqua di Gesù, viene adempiuta la promessa fatta dal Signore al momento della sua ascensione al cielo: Ecco io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso(Lc.24,48). Con il dono dello Spirito, che rende l’uomo partecipe della natura divina (2 Pt1,4), si compie l’economia salvifica di cui tutta la Scrittura ci parla.

2) Vento che si abbatte impetuoso: il vento manifesta la discesa dello Spirito sui discepoli radunati insieme (At 1,12-14). C’è infatti nella lingua greca somiglianza fra la parola spirito e quella che designa il vento. Come lo spirito di Dio aleggiava sulle acque per compiere la prima creazione (Gen 1,1), così ora il vento dello Spirito dà vita ad una nuova creazione ed ultima creazione in Gesù risorto: gli rispose Gesù: se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio (Gv 3,3).

3) Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano: il vento impetuoso ed il fuoco richiamano le teofanie dell’Antico Testamento: un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui (Dn 7,10); vedi anche Es 3,2; Dt 4,11-12.33-36; Is 66,15. La meraviglia di questo evento consiste innanzitutto nel fatto che i discepoli sono resi partecipi i del fuoco della Santità divina, che dopo il peccato sanciva invece la separazione fra Dio e l’umanità (Gen 3,24). Inoltre questo evento mirabile della condiscendenza di Dio per gli uomini non annulla la varietà in una sorta di unico crogiolo divino, ma viceversa è il fuoco divino che si divide e spezzandosi crea una unità che non è uniformità, all’opposto di quanto opera la logica mondana (1Cor 12,4-11).

4) E cominciarono a parlare in altre lingue nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi: la capacità di dire il vangelo secondo una infinita diversità di modi e linguaggi in grado di parlare a tutti gli uomini ed a tutti i popoli nella diversità dei tempi e delle situazioni della storia è il grande dono dello Spirito ai discepoli del Signore. È questo anche il grande compito della Chiesa, di cui gli Atti degli apostoli ci raccontano nei capitoli successivi. È per iniziativa dello Spirito infatti che gli annunziatori del vangelo partendo da Gerusalemme si rivolgono a tutte le genti: mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando lo Spirito santo disse: Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati (At 13,2).

5) Come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?: gli apostoli parlano il linguaggio dello Spirito, che è intelligibile a tutti i popoli, di cui i giudei presenti a Gerusalemme, provenienti da tutti i paesi del mondo, sono come i rappresentanti. In questo modo viene ristabilita dallo Spirito Santo, mediante l’annunzio evangelico, l’unità di tutti i popoli spezzata dal peccato, come il racconto della torre di Babele esprime (Gen 11). È questo il dato importante che gli Atti vogliono sottolineare. Il parlare le lingue degli annunciatori del vangelo sembra in parte differire dal “parlare in lingue”, descritto nelle lettere paoline (1Cor 14), fenomeno estatico, incomprensibile, se manca chi lo traduce. Qui all’opposto non servono traduttori perché l’annunzio degli apostoli si adatta alle orecchie di ogni popolo, è intelligibile a tutti, tranne che per coloro che lo scambiano per una forma di pazzia (At 2,13).

Galati 5,16-25

16Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. 17La carne infatti ha d sideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. 19Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, 20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, 21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. 22Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; 23contro queste cose non c’è Legge.

24Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

1) Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne (lett.: camminate nello Spirito e non compirete affatto i desideri della carne): camminare nello Spirito è dunque camminare nella carità. I figli di Dio si lasciano illuminare, non opponendo resistenza all’opera salvifica di Dio. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore (Ef 5,1ss). L’ostacolo è il desiderio della carne, come anche Gesù afferma: lo spirito è pronto, ma la carne è debole (Mt 26,41).

2) Se vi lasciate guidare dallo Spirito non siete più sotto la legge: la Legge, cioè i Dieci Comandamenti consegnati da Dio a Mosè, è stata come un pedagogo che ha condotto a Cristo, ma appena è giunta la fede, non si è più sotto il pedagogo: la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte; infatti, ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato (Rom 8,2ss).

3) le opere della carne… chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito è invece amore gioia, pace…: alle opere della carne sono contrapposti i frutti dello Spirito, per indicare che si tratta di virtù che vengono non dallo sforzo della volontà umana, ma dalla grazia di Dio: non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,26).

4) Quelli che sono di Gesù Cristo hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri: la croce di Cristo è un mistero che si compie anche nella carne degli uomini, purificandola dai peccati: voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia (Rom 8,9ss).

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Pentecoste è l’ultimo evento di quell’incontro supremo tra Dio e l’umanità che ha avuto nell’annuncio di Nazaret il suo volto nuziale, e che ora si compie con il dono dello Spirito da parte di Dio. L’umanizzazione di Dio come principio e fonte della divinizzazione dell’umanità scioglie la “religione”, e qualifica la fede cristiana come relazione, come comunione d’amore. Tutte le religioni sono dedicate a questo incontro, che in esse si realizza come capacità dell’uomo di conoscere e di raggiungere Dio. La profezia ebraica nel suo compimento in Gesù di Nazaret, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo proclama invece la volontà di Dio di scendere e di raggiungere l’uomo. La tradizione cristiana ha sempre colto il profondo legame tra il miracolo di Pentecoste e il dono della Legge al Sinai. Dono della Legge, narrato in Esodo 19,16-25, che profetizza e prepara il dono dello Spirito. Adempimento delle profezie che indicavano i tempi messianici come quelli in cui Dio avrebbe scritto la legge nel cuore dell’uomo e avrebbe donato all’uomo un cuore nuovo. Gli avrebbe donato il suo cuore: il suo Spirito. Ora, la pienezza del dono di Dio dilata l’elezione divina a dimensioni universali. La legge custodita dal Popolo della Prima Alleanza fluisce ora nel fuoco dello Spirito, e nelle lingue di fuoco che annunciano il dono del Vangelo di Gesù ad ogni popolo e ad ogni lingua.

E Dio non solo parla all’uomo ma nell’uomo parla e agisce. “Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge” scrive Paolo ai fratelli Galati. La comunione con Dio non è frutto di conquista, ma accoglienza del dono. L’accoglienza che Dio riceve nella fanciulla di Nazareth oggi diventa presenza di Dio nel cuore dell’intera umanità. Tale è la missione e il compito dei discepoli di Gesù. Dio crocifisso in Gesù è il principio della nuova umanità, e la pace è la sua sostanza: pace tra Dio e l’uomo e pace tra gli uomini. Pace che non è più l’amaro frutto di vittorie ottenute con il potere della morte, ma frutto prezioso del dono della vita. Per questo, l’affermazione di Gesù: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” deve finalmente essere interpretata più pienamente, e il potere apostolico non può più essere inteso come un potere tribunalizio di assoluzione o di condanna. Quel “come” deve riferirsi alle piaghe della Croce e alla Pace. Come Gesù è stato mandato dal Padre come vittima d’amore, così viene mandata e si manifesta la potenza dell’annuncio evangelico. Per questo, l’avvertimento circa quelli che saranno o non saranno perdonati non è un timbro divino su tutto quello che si combina qui. È piuttosto la misura dell’enorme responsabilità della Chiesa nei confronti del mondo e di ogni esistenza umana. Non è questione di un giudizio che è strettamente riservato a Dio, ma è impresa d’amore che conosce nella Croce del Signore l’unica vera potenza capace di vincere il male e la morte. Inizia il tempo in cui si vive donandosi la vita.