Caro confratello, ti stupirai di questo “titolo”. Ma è meglio dire “ex-confratello”, perché non sono più prete. O meglio, non faccio più il prete. Da molti anni. Sono fuggito lontano e per caso ho trovato la tua rubrica. Capisco che scandalizzerò qualcuno, e forse anche te. Fatto sta che per due parole che hai scritto ad uno che sta male mi sono deciso a scriverti anch’io. Ho smesso di fare il prete perché sono un peccatore. O meglio, perché lo ero e non ho sopportato di essere prete e anche peccatore. O meglio, prete ma peccatore. In questi ormai vent’anni di “non più prete” ho vissuto da prete. Ho trovato un lavoro da operaio e quindi sono vissuto come prete-operaio. La mia storia, qui dove abito, la conosce solo un vecchio prete dal quale mi confesso. Sempre di più mi trovo davanti ad una domanda: ho sbagliato a lasciare il ministero non sopportando di essere un peccatore? Mi fa piacere se una tua eventuale risposta anche la pubblichi: penso che ci siano altri nella mia situazione e nei miei pensieri.

Obbedisco alla tua richiesta e “ti pubblico”, anche se queste poche righe sono soprattutto un mio invito a che ci possiamo vedere. Vengo io anche se abiti lontano. Certo che hai fatto male! Ma soprattutto sono spaventato per chi ti ha lasciato fare! Forse che non siamo tutti peccatori? E come non vedere che l’umiliazione del peccato può essere una grande fonte di quella misericordia che da noi preti tutti dovrebbero trovare? Mi commuove e mi dà molta speranza la tua fedeltà cristiana! Non è forse importante che noi preti siamo prima di tutto dei buoni cristiani? Non posso non dirti che le tue parole le sento molto importanti anche per me. È stata inevitabile una domanda che dalla testa mi è entrata nel cuore: E io, che sono un prete abbastanza “normale”, sono consapevole dell’enorme mio bisogno della misericordia divina? Sai qual è la grande bellezza della mia situazione? Vivo con alcuni fratelli della comunità di cui faccio parte e viviamo con persone che la vita ha messo in difficoltà. Pranziamo e ceniamo insieme: una tavolata di poveretti! Io qui sono il nonno e tutti mi vogliono bene: per questo, pur essendo vecchio, con loro mi sento come un bambino in braccio a sua madre. Noi fratelli abbiamo un impegno di preghiera quotidiana piuttosto forte, che d’altra parte è quello che ci sostiene. Queste presenze in casa sono per la preghiera un grande aiuto. Penso che anche tu ti troveresti bene! Va’ a finire che i due termini – i poveri e i fratelli – ne incrociano un terzo – i peccatori – e lo consolano perché i primi due ci convincono che Dio veramente ama i peccatori. Dunque ama anche “noi”, peccatori. Buona Domenica e arrivederci presto. E buona domenica ai cari lettori del Carlino.

Giovanni della Dozza.

Nota: Articolo pubblicato su “Il resto del Carlino – Bologna” di domenica 21 Maggio 2017 nella rubrica “Cose di Questo mondo”.