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1^ DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)

 

Mt 24,37-44

37 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo. 40 Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata.

42 Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà”.

 

1) Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo: cioè improvvisa, come è detto al v. 27 (non compreso nel testo liturgico): come la folgore viene da oriente e brilla ad occidente così sarà la venuta del Figlio dell’uomo (cfr. 1 Ts 5,2).

2) Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito… e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti: vivevano una vita ordinaria (non afferma che peccavano) senza tensione verso l’Altro, senza una direzione del cuore.

3) Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà, … se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe: vigilare è fondamentale, è attendere qualcuno, il Signore vostro che verrà. È molto bello il termine il Signore vostro, perché sta ad indicare che è il padrone della nostra casa e del nostro cuore, il nostro Sposo. La vigilanza è nella fede e nella carità: vigilate, state saldi nella fede,… tutto si faccia fra voi nella carità (1 Cor 16,13-14) e nell’accoglienza della parola: Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te (Ap 3,2-3).

4) Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà; è necessario essere pronti per le nozze che sono il compimento: arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze (Mt 25,10); rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a Lui gloria, perché sono giunte le nozze dell’agnello, la sua sposa è pronta (Ap 19,7).

 

 

Is 2,1-5

1 Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide riguardo a Giuda e a Gerusalemme.

2 Alla fine dei giorni,

il monte del tempio del Signore

sarà eretto sulla cima dei monti

e sarà più alto dei colli;

ad esso affluiranno tutte le genti.

3 Verranno molti popoli e diranno:

“Venite, saliamo sul monte del Signore,

al tempio del Dio di Giacobbe,

perché ci indichi le sue vie

e possiamo camminare per i suoi sentieri”.

Poiché da Sion uscirà la legge

e da Gerusalemme la parola del Signore.

4 Egli sarà giudice fra le genti

e sarà arbitro fra molti popoli.

Forgeranno le loro spade in vomeri,

le loro lance in falci;

un popolo non alzerà più la spada

contro un altro popolo,

non si eserciteranno più nell’arte della guerra.

5 Casa di Giacobbe, vieni,

camminiamo nella luce del Signore.

 

1) Alla fine dei giorni (latino: in novissimis diebus): espressione che indica un tempo nuovo che è già in essere e anche si afferma come ultimo, definitivo;

2) il monte del tempio del Signore sarà eretto (latino: erit praeparatus) sulla cima dei monti: c’è una preparazione, un’offerta di quel tempio che Gesù stesso farà nuovo in tre giorni (Mc 14,58);

3) ad esso affluiranno tutte le genti: c’è un cammino da percorrere che riguarda tutte le genti; la direzione è il monte del tempio del Signore e questo avviene alla fine dei giorni;

4) venite, saliamo sul monte del Signore… perché ci indichi le sue vie… poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore: è un invito che diventa aiuto reciproco (venite, saliamo), perché il percorso si fa insieme; tenere la direzione del monte del Signore significa non perdersi, perché lì Dio indica i suoi sentieri rivelando la sua Parola;

5) Egli sarà giudice fra le genti: il Signore giudicherà i popoli, ma è un giudice la cui giustizia si identifica con il suo amore (cfr. Sal 97/98: agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia; egli si è ricordato del suo amore);

6) Forgeranno le loro spade in vomeri… un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo; in questo tempo nuovo la prospettiva è radicalmente diversa: si inaugura un tempo di pace, di lavoro. Forgeranno (latino: conflabunt) significa fondere insieme; il verbo sembra suggerire che non c’è pace se gli strumenti di guerra non vengono “riconvertiti” in strumenti di lavoro pacifico.

7) Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore: è la luce della sua parola, che vince le tenebre e la nebbia fitta che avvolge le nazioni (Is 60,1-3).

 

 

Rm 13,11-14

11 Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. 12 La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13 Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. 14 Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.

 

1) Nella prima parte del versetto 11 (questo voi farete consapevoli del momento), non compresa nel testo liturgico, vi è un richiamo dell’apostolo al precetto dell’amore illustrato nei versetti precedenti come nuova economia di vita, in vista del momento;

2) è ormai tempo: il tempo è quello della venuta di Cristo e del compimento della salvezza; nel testo greco tempo è ora: il termine è utilizzato anche per indicare la stagione della raccolta, come ad indicare il tempo di un compimento;

3) …di svegliarvi (lett.: sorgere) dal sonno: il sonno richiama il torpore della coscienza, l’oblio del cuore; è una dimensione di morte, dalla quale, per azione dello Spirito, siamo invitati a sorgere;

4) perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti: nel percorso dei credenti la salvezza sembra già compiuta nel momento dell’incontro con Cristo; lungo il cammino, nella conoscenza del proprio peccato, si avverte invece tutta la distanza da Dio e dal compimento del suo progetto salvifico; è proprio allora che questo si realizza in modo del tutto gratuito, come dono del Padre.

5) La notte è avanzata, il giorno è vicino; la notte avanzata richiama una situazione di tenebra interiore e di abbandono, ma la vicinanza del giorno incoraggia ad attendere con fede: L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora. Israele attenda il Signore perché presso il Signore è la misericordia (Sal 130 /129,6).

6) Gettiamo via le opere delle tenebre; sono le opere citate al v. 13: gozzoviglie, ubriachezze …contese, gelosie, desideri della carne che occorre deporre per far risorgere l’uomo nuovo, rivestito di Cristo.

7) Indossiamo le armi della luce: le vecchie armi, fonte di morte (cfr. Is 2,4) non servono più; occorre rivestirsi dell’armatura di Dio (Ef 6,11), di un’arma più potente, Gesù luce del mondo (Gv 8,12). Alle tenebre della prigionia si oppone la luce della salvezza.

8) Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non è un invito al rispetto farisaico della legge, ma piuttosto l’assunzione umile e trasparente della propria condizione ferita, consolata e risanata da Dio.

9) Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri: i desideri della carne sono presenti nel cuore di ogni uomo, ma siamo invitati a non seguirli (in greco: non dar loro attenzione). In Gal 5,16-18 viene espressa l’antitesi tra i desideri dello Spirito e quelli della carne: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne;…la carne, infatti, ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; …se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Grazie all’opera dello Spirito possiamo rivestirci del Signore Gesù Cristo (come si cita nel rito del battesimo) e quindi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza (Col 3,12).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

L’immagine del diluvio potrebbe indurre a una concezione catastrofica della fine e più globalmente del tempo, accentuando ulteriormente l’intreccio tra tempo e paura. Non è così: il diluvio deve piuttosto suggerire una concezione totalizzante della creazione e della storia; non però in direzione sacrale come verso una teocrazia. Il diluvio è piuttosto, secondo tutta la grande tradizione, profezia e immagine della Pasqua: tutto un mondo vecchio deve finire, e tutto, nell’arca e dall’arca, cioè in Cristo e da Cristo, deve risorgere nuovo. Questa mi sembra essere l’originalità assoluta che la fede cristiana assegna alla categoria del tempo e quindi alla prospettiva della storia: non abbiamo davanti a noi la catastrofe della morte ma la pienezza della vita.

Se dunque, come è vero e giusto, sappiamo che ci attende un giudizio divino, è decisivo sapere che tale giudizio si dà in riferimento alla responsabilità che abbiamo di fronte al compimento divino della storia. Noè rappresenta l’assunzione piena di questa responsabilità: egli “salva” la creazione accogliendola nell’arca di Cristo che è il Vangelo e il Battesimo; qui tutto “muore e risorge”, tutto prende il nome nuovo, tutto diventa segno e celebrazione del termine ultimo della storia che è il Signore del Vangelo. Come Noè, anche noi, dalla Parola di Dio veniamo non solo informati, ma addirittura collocati in quella pienezza, in quella realtà ultima che è il Verbo fatto carne.

Nel travaglio – e malgrado il travaglio e proprio attraverso il travaglio – di questa storia ferita mortalmente, compito e responsabilità nostra è quello di “anticipare” la fine della storia evidenziandola come il fine cui tendere. Così, non possiamo lasciare Isaia al di là del tempo reale, ma dobbiamo afferrare il futuro della pace finale attraverso parole, e segni, e attraverso la vita stessa della nostra comunità. È vero che ancora tutto è buio, sembra scrivere Paolo ai Romani; ma il nostro compito è provocare subito un’epifania della luce, con intelligenza e affetto; con tutte le nostre forze.