XII SETTIMANA DEL TEMPO
ORDINARIO (ANNO A)
Matteo 10,26-33
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «26 Non temete
gli uomini, poiché non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di
segreto che non debba essere manifestato. 27 Quello che vi dico nelle tenebre
ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. 28 E non abbiate
paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima;
temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo
nella Geenna. 29 Due
passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a
terra senza che il Padre vostro lo voglia.
30 Quanto
a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31 non abbiate
dunque timore: voi valete più di molti passeri!
32 Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Siamo ancora nel discorso di Gesù ai dodici, che
avevamo iniziato a sentire domenica scorsa. Nei versetti che precedono, il
Signore predice le persecuzioni che i discepoli dovranno subire; infatti, un discepolo non è da più del suo maestro
(v. 24).
1) Non temete: questa raccomandazione, presente nell’annuncio dell’angelo a Zaccaria
e alla vergine Maria (Lc 1), degli angeli ai pastori (Lc 2) e alle donne al
sepolcro (Lc 24), torna tre volte nel nostro testo, a indicare l’insistenza con
cui Gesù vuole rassicurare i suoi nel momento della prova.
2) Il
primo motivo per non temere è la potenza della Parola che i discepoli portano
con sé: non c’è nulla di nascosto che non
sarà rivelato. Altrove si dice che la
parola di Dio non può essere incatenata (2Tim 2,9).
3) Il
secondo motivo è che gli uomini non hanno
potere di uccidere l’anima, ciò che più ha valore nella vita. Gesù dirà che
nessuno gli può togliere la vita, ma che egli volontariamente la offre (Gv
10,18).
4) Il
terzo motivo è che i discepoli valgono più
di molti passeri, i quali pure sono cari a Dio: l’immagine indica l’amore
premuroso di Dio per tutte le sue creature e, nello stesso tempo, la sua
elezione e predilezione per l’uomo (cfr. il Salmo 8).
5) In
conclusione, non si deve aver paura perché c’è il Padre (anche questo nome torna tre volte nel brano), che ama
ciascuno dei suoi figli in modo così particolare e personalizzato, da tenere
contati perfino i capelli del suo capo.
Geremia
20,10-13
Disse Geremia:| 10 Sentivo le insinuazioni di molti: | «Terrore all’intorno! |
Denunciatelo e lo denunceremo». | Tutti i miei amici spiavano la mia caduta: |
«Forse si lascerà trarre in inganno, | così noi prevarremo su di lui, | ci
prenderemo la nostra vendetta».
11 Ma il Signore è al mio
fianco come un prode valoroso, | per questo i miei persecutori | cadranno e non
potranno prevalere; | saranno molto confusi perché non riusciranno, | la loro
vergogna sarà eterna e incancellabile.
12 Signore degli eserciti,
che provi il giusto | e scruti il cuore e la mente, | possa io vedere la tua
vendetta su di essi; | poiché a te ho affidato la mia causa!
13 Cantate inni al Signore, lodate il
Signore, | perché ha liberato la vita del povero | dalle mani dei malfattori.
1) Le parole del profeta sono
inserite in un contesto molto drammatico, come evidenziato dai versetti
immediatamente seguenti, dove Geremia addirittura maledice il giorno della sua
nascita. L'insopprimibile necessità di profetare (v.8) provoca la persecuzione
del profeta da parte dell'autorità religiosa (v.2) e persino dei suoi amici
(v.10).
2) Terrore all’intorno: è il nome che il profeta attribuisce, secondo
l’indicazione del Signore (v. 3), al sacerdote Pascur, che l'aveva fatto
imprigionare, come predizione del terrore che proverà, lui e i suoi cari, per
il re di Babilonia. Adesso, forse da parte dei suoi schernitori (cfr. vv.7-8),
queste parole sono applicate a Geremia: il profeta diviene la vittima di quelle
stesse minacce che il Signore gli impone di proferire.
3) Il profeta dichiara vana la
speranza dei suoi avversari, secondo la quale egli si lascerà ingannare ed essi
prevarranno su di lui: non potranno
prevalere (v.11). Non potranno vincerlo, perché il profeta è già stato
vinto da un Altro: Mi hai sedotto (ingannato), Signore, e io mi sono lasciato
sedurre, mi hai fatto forza e hai prevalso (v.7).
4) Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso: a differenza di
tutte le nazioni, le quali si procurano guerrieri per soddisfare il loro
istinto di violenza e di dominio, qui il profeta e, altrove, l'intero popolo di
Israele (Es 15,3 Il Signore è prode in
guerra), proclama la potenza di Dio nella sua vita a partire dalla propria
debolezza e dal proprio essere inerme davanti alla violenza che lo assale.
5) Il Signore ha liberato la vita del povero: il profeta vede già
realizzata l'opera di liberazione del povero. Il testo sembra qui precorrere il
cantico della vergine Maria (Lc 1,46). Peraltro, se si legge per intero il
capitolo 20, si rimane colpiti dai contrasti (vedi quanto detto al punto 1),
che esprimono la drammaticità del viaggio della Parola verso gli uomini.
Romani 5,12-15
12 Fratelli, come a causa
di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così
anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. 13 Fino alla legge infatti c’era peccato nel mondo e, anche se
il peccato non può essere imputato quando manca la legge, 14 la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non
avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è
figura di colui che doveva venire.
15 Ma il dono di grazia non
è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di
più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo,
si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini.
1) Come a causa di un solo
uomo...: proseguendo il discorso delle domeniche precedenti, Paolo
confronta Adamo e Cristo. Come per mezzo del solo Adamo sono entrati nel mondo
il peccato e la morte, così per mezzo del solo Gesù Cristo sono entrati nel
mondo il perdono, la grazia e la vita. In entrambi i casi, la realtà di
"un solo uomo" coinvolge l'universo intero; questo costituisce Adamo
e Cristo in somiglianza (leggi anche i vv 18-19).
2) ma il dono di grazia
non è come la caduta: l'accostamento di Adamo e Cristo è in realtà "a
contrasto", sia quantitativamente che qualitativamente (leggi anche i vv
16-17); quantitativamente, perché in Adamo un solo peccato provocò
l'ingresso del peccato e della morte nel mondo mentre in Cristo i molti
peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi trovano perdono;
qualitativamente - e questo è l'aspetto più importante - perché, mentre in
Adamo abbiamo conosciuto il peccato e la morte, in Gesù si sono riversati sugli
uomini in abbondanza incommensurabile il perdono, la grazia, la vita e il regno
di Dio.
3) Probabilmente questo
confronto a contrasto tra Adamo e Gesù si inserisce nel contesto del discorso
sulla fede e sulla giustizia coincidente con la fede, perché il peccato di
Adamo è stato essenzialmente un peccato di non fede in Dio e nel suo precetto,
nella prospettiva ingannevole di diventare come Dio. La giustizia del Cristo,
generatrice di grazia e di vita, è invece essenzialmente abbandono fiducioso e
filiale al Padre fino all'offerta totale di sé.
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
C'è una prova della mia poca fede - o non fede - che mi sta sempre davanti e che segna profondamente le Scritture di questa domenica: la paura.
Ho sempre in mente la lucidità con la quale le Sante
Scritture mi ricordano che in fondo ogni paura è paura della morte e dunque
ogni nostra paura è vacillare della nostra fede nella Pasqua del Signore.
Ormai l'unica paura "buona" è veramente il
timore di Dio, che è il saper bene come io sono perduto ma Lui è buono e mi
salva. Invece, cedo alla paura!
Quando Gesù dice "non temete gli uomini",
in fondo potrei orientare il mio pensiero verso un'ipotesi "eroica"
della vita, sottratta a ogni umano timore; potrei pensare alla vita cristiana
come a un volto forte che non si lascia intimidire da nessun pericolo.
Ma c'è ben di più! Perché la paura me la trovo
dentro, ed è il mio vacillare davanti ai miei stessi limiti, o alle fragilità
della comunità cristiana, o alla memoria dei miei peccati.... Ecco perché è
preziosa oggi la presenza nelle nostre assemblee del brano dell'Apostolo ai
Romani e la proclamazione della potenza di Dio a salvarci da tutti i nostri
peccati: questa è la nostra forza! Non una nostra sicurezza mondana ma neppure
una nostra possibilità di presentarci come giusti davanti a Dio o davanti agli
uomini: solo la misericordia divina è la nostra forza e la nostra pace.
“Non abbiate dunque timore”, ed è meraviglioso
quanto segue "voi valete più di molti passeri", il che sarebbe ovvio
e scontato per ogni sapienza mondana, e invece è assolutamente "buona
notizia" alla mia coscienza rattristata!
Dunque il segreto della nostra forza è posto male se è nella pretesa della nostra giustizia, ma è vero e in pace se nasce dalla nostra stupita certezza della misericordia di Dio verso di noi, quella che ci viene dall'”assurdo” del Figlio di Dio che muore per noi.