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DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO A)

 

Giovanni 20,19-23

19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».

20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato.

E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi».

22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

 

1) Mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù: Gesù può raggiungere i suoi discepoli in qualsiasi condizione della vita e dello spirito essi si trovino, anche nella chiusura del cuore e nella paura. Il verbo greco che traduce venne è spesso usato nei contesti che più direttamente richiamano il mistero della Pasqua, come ad esempio in Gv 11,17: Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.

2) Si fermò in mezzo a loro: il verbo greco che traduce l’espressione si fermò richiama l’avvenimento della risurrezione di Gesù, il suo trionfo sulla morte.

3) Pace a voi. Come farà di nuovo al v. 21, Gesù comunica ai discepoli impauriti il dono della pace, realizzando in pienezza la promessa fatta prima della sua passione: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore (Gv 14,27).

4) Detto questo, mostrò loro le mani e il costato: il dono della pace non viene da una condizione di beatitudine e serenità, ma scaturisce dalla passione di Gesù; dopo aver comunicato ai discepoli la pace, egli, infatti, ne mostra loro i segni, in particolare il costato, da cui uscì sangue e acqua (Gv 19,34). In questo modo, la passione e la morte di Gesù e di tutti i suoi fratelli sono presentate nel loro duplice aspetto di sofferenza e potenza salvifica.

5) E i discepoli gioirono al vedere il Signore: diversamente da Luca, in Giovanni subito i discepoli riconoscono il Signore ed è bello che lo riconoscano non tanto per la sua parola, ma per i segni della sua passione; è partecipando alle sofferenze dell’uomo, infatti, che il Signore si rende più presente alla vita di ciascuno. La vista del Signore fa gioire i discepoli, come Egli aveva predetto loro prima della sua Pasqua: Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete (Gv 14,19) e ancora: Così anche voi, ora, siete nella tristezza, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà (Gv 16,22).

6) Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi: l’espressione greca che traduce come indica la continuità tra la missione che il Padre ha affidato a Gesù e quella che ora Gesù stesso affida ai discepoli. Essi sono quindi mandati a glorificare il Padre, facendo conoscere il suo nome e manifestando il suo amore (cfr. Gv 17,6.26). Il verbo greco che traduce anch’io mando voi, si trova anche in Gv 13,20: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato; tutti i discepoli partecipano  così all’opera divina della salvezza.

7) Dopo aver detto questo, alitò su di loro: perché i discepoli possano davvero cooperare all’opera della salvezza è necessario che vivano in pienezza la condizione di salvati, che siano cioè nuove creature; per questo Gesù, come Dio fece quando creò Adamo (Gn 2,7: allora il signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente), soffia su di loro lo Spirito Santo. È il soffio dello Spirito di Gesù Risorto che restituisce l’uomo peccatore alla piena comunione con il Padre.

8) Ricevete lo Spirito Santo: Gesù accompagna il gesto del soffio con queste parole e realizza finalmente tutte le promesse fatte ai suoi discepoli (cfr. Gv 14,16–18.26. 15,26-27. 16,7.8.13.14). Dicendo Spirito santo, il Signore ricapitola tutto ciò che aveva insegnato sull’azione dello Spirito (cfr. Gv 3,5: se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio; 4,26: ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori; 6,63: è lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita; 7,37-39: Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui; infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato).

9) a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi: la presenza di due espressioni passive indica il Signore come l’autore del perdono, ma allo stesso la grande responsabilità dei discepoli di Gesù di comunicare a tutti la misericordia di Dio.

 

 

Atti 2,1-11

1 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4 ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.

5 Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.

7 Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? 8 E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? 9 Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, 11 Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».

 

1) Pentecoste (lett. il giorno della cinquantina): questa festa, celebrata 50 giorni dopo la Pasqua, commemorava l’alleanza del Sinai tra Dio e Israele e raccoglieva a Gerusalemme folle di Giudei venuti da molti paesi (cfr. v. 5).

2) Stava per finire (lett. compiendosi): è il compimento dell’attesa del dono preannunciato da Gesù (cfr. Lc 24,48: manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso, ma voi restate in città finché non siate rivestiti di potenza dall’alto).

3) Si trovavano riuniti tutti insieme nello stesso luogo: è messo in evidenza l’ambito di preghiera (At 1,13-14) e di comunione, in cui l’evento di Dio si manifesta improvviso, come farà con Paolo sulla via di Damasco (At 9,3) e come sarà per la venuta finale del Figlio dell’uomo (Mt 24,27).

4) Come di vento: i fenomeni acustici e visivi (rombo, vento, fuoco) sono il segno dell’intervento di Dio. In ebraico e in greco “vento, alito, respiro, spirito” sono espressi con lo stesso termine, per cui lo spirare o il soffiare diventano segno sensibile dello Spirito (cfr. Gen 2,7; Gv 3,8 e 20,22).

5) Riempì la casa… tutti furono pieni di Spirito Santo: c’è “pienezza” di dono sia per il luogo, sia per le persone: (cfr. Sap 1,7: lo Spirito del Signore riempie l’universo; At 2.17: effonderò il mio Spirito su ogni persona; Gv 2,34: Dio dà lo Spirito senza misura). Il dono sarà rinnovato per la preghiera della comunità cristiana: terminata la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono ripieni di Spirito Santo (At 4,31).

6) Lingue di fuoco si dividevano e si posavano (latino: si divideva e si sedette su ciascuno): non si tratta di identità, ma di pura somiglianza con il fuoco, come nel battesimo di Gesù (cfr. Lc 3,22: scese lo Spirito Santo in apparenza corporea come di colomba). Il fuoco è segno della presenza di Dio (Es 3,2); qui lo Spirito Santo scende su ciascuno dei discepoli, pur restando sempre il medesimo ed unico Spirito (cfr. 1Cor 12,4-11).

7) Parlavano in lingue: parlare in lingue è farsi intendere nella lingua di altri popoli; questo dono dello Spirito ristabilisce l’unità che era andata perduta nella torre di Babele (Gen 11,1-9) e prefigura la dimensione universale della missione degli Apostoli: mi sarete testimoni fino ai confini della terra (At 1,8).

8) Siamo Parti, Medi, Elamiti… Cretesi e Arabi: l’elenco del testo vuole essere rappresentativo di tutti i popoli come testimoni del prodigio di Pentecoste e come primizia della Chiesa. Ognuno intende nelle proprie lingue (lett. dialetti) quello che gli Apostoli annunziano; il contenuto dell’annuncio è tutto racchiuso nelle parole conclusive del nostro testo: li udiamo annunziare… le grandi opere di Dio. Possiamo pensare che esse siano tutta l’opera salvifica di Dio manifestata in Gesù dal suo Battesimo fino all’Ascensione (At 1,22).

 

 

1^ Corinzi 12,3-7.12-13

3 Fratelli, nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l’azione dello Spirito Santo.

4 Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5 vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; 6 vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7 E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune.

12 Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.

13 E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.

 

1) Nessuno può dire “Gesù è il Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo (lett. se non nello Spirito Santo): si esprime la fede nella divinità di Gesù; questo atto di fede mette al riparo da ogni pericolo di sincretismo, o, al contrario, di fanatismo; cfr. Rom 10,9: Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.

2) Da notare la distinzione trinitaria ai versetti 4-6: Spirito, Signore, Dio; a ciascuno corrisponde una caratteristica: lo Spirito distribuisce doni, il Signore (Gesù) distribuisce ministeri, come un padrone fa con i servi, Dio Padre opera (cfr. Ef 4,4-6).

3) A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: le diverse manifestazioni dello Spirito sono donate per la bellezza e la ricchezza della Chiesa.

4) Nei vv 8-11, non compresi nel testo liturgico, Paolo esemplifica alcuni dei doni dello Spirito, ribadendone l’unicità dell’autore.

5) Riguardo al paragone con il corpo (v. 12), Paolo mette in evidenza l’unità in Cristo e insieme la molteplicità delle membra (cfr. anche Rom 12,4-5).

6) L’unità, data dall’essere stati battezzati e dall’essersi abbeverati nell’unico Spirito, annulla le divisioni religiose, Giudeo o Greco, e sociali, schiavo o libero. Cfr. Gal 3,27-28: quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più né giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Il miracolo supremo, cui per la verità non si bada tanto, è la perenne attualità della persona di Gesù. E questo è quanto sostanzialmente la festa di Pentecoste vuole portare alla nostra attenzione. Ci sono fedi religiose che hanno "tenuto" per millenni; ci sono credenze,superstizioni e persino "regole" che purtroppo non ci abbandoneranno, ma il vero "miracolo" della vicenda cristiana, il fatto "inspiegabile" della nostra fede riguarda la persona stessa del nostro Signore Gesù, che continua a presentarsi vivo a tutte le generazioni dei credenti - ma anche dei non credenti - come una inevitabile domanda e come un persistente problema. Il miracolo di Pentecoste sta proprio nel fatto che questo Gesù che pure in certo senso "non c'è più", e che in ogni modo appartiene a tempi, culture e tradizioni del tutto scomparse, Lui, personalmente "c'è"! Mi rendo conto che la mia affermazione potrà sembrare assurda, ma vi prego di non abbandonarla subito, e se mai scrivetemi qualcosa che aiuti anche me a ripensare a quello che questa sera oso scrivervi con tremore. So benissimo che la mia affermazione sulla inevitabile - e per alcuni super-meravigliosa - presenza di Gesù anche alla generazione del 2002 si scontra con infinite percezioni contrarie; e dico di più : sono consapevole di come il più forte affossamento della sua persona non venga sempre e tanto da chi volesse il tramonto di Gesù e del suo Vangelo, ma forse soprattutto dai suoi benintenzionati "difensori" che però drammaticamente confondono LUI con molti pensieri "su di Lui" : questi "pensieri" non solo si mostrano spesso impropri o in ogni modo inadeguati, ma soprattutto rischiano quasi di contrappporsi a quello che ovviamente costituisce la realtà semplice e vera della presenza di una persona, e cioè il fatto che questa persona "è qui, con noi, oggi". Spero non pensiate che stia suggerendo vie estatiche o esperienze straordinarie : la Parola di Dio, che è Spirito e vita, l'incontro nella fede e nella preghiera con questa Parola - ma, bisogna dirlo, anche l'azione di questa Parola nella storia al di là di tutte le disposizioni e adesioni - fa sì che il nostro Signore continui a presentarsi a ogni cuore in ogni generazione.

Ricordo una persona che dopo un incontro a una festa di primavera nella zona della Parocchia degli Angeli Custodi molto gentilmente mi disse che non riusciva ad accettare che con tanta disinvoltura io lo "aggregassi" allo spazio cristiano; lui condivideva tutto, ma non poteva dirsi cristiano; ebbene sono certo che , non per l'affermazione crociana del "naturaliter christianus", ma per quello che realmente splendeva nel pensiero e nell'animo di quell'amico, la persona di Gesù si presentava e si proponeva a quella coscienza come una sorprendente, affascinante provocazione . non poi così diversa da quella che aveva stupito e spaventato il pescatore Pietro, al punto da fargli dire :"Allontanati da me..."