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Giona

Commento inviato via email 2004

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Giona

Commento inviato via email 2004

Gn 1 Sabato 6 marzo 2004

1 Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: 2 "Alzati, va' a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me". 3 Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s'imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. 4 Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. 5 I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. 6 Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: "Che cos'hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo". 7 Quindi dissero fra di loro: "Venite, gettiamo le sorti per sapere per colpa di chi ci è capitata questa sciagura". Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. 8 Gli domandarono: "Spiegaci dunque per causa di chi abbiamo questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?". 9 Egli rispose: "Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra". 10 Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: "Che cosa hai fatto?". Quegli uomini infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva il Signore, perché lo aveva loro raccontato. 11 Essi gli dissero: "Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?". Infatti il mare infuriava sempre più. 12 Egli disse loro: "Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia". 13 Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano perché il mare andava sempre più crescendo contro di loro. 14 Allora implorarono il Signore e dissero: "Signore, fa' che noi non periamo a causa della vita di questo uomo e non imputarci il sangue innocente poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere". 15 Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. 16 Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e fecero voti.

GIOVANNI

Entrando con voi in questo meraviglioso libro profetico, devo premettere una duplice considerazione. La prima è che il testo è luminoso, in certo senso semplice e chiaro, anche se, più lo si ascolta, più esso pone sempre nuove domande; ma quindi non c'è bisogno di indicazioni molto speciali per potervi entrare; l'altra considerazione è che il testo è appunto talmente ricco che non è facile per me capire che cosa può essere utile a ciascuno di voi ricevere; penso allora di percorrere questa strada: non vi darò tanto delle spiegazioni sul testo, che appunto è discorsivo e semplice, ma solo alcune considerazioni delle molte che mi fioriscono nella testa e nel cuore pregando su queste parole. Il più quindi lo metterà ciascuno di voi, anzi, lo Spirito del Signore in ciascuno di noi!

Sono oggi molto preso dalla impressionante "attualità" del testo, non solo per quello che è, ovviamente, la perenne "novità" della parola di Dio, ma anche per il contesto storico e culturale che vi viene descritto, così simile a quello in cui viviamo (bisogna dire peraltro che forse tutte le generazioni credenti hanno avuto a loro tempo questa impressione!). E mi colpisce quindi la fisionomia e il modo della fede che vi è espressa. S'incontrano infatti una assoluta "minorità" della fede di Israele, immersa in molte altre interpretazioni "religiose", e nello stesso tempo la sua assoluta importanza per tutti!

E' interessante la descrizione della disobbedienza di Giona a Dio, espressa plasticamente dalla geografia dei viaggi. Dio lo vuole spedire a Ninive, e quindi a oriente della Terra Santa, e Giona cerca e trova una nave diretta in Spagna, in direzione opposta! In questo "dibattito" tra l'uomo e la Parola di Dio, non c'è niente di "religioso" e di "miracolistico": Dio dice una cosa e l'uomo ne fa un'altra! Dio lo manda a proclamare il giudizio divino sulla storia e Giona fugge immergendosi nella storia più comune e più anonima. E' grazioso persino il particolare del pagamento del biglietto!

Conosco bene che cosa significhi il dormire di Giona mentre tutti sono presi dal volto drammatico della storia. Quando fuggo da Dio e mi immergo nella vicenda comune di una vita non illuminata dalla fede, in realtà mi isolo anche da quella stessa storia nella quale mi sono rifugiato dal mio rapporto con Dio che non voglio ascoltare. C'è qui qualcosa anche del sonno dei discepoli nell'orto dell'agonia, un sonno di tristezza nella caduta della fede.

D'altra parte è meravigliosa la "confessione" che Giona fa del suo peccato. Mi pare di avere ormai un po' capito che una vera confessione dei peccati è sempre anche una vera confessione di fede: Giona che confida agli altri la sua fuga dal Signore, nel contempo in certo modo annuncia loro il mistero del suo Dio! (vv.9-10). E non solo: egli indica loro quale è la via per uscire dal dramma di cui egli è colpevole (v.12). Ma qui si apre un dramma misterioso, nel quale mi sembra affiorare dal Giona colpevole un Giona "vittima" che sarà causa della salvezza di tutti. E' il pensiero che sembra attraversare anche i suoi compagni di viaggio che, prima di buttarlo a mare "implorano" (!!) il Signore chiedendogli di non essere colpevoli di un sangue innocente.

Concludendo: in questo clima poco religioso, malgrado i riferimenti alle diverse appartenenze religiose, emerge la responsabilità del credente ebreo (e a maggio ragione cristiano) nei confronti della storia in cui è immerso. Ed è straordinario il rilievo che il mistero della fede assume nella storia del tutto laica di quel gruppo di persone. E ancora mi sembra meravigliosa questa specie di "libera circolazione" della fede e della preghiera in un ambito così poco "sacro"!

Gn 2 Lunedì 8 marzo 2004

1 Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. 2 Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio 3 e disse: "Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce. 4 Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me. 5 Io dicevo: Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio. 6 Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l'abisso mi ha avvolto, l'alga si è avvinta al mio capo. 7 Sono sceso alle radici dei monti, a terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore mio Dio. 8 Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora. 9 Quelli che onorano vane nullità abbandonano il loro amore. 10 Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio e adempirò il voto che ho fatto; la salvezza viene dal Signore". 11 E il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull'asciutto.

MAPANDA

Abbiamo visto al cap. 1 che Giona, anziché fare ciò che gli ha ordinato Dio, fugge lontano da Lui a Tarsis. E i suoi compagni di viaggio, quando - durante la tempesta - gli chiedono "perché ci succede così?" lui risponde: "E' per causa mia che vi succede questo". Invece oggi Giona non mostra di comprendere la sua colpa, né chiede a Dio perdono"; soltanto lo chiama ed è certo che Dio ascolta. E' di Dio vedere cosa fare; qui si sottolinea solo il rapporto tra Dio e Giona, rapporto che continua nel pericolo di morte. E' possibile tentare di fuggire da Dio, e rifiutarsi di fare ciò che Lui dice; ma la relazione con Dio permane e Dio lo salva.

Giona è nella pancia del pesce e riamane vivo: come è possibile? Già questa è opera di Dio. Giona si accorge che Dio c'è mentre è nella pancia del pesce. v.8: "Quando in me sentivo venir meno la vita, ... la mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora". Nella prova e nel pericolo, Giona sa che la salvezza viene da Dio.

Il capitolo di oggi è compreso tra due segni della premura di Dio per Giona: al v.1: "Il Signore comandò che un grosso pesce inghiottisse Giona", e al v.12: " E il Signore comandò al pesce, ed esso rigettò Giona sull'asciutto". Siamo dentro alla volontà di Dio.

Il libro di Giona non parla solo della volontà di Dio di liberare gli abitanti di Ninive dalla loro condizione; ma parla della volontà di Dio di non lasciare il profeta Giona nella sua condizione. E' vero che gli abitanti di Ninive hanno bisogno di essere salvati da Dio; allo stesso modo il profeta ne ha bisogno. Oggi Dio gli insegna due cose. Giona aveva detto: Io sono un Ebreo (v.9); oggi nel ventre del pesce capisce cosa vuol dire essere Ebreo, essere del popolo di Dio: la loro sorte è quella di essere nell'inferno e di lì pregare Dio. Oggi, poi, il profeta comincia a comprendere perché deve andare fino a Ninive, "quelli che onorano vane nullità, abbandonano la loro misericordia".

Giona non "esce" dal pesce ma il pesce lo sputa fuori, perché Giona, cioè l'uomo, non è fatto per essere pasto della morte.

Come il cap. 1 ci ha mostrato la bellezza della preghiera dei compagni di viaggio di Giona, con molte parole e in molti modi (vv.14-16), tali da suggerire che Dio sia ben disposto ad ascoltarla; oggi il cap. ci mostra la preghiera di Giona, che nella prima parte ripercorre la memoria della sua storia, e nella seconda, a partire dal v.8, mostra la sua fiducia nella potenza di salvezza di Dio, mentre ancora è nella morte: "Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita". E Dio mostra di volere Giona vivo, più di quanto lo stesso Giona sia attaccato alla vita; cfr. v.1,12: "Prendetemi e gettatemi in mare"; e 4,3 "Signore, toglimi la vita, perché è meglio per me morire che vivere"; E il Signore comandò al pesce, ed esso rigettò Giona sull'asciutto.

GIOVANNI

Questo pesce grande è molto importante! Il v.1 dice che Dio lo "ha preparato" per Giona e per la sua preghiera. Tutto si svolge "nel ventre del pesce" (v.1). Giona prega "dal ventre del pesce" (v.2), che diventa al v.3 "il grembo", quindi un grembo materno (!) dello Sceol. Una proposta di traduzione che merita di essere considerata ordina le parole in questo modo: "ho gridato all'Eterno ed Egli mi ha risposto dal grembo dello Sceol", facendo diventare in questo modo il grembo del pesce il "luogo" dove Dio aspetta Giona e gli risponde! In ogni modo, sottolineiamo subito il fatto che tutta la preghiera, con tutto il suo annuncio di adempimento, si svolge "dentro" al ventre del pesce!

Il "luogo" della preghiera preparato da Dio è l'abisso, il cuore del mare (v.4). L'esilio è il luogo dal quale si torna a guardare al santo tempio di Dio (v.5). Ed è nel ventre del pesce, alle radici dei monti, che Giona dice: "hai fatto risalire dalla fossa la mia vita" (v.7).

Il v.8 è, forse, il punto centrale della preghiera di Giona, là dove afferma che "quando mi sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore". Questa "memoria", secondo la nostra fede ebraico/cristiana, rende presente e attuale, contemporanea a noi la presenza di Dio. E prosegue: "La mia preghiera è giunta sino a Te, fino alla tua santa dimora".

Il pericolo è abbandonare "le proprie misericordie", come alla lettera dice il v.9, e cioè perdere il contatto di fiducia e di comunione con il Signore della misericordia e lasciarsi trascinare o in vane illusioni o nella disperazione.

Il v.11 è il compimento esterno di quello che è già avvenuto nel cuore e nella vita di Giona.

Gn 3 Martedì 9 marzo 2004

1 Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: 2 "Alzati, và a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò". 3 Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino. 4 Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta". 5 I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. 6 Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. 7 Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi: "Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. 8 Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. 9 Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno sì che noi non moriamo?". 10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

MAPANDA


v.3: "Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino"; nella traduzione si è persa una parola importante: di cammino "+ davanti a Dio". Il cammino di Dio per compiere la Sua Parola in Ninive è un cammino di tre giorni. E' la profezia dell'opera di Dio compiuta in Cristo, nella sua Passione e Morte, per i Niniviti. I 3 giorni di cammino sono anche i giorni del cammino della parola di Dio, come vediamo nel cap. di oggi. Questo viaggio della Parola in Ninive comincia con Giona, che percorre la città "per un giorno di cammino"; restano due giorni: la parola del Signore, da se stessa e attraverso altri, oltre Giona, corre in Ninive. Prima per mezzo degli abitanti stessi della città: hanno ascoltato Giona, credono a Dio e "proclamano" un digiuno (v.5). E "la parola raggiunge il re di Ninive" (v.6), come prima aveva raggiunto Giona per la seconda volta (v.1). E poi la parola continua a correre anche per mezzo del re di Ninive: "proclamò un decreto" (v.7).

Il re dice: "Gridate a Dio!". Ieri abbiamo letto, nella preghiera di Giona dal ventre del pesce: "Nella mia angoscia ho gridato al Signore": il viaggio di Dio comincia per il grido del profeta a Dio; e alla fine, c'è il grido dei niniviti, pure a Dio.

v.8: "si invochi Dio, con tutte le forze", senza cessare: è una parola rara nella Bibbia, ma importante a descrivere l'esigenza dell'intensità e della continuità nella preghiera.

Il v.9: "Chi sa che Dio non cambi" ci ripropone per la terza volta in poco tempo l'emergere di questa timida speranza - che Dio stesso sembra indurre - nel cuore degli uomini. Abbiamo trovato parole simili a queste, espresse dal popolo del Signore, in Gioele (2,14, alla convocazione del digiuno), e in Amos (5,15, unito all'impegno di cercare il bene e di operare la giustizia). Oggi queste parole emergono come speranza anche di uomini lontani, non interni al popolo di Dio, che la sanno esprimere non con arroganza ma con una grande umiltà "Chi sa che...". E Dio, conclude questo splendido cap., "si impietosì del male che aveva pensato di fare loro e non lo fece".

GIOVANNI

Il v.1 è profezia di una vita "seconda" che nasce dalla morte, che è generata dalla misericordia di Dio, e che quindi non è descritta nell'orizzonte naturalistico. C'è una differenza radicale tra la richiesta che Dio rivolgeva a Giona in 1,2 e quella apparentemente uguale del v.2. Infatti Giona ha sperimentato direttamente e drammaticamente quello che deve annunziare.

E' molto interessante il fatto che la buona notizia della salvezza sia espressa nei termini negativi della distruzione (v.4). Ciò mostra che il "negativo" non è un'ipotesi che Ninive ha davanti a sé come ipotesi finale, perché c'è già dentro! La vera ipotesi è quella implicita della salvezza alla quale i Niniviti aderiscono: "credettero a Dio" dice il v.5. Trasformando in "annuncio" l'esito inevitabile di una condizione già in sé negativa, Dio attraverso il profeta spalanca davanti al cuore di Ninive l'ipotesi nuova: si può dunque evitare la distruzione? (v.9).

La "conversione" si attua di fatto attraverso una "distruzione" che, non aspettando quella che inevitabilmente avverrebbe, la "anticipa" distruggendo il legame mortale che unisce i Niniviti e il male da cui sono posseduti. Per evitare la morte, possiamo dire, muoiono! Per questo il v.9 si apre all'ipotesi di un "cambiamento" da parte di Dio, di una sua "conversione", a motivo del cambiamento, cioè della conversione, avvenuta negli abitanti di Ninive. E così conferma il v.10.

Tutto questo diventa ancora più straordinario se si sottolinea il fatto che l'opera della salvezza è rivolta alla grande nemica di Israele. La salvezza veramente non conosce confini, e la sua destinazione è, come qui, orientata ai più lontani!

Gn 4 Mercoledì 10 marzo 2004

1 Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu indispettito. 2 Pregò il Signore: "Signore, non era forse questo che dicevo quand'ero nel mio paese? Per ciò mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato. 3 Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!". 4 Ma il Signore gli rispose: "Ti sembra giusto essere sdegnato così?".

5 Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì un riparo di frasche e vi si mise all'ombra in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. 6 Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino.

7 Ma il giorno dopo, allo spuntar dell'alba, Dio mandò un verme a rodere il ricino e questo si seccò. 8 Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d'oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: "Meglio per me morire che vivere".

9 Dio disse a Giona: "Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?". Egli rispose: "Sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte!". 10 Ma il Signore gli rispose: "Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: 11 e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?".

GIOVANNI

Mi sembra opportuno non perdere nel sentimento di Giona la dimensione del dolore che la versione greca enfatizza e che è presente anche nel verbo ebraico che l'italiano rende con "provò grande dispiacere" al v.1. Conviene cioè domandarsi fin dal principio se si tratta di un atteggiamento solo assurdo, e poi magari anche ridicolo quando Dio lo metterà davanti alla faccenda del ricino ai vv.9-10, oppure se occorra pensare a qualcosa di più grande che stia sotto tutto l'atteggiamento di Giona. Prendiamo atto in ogni modo dello "scandalo" di questo dispiacere di Giona per la misericordia di Dio!

Questa, secondo il v.2, è la vera ragione del tentativo di fuga verso Tarsis; non tanto la non voglia di predicare la Parola, quanto questa consapevolezza dell'animo e del progetto di Dio. A questo punto Giona arriva ad esprimere, al v.3, il desiderio di morire: meglio morire che dover essere coinvolti nella misericordia di Dio. Qui desidero dirti che nella preghiera di questa mattina sono stato trascinato verso il pensiero di Gesù, del suo calice e della sua croce. Questo certamente va oltre ogni consapevolezza del profeta, ma mi sembra considerazione inevitabile per noi che sappiamo chi sia profeticamente presente nella persona e nell'opera di Giona, e come tale rapporto con Giona sia caro al Signore Gesù, sia per l'immagine dei tre giorni nel ventre del pesce in riferimento alla sua morte e sepoltura, sia per questa conversione di Ninive che il profeta vive nel dolore e nel rifiuto: riascoltiamo Matteo 12,38-42! Concordo quindi con il suggerimento delle nostre bibbie a considerare il rapporto di Giona con il fratello maggiore del Prodigo che in Luca 15,28 rifiuta la misericordia di suo padre, ma non perdiamo l'occasione di celebrare anche e soprattutto il "dramma" di Cristo che viene crocifisso per portare a pienezza quella misericordia di Dio verso tutti, fino ai tremendi niniviti!

Anche per quello che riguarda il paragone scandaloso tra la pianta di ricino e il grande popolo di Ninive dei vv.6-11 mi pare valga la pena di ipotizzare qualche considerazione che vada oltre il primo giusto significato che è quello di evidenziare la sproporzione tra il dolore per la pianta seccata e la sorte dei centoventimila di Ninive. La caparbietà del dispiacere di Giona per la pianta che lo riparava e senza la quale gli sembra, ancora una volta (!), preferibile morire come ribadisce due volte ai vv.8-9, ci fa pensare che sotto e insieme alla misericordia di Dio si debba cogliere, sia pure con "devota prudenza", un affetto divino per l'umanità anche squinternata che qui è rappresentata da Ninive, che arriva sino al non sopportare la sua eventuale perdizione, come se Dio avesse bisogno degli uomini, proprio come Giona aveva bisogno di essere protetto dall'ombra di quella piantina. Però, non fidatevi tanto di quello che vi dico; anzi, non fidatevi per niente!

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