Grandi pene sono destinate a ogni uomo
e un giogo pesante sta sui figli di Adamo,
dal giorno della loro uscita dal grembo materno
fino al giorno del ritorno alla madre di tutti.
2 Il pensiero dell’attesa e il giorno della fine
provocano le loro riflessioni e il timore del cuore.
3 Da chi siede su un trono glorioso
fino a chi è umiliato su terra e su cenere,
4 da chi indossa porpora e corona
fino a chi è ricoperto di panno grossolano,
5 non c’è che sdegno, invidia, spavento, agitazione,
paura della morte, contese e liti.
Anche durante il riposo nel letto
il sogno notturno turba i suoi pensieri:
6 per un poco, come niente, sta nel riposo
e subito nel sonno si affatica come di giorno,
è sconvolto dalla visione del suo cuore,
come chi è scampato da una battaglia.
7 Al momento di mettersi in salvo si sveglia,
meravigliandosi dell’irreale timore.
8 Così è per ogni essere vivente, dall’uomo alla bestia,
ma per i peccatori sette volte tanto:
9 morte, sangue, contese, spada,
disgrazie, fame, calamità, flagelli.
10 Questi mali sono stati creati per gli empi,
per loro causa venne anche il diluvio.
11 Tutto quello che proviene dalla terra alla terra ritorna,
quanto viene dalle acque rifluisce nel mare.
12 Ogni corruzione e ogni ingiustizia sparirà,
ma la fedeltà resterà per sempre.
13 Le ricchezze degli ingiusti si prosciugheranno come un torrente,
si disperderanno come tuono che echeggia durante l’uragano.
14 Se gli ingiusti dovranno alzare le mani, ci si rallegrerà,
così i trasgressori cadranno in rovina.
15 La stirpe degli empi non moltiplica i suoi rami,
le radici impure sono sopra una pietra dura.
16 Il giunco su ogni corso d’acqua o sugli argini di un fiume
viene tagliato prima di ogni altra erba.
17 Un atto di bontà è come un giardino di benedizioni,
l’elemosina dura per sempre.
18 La vita di chi basta a se stesso e del lavoratore è dolce,
ma più ancora lo è per chi trova un tesoro.
19 I figli e la fondazione di una città consolidano un nome,
ma più ancora è apprezzata una donna irreprensibile.
20 Vino e musica rallegrano il cuore,
ma più ancora l’amore della sapienza.
21 Il flauto e l’arpa rendono piacevole il canto,
ma più ancora una voce soave.
22 L’occhio desidera grazia e bellezza,
ma più ancora il verde dei campi.
23 Il compagno e l’amico s’incontrano a tempo opportuno,
ma più ancora moglie e marito.
24 Fratelli e soccorritori aiutano nella tribolazione,
ma più ancora l’elemosina.
25 Oro e argento rendono sicuro il piede,
ma più ancora è stimato un consiglio.
26 Ricchezze e potenza sollevano il cuore,
ma più ancora il timore del Signore.
Con il timore del Signore non manca nulla,
con esso non c’è bisogno di cercare un altro aiuto.
27 Il timore del Signore è come un giardino di benedizioni
e protegge più di qualsiasi gloria.
28 Figlio, non vivere una vita da mendicante:
è meglio morire piuttosto che mendicare.
29 Un uomo che guarda alla tavola altrui
ha una vita che non si può chiamare tale;
si contaminerà con cibi estranei,
l’uomo sapiente ed educato se ne guarderà.
30 Il mendicare è dolce nella bocca dello sfrontato,
ma dentro di lui c’è un fuoco che brucia.
Consideriamo con attenzione umile e grata questa tematizzazione della morte in tutta la prima parte di questo capitolo, ai vers.1-17. Essa viene descritta come la sorte di tutti, e come tale la riceviamo anche noi! Non bisogna pretendere di “superare l’ostacolo” con la proclamazione della risurrezione! Non corrisponderebbe né alla nostra reale esperienza, né, soprattutto, alla Parola del Signore, perché è assolutamente chiaro che la risurrezione è “da morte”, e “dai morti”. Altrimenti la stessa “vita nuova” non sarebbe veramente tale, ma in fondo ci porterebbe alle vecchie teologie dell’ “immortalità dell’anima”, che ormai dobbiamo mettere da parte proprio per poter gustare e vede quanto è buono il Signore che è entrato nella morte per liberarci verso la vita nuova. Il nostro testo sottolinea, ai vers.8-10, come la morte sia pena ben maggiore per gli empi, i “senza legge”, e questo mi sembra confermi che la minaccia contenga in realtà un’intenzione salvifica, per indurre alla conversione.
Ora possiamo osservare come “dall’interno” del mistero della morte fioriscano i segni della vita nuova, come fosse la morte il “grembo” della vita nuova: così infatti si è compiuto in Gesù! Così, al ver.12, dicendo che la morte è la fine anche di ogni male, afferma che “ogni corruzione e ogni ingiustizia sparirà, ma la “fedeltà” (che alla lettera è “la fede”!!) resterà per sempre”. Al ver.17, sempre con cattiva traduzione, si dice che “la grazia” (e non un atto di bontà!) è un giardino (paradiso) di benedizioni, la misericordia (e non l’elemosina!) dura per sempre.
Nella seconda parte del testo, ai vers.18-27, non mi sembra giusta la parola che accompagna tutto il testo, e che è stato reso con “ma più ancora”. Si dovrebbe rendere piuttosto con “al di sopra di entrambi”. Qui, ancora, al ver.24, si parla di misericordia, e non di elemosina, e ai vers.26-27 si proclama la divina bellezza del “timore del Signore”, che non è paura, ma esperienza della presenza viva, potente e amante del Signore nella nostra piccola vita.
I vers.28-30 sono una critica alla mendicità, quando questa è v
Amara celebrazione di una condizione di abbandono che non può che cercare quello che la farà sopravvivere. Ma appunto la mendicità deve cedere ad un incontro d’amore con Dio e con il prossimo che sono il vero nutrimento e la vera salvezza della nostra vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.