X SETTIMANA DEL TEMPO
ORDINARIO (ANNO A)
Matteo 9,9-13
9 In quel tempo, Gesù, passando, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. 10 Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. 11 Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
12 Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13 Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
1) Gesù, passando, vide un uomo: il passaggio di Gesù indica il mistero
dell’Incarnazione, con il quale Dio si fa vicino all’uomo e lo guarda con
compassione; la storia dell’umanità e di ogni uomo è dunque qui descritta nei
termini di una visita amorosa da parte di Dio;
2) un uomo seduto: l’atteggiamento in cui l’uomo è colto dal passaggio del Signore è
quello di chi è seduto nelle tenebre e
nell’ombra di morte (cfr. Mt 4,16);
3) e gli disse: Seguimi: il terzo verbo riferito a Gesù, dopo quello del passare e del vedere, è dire; esso descrive il dono della
Parola, con la quale Dio si fa presente all’uomo, vincendone la solitudine e
instaurando una relazione importante con lui. Il fatto, poi, che il contenuto
della parola sia il seguire, indica
che il Signore vuole coinvolgere l’uomo nel suo stesso movimento verso Dio
Padre.
4) Ed egli si alzò e lo seguì: l’espressione alzarsi
suggerisce il compiersi di un evento di risurrezione.
5) Molti pubblicani e peccatori si misero a tavola con lui e con i
discepoli:
la scena è una suggestiva immagine della vita della Chiesa come comunità “eucaristica”
di peccatori.
6) I farisei dicevano… Perché il vostro maestro mangia insieme ai
pubblicani e ai peccatori? Il sedersi insieme a qualcuno, specie a mensa, è segno di comunione di
intenti e di affetti; cfr. il Sal 1: Beato
l’uomo… che non siede in compagnia degli stolti.
7) Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: letteralmente per sani si ha forti e per malati si ha coloro che stanno male. Con questa
immagine Gesù rivela il giudizio di Dio sull’umanità: questa è malata, più che cattiva;
nello stesso tempo rivela pure l’atteggiamento di Dio verso di essa: Egli si
pone come medico, più che come giudice.
8) Misericordia io voglio e non sacrificio: la citazione di Osea
sorprende, perché dà un primato all’amore che perdona (la misericordia), rispetto all’economia fondata sull’offerta di
sacrifici. Alla luce di questa affermazione, anche il sacrificio supremo,
quello offerto da Gesù, acquista il senso di atto culminante della misericordia
di Dio per gli uomini.
9) Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori: se si toglie l’articolo “i” (assente nel testo originale) davanti
a giusti e peccatori, si coglie meglio la forza dell’affermazione di Gesù, che
tende ad escludere che ci siano giusti.
Osea
6,3-6
3 Affrettiamoci a conoscere
il Signore, |la sua venuta è sicura come l’aurora. |Verrà a noi come la pioggia
di autunno, |come la pioggia di primavera, che feconda la terra”. |4 Che dovrò fare per te, Efraim, |che dovrò fare per te,
Giuda? |Il vostro amore è come una nube del mattino, |come la rugiada che
all’alba svanisce. |5 Per questo li ho
colpiti per mezzo dei profeti, |li ho uccisi con le parole della mia bocca| e
il mio giudizio sorge come la luce: | 6 poiché
voglio l’amore e non il sacrificio, |la conoscenza di Dio più degli olocausti.
1) Nei capitoli precedenti Dio
aveva denunciato i peccati di Israele, la sua infedeltà e idolatria, il rifiuto
di conoscerlo veramente e la dimenticanza della Legge (Os 4,6). I primi
versetti del cap. 4 (vv. 1-3), sono una risposta del popolo, che sembra
mostrare il desiderio di ritornare a Lui.
2) Affrettiamoci, la sua venuta è vicina (lett. inseguiamo, sforziamoci):
il Signore aveva appena detto Me ne
ritornerò alla mia dimora, finché non avranno espiato e cercheranno il mio
volto (Os 5,15). La fretta di andare a Lui sembra essere motivata più dal
desiderio di sfuggire al castigo, che da un movimento vero di conversione e più
dalla consuetudine con la Sua bontà e il Suo perdono, che da un vero amore
fiducioso.
3) Che dovrò fare per te Efraim, che dovrò fare per te Giuda? Il
Signore, che scruta i cuori (1Cr 28,9), sa che da soli gli uomini non sanno
convertirsi e hanno bisogno dell’opera di Dio in loro. Con i nomi di Efraim e
di Giuda viene indicato tutto il popolo; in particolare, Efraim, che è il
figlio di Giuseppe più piccolo, ma benedetto come fosse il primogenito, sta a
indicare Israele come il più amato tra i popoli figli di Dio.
4) Il vostro amore è come una nube del mattino: si può notare che qui
per amore si usa il termine misericordia, che sarà citato più tardi
e ripreso da Gesù nel vangelo; questa misericordia
non è stabile, perché è degli uomini e non di Dio.
5) Per questo li ho uccisi con le parole della mia bocca: sono
espressioni molto forti, che indicano che quello che può fare Dio per loro è
operare dentro di loro con la sua parola che giudica e mette a morte; ma la
parola di Colui, che conduce alle porte degli inferi e fa risalire, ha anche il
potere di risanare (cfr. Sap 16,12: non
li guarì né un’erba né un emolliente, ma la tua parola, Signore, che tutto
risana).
6) Voglio l'amore e non il sacrificio: il sacrificio è offerta a Dio,
segno dell'offerta di se stessi, della dedizione a Lui della propria vita; non
può essere che risposta d’amore all'amore di Lui, che proclama come suo nome Dio misericordioso e pietoso (Es 34.4);
7) la conoscenza di Dio più degli olocausti: conoscere una persona
nella Bibbia ha un significato profondo, di comunione d'amore, di unione
nuziale; questo è il rapporto che Dio desidera avere con il suo popolo.
Romani 4,18-25
18 Fratelli, Abramo ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. 19 Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. 20 Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, 21 pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. 22 Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
23 E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, 24 ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, 25 il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
1) Abramo ebbe fede sperando contro (possibile anche oltre) ogni speranza: c’è
una sinergia tra fede e speranza; la speranza sostiene la fede, ma, a sua
volta, è sospinta dalla fede a livelli sempre più alti.
2) Divenne padre di molti popoli: la fede, che pone i credenti come piccoli figli
abbandonati nelle mani del Padre, li rende “padri”, poiché li assimila al Padre
stesso, che chiama all’esistenza le cose
che non esistono e dà la vita ai morti (Rom 4,17). Essi sono coinvolti
direttamente in quest’opera e la fede li rende partecipi dell’onnipotenza di
Dio, del suo potere di donare la vita.
3) Non vacillò nella fede… (lett. non
essendo stato debole nella fede, considerò il proprio corpo già come morto):
la fede si rivela tale proprio nel tenere congiunte la parola di Dio viva e
vivificante e la situazione dell’uomo impastata di morte.
4) Gli fu accreditato (lett. considerato) come giustizia, … sarà ugualmente
accreditato a noi che crediamo: fede e giustizia coincidono; Abramo è
ritenuto “giusto” per aver creduto a Dio e alle sue promesse e altrettanto
avviene ai credenti, che si abbandonano fiduciosi al Padre.
5) Il quale è stato messo a morte (lett. è
stato consegnato): è il Padre che consegna
a morte per gli uomini il suo Figlio Gesù e, risuscitandolo, fa “giusti” i
credenti. La giustizia dunque non è virtù dell’uomo, ma è dono, è la persona
stessa di Gesù nella sua pasqua di salvezza. Questa “fede-giustizia” è la misericordia (ricevuta e restituita) di
cui parlano Osea e il Vangelo.
I testi di questa domenica sono molto spinti, quasi
estremi, nell'affermare che la fede cristiana svanisce se non si tiene ferma
nel considerarsi prima di tutto un'esperienza. E' un’esperienza personale e
collettiva, ma tale deve sempre rimanere, senza cedere a risolversi in una
“dottrina” o in una “teoria”. In tal senso il brano di Osea è molto delicato
perché nel suo esordio sembra coerente a un dato essenziale della fede, e cioè
l'intervento misericordioso di Dio nella storia dell'uomo; ma quando questo
appare non tanto come l’evento sempre nuovo della bontà di Dio per noi, ma una
nostra “certezza” o, peggio, un fatto che avvenuto una volta per tutte, ci pone
in una situazione “esente”, al punto di poterci definitivamente esentare dal
bisogno di essere perdonati - e tale è l'atteggiamento di quei farisei che si
distinguono dai pubblicani e dai peccatori, e anzi addirittura disapprovano
l’accoglienza benevola del Signore - quando questo si dà, afferma Osea, “il
vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba
svanisce”, cioè la forza indiscutibile dell’opera meravigliosa di Dio svanisce
nella “vanità” di una certezza razionale. Invece, Dio non ha nessun “obbligo”
nei nostri confronti, né noi abbiamo alcuna “sicurezza” davanti a Lui: o la
Fede è “meraviglia”, o non è!! Tutta la sapienza cristiana è basata
sull'affermazione che l’uomo è molto più piccolo della sua storia perché questa
storia non è in mano sua ma è nelle mani di Dio. In tal senso la figura di
Abramo illumina la liturgia di questa domenica parlando di una fede che spera
contro ogni speranza: l’uomo è colto nel suo dramma esistenziale - quello da
cui si sottraggono per presunzione i farisei - e lì s'incontra con Dio che lo
salva. Il “sacrificio” diventa così il simbolo di una religiosità delle
garanzie, e il Signore proclama il primato della “misericordia” come azione
salvifica di Lui nei nostri confronti. Potreste dire: ma quando celebriamo la
Messa, non dobbiamo essere certi che c'incontriamo con il suo amore
misericordioso? Sì, ma l'importante è che innanzi tutto ne avvertiamo realmente
il bisogno; e che lo consideriamo in modo rigoroso come il dono vivo del Dio vivente,
per noi, oggi!