34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 36 Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. 37 Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. 40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
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I vers.34-35 possono essere occasione preziosa per riprendere lo stesso tema in Gv.4. Lo dico perché questo ci può aiutare a cogliere con crescente semplicità e chiarezza come il Vangelo secondo Giovanni voglia mostrarci come in ogni circostanza in ogni modo quello che “avviene”, quello che “si celebra” è sempre la Pasqua di Gesù. E’ sempre l’evento salvifico del Signore Gesù che con il suo sacrificio d’amore è venuto a cercare, a trovare e a unire a Sé la creatura amata e perduta, e a stabilire la comunione d’amore tra Dio e l’umanità. In Gv.4,7-15 il tema è quello dell’acqua come qui è quello del pane. E qui come là il tema fondamentale è, come dicevamo, quello della salvezza, della vita nuova e dell’amore di Dio. Chi beve l’acqua di Gv.4,13-14 non avrà più sete e diventerà fonte zampillante di acqua viva; al ver.35 del nostro brano Gesù dice: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.
Tutto questo, però, è dono di Dio. Senza tale dono si può anche “vedere” qualcosa, come senz’altro qualcosa hanno veduto i cinquemila nutriti dai cinque pani, “eppure, dice Gesù , non credete”(ver.36). Dove il “credere” è appunto il vero “vedere”, e cioè la fede. Al ver.37, ecco un’altra parola per dire la fede: “Verrà a me”. Ma questo può avvenire solo per “tutto ciò che il Padre mi dà”! La fede è allora questo poter venire a Gesù perché il Padre ci dà a lui! Non perché noi possiamo andarci con le nostre forze, con i nostri meriti o con il nostro intelletto. Tutto è puro dono!
E ancora dice Gesù: “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”. E non ci caccerà fuori per quello che dice ai vers.38-39: l’essere Gesù disceso dal cielo per fare la volontà del Padre che è questa: “…Io non perda nulla di quanto Egli, il Padre, mi ha dato, ma che io lo risusciti nell’ultimo giorno!”. Infatti, che cosa è “credere”? E’, dice Gesù, “che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. La “vita eterna” infatti, non è solo e tanto la vita che incomincia dopo la morte, ma è, già fin d’ora, la nostra vita in Dio, la vita di Dio in noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ecco una di quelle frasi di Gesù che sono piene di bellezza e di autorivelazione: “Io sono il pane della vita”. Lo è perché è Dio (“Io sono”) e si fa pane che nutre anche in noi una vita di qualità divina. In questo Dio non c’è possibilità di condanna, come abbiamo visto già affermato precedentemente: “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”; “io non perdo nulla di quanto egli (il Padre) mi ha dato”. Poiché questa è la volontà del Padre. Tale volontà è una sola: così si afferma. Non quindi quelle tante “croci” o altro che noi facilmente attribuiamo alla volontà di Dio. La unica volontà del Padre è la nostra “vita eterna” e la nostra risurrezione.
Vedere non significa credere. Credere significa aderire a Cristo. Adesione pura, nella quale scompare ogni merito: non sono io che aderisco, ma è il Padre che mi fa aderire a Lui e Lui mi accoglie per non perdermi. La Sua accoglienza ha origine dal Padre. Nel cerchio d’amore tra Padre e Figlio si può vedere il Figlio e si può credere. La vista della fede si esercita in questa situazione verso il Figlio. Chiunque può essere destinatario di questo dono d’amore del Padre nel Figlio. L’opera ed il segno sono nelle mani del Signore non nelle nostre: noi, io in particolare, lo dobbiamo solo ringraziare.