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SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)

 

Giovanni 6,51-58(gr.)

In quel tempo, Gesù disse alle folle dei Giudei: «51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52 Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

Le parole del brano di questa domenica, dedicata alla festa del Corpo e Sangue del Signore, sono tratte dal grande discorso sul pane della vita pronunciato da Gesù nella sinagoga di Cafarnao e ne costituiscono l’ultima parte.

1) Io sono il pane vivo disceso dal cielo: forse sarebbe meglio tradurre Sono io il pane vivo… , a motivo della posizione enfatica del pronome personale, che manifesta l’intenzione di Gesù, dichiarata più volte dall’inizio del discorso, di accentrare su di sé l’attenzione degli ascoltatori e di indicare compiute nella sua persona le immagini profetiche (cfr. v. 27: su di lui Dio Padre ha posto il suo sigillo; v.32: il Padre mio vi dà il vero pane dal cielo; v. 35: Io sono; v. 41: Io sono; v. 48: Io sono).

2) è la mia carne per la vita del mondo: secondo autorevoli studiosi questa è la formula dell’istituzione dell’Eucarestia, che l’evangelista Giovanni pone qui, diversamente dagli altri, che la collocano nella narrazione dell’Ultima Cena. Questo corrisponde allo stile del quarto evangelo, che “anticipa” la pasqua di Gesù ad ogni suo discorso o atto. Notare anche la forza dell’espressione per la vita del mondo, che indica l’efficacia universale del sacrificio di Gesù, forse in modo ancora più espressivo della versione dei sinottici (per molti, in remissione dei peccati).

3) ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno: si può osservare qui la distinzione tra vita eterna e risurrezione finale. La prima è vita divina offerta fin da adesso al credente, vita di conoscenza e comunione con Dio, che si riceve nell’incontro di fede e di mensa con Gesù: tale è la vita di cui si tratta nei versetti successivi.

4) Chi mangiae beve… dimora in me e io in lui: la vita eterna, che si può gustare fin d’ora attraverso la partecipazione all’Eucarestia, è comunione di vita, abitazione comune di Dio con gli uomini, anzi, per l’intensità dell’espressione evangelica, abitazione dell’uno nell’altro.

5) anche colui che mangia di me vivrà per me: la vita eterna, ancora, è vivere per, da intendere sia nel senso di vivere grazie a Gesù, sia nel senso di vivere in funzione di Lui, avendo la sua persona come fine al quale dedicare la propria vita.

6) non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono: qui si mette in evidenza la nuova condizione dei discepoli di Gesù rispetto alla generazione dei padri; mentre questi morirono, chi mangia di questo pane vivrà in eterno (cfr. le parole di Gesù a Marta chi crede in me, anche se muore vivrà).

 

 

Deuteronomio 8,2-3.14-16

Mosè parlò al popolo dicendo: «2 Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi.

3 Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.

14 Non dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile; 15 che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; 16 che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

 

1) Ricordati: a motivo dell'ascolto della Parola che Dio rivolge all’uomo, con la quale Egli rivela il suo desiderio di relazione con lui e il suo amore, ogni atto della storia umana, guidata da Lui, è da ricordare alla luce di questo amore, che fa leggere in profondità ogni evento. La memoria quindi è azione fondamentale della vita dell’uomo e del suo rapporto con Dio;

2) di tutto il cammino: il cammino nel deserto, dalla partenza dall'Egitto alla terra promessa, è la descrizione della vita, con le sue prove, gioie, dolori, liberata dalla schiavitù del peccato e della morte e diretta verso la pienezza della comunione con Dio;

3) che il Signore ti ha fatto percorrere. per umiliarti: viene rivelato chiaramente che tutto è nelle mani del Signore e che è Lui che predispone e guida questo cammino;

4) per sapere quello che avevi nel cuore: il fine del cammino è la comunione profonda con Dio, cuore a cuore con lui, in una rivelazione dei peccati e delle debolezze dell’uomo, che Dio assume e risana;

5) ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna: ogni prova ha una risposta da Dio che supera ogni aspettativa e rivela un significato nascosto, che porta a leggere e a interpretare la trama della vita non secondo le categorie umane, ma alla luce della provvidenza divina.

6) l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore: viene rivelata all'uomo la sua realtà più intima e vera, il vero sostentamento, la vera vita, nel dono della Parola.

7) Non dimenticare il Signore tuo Dio: si riallaccia al ricordati del v.2, ma qui si giunge al centro e all'essenziale, cioè alla persona di Dio stesso;

8) che ha fatto sgorgare per te acqua, che ti ha nutrito di manna: la sete e la fame, che giungono ad esprimere anche l'anelito a Dio (Sal 42,3; Am 8,11), vengono saziate in modo ineffabile e imperscrutabile (dalla roccia durissima) e del tutto nuovo (manna sconosciuta), come solo Dio può fare.

 

 

1^ Corinzi 10,16-17

16 Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 17 Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane.

 

1) Paolo è interpellato dai cristiani di Corinto intorno all’opportunità o meno di consumare carni provenienti dai banchetti sacrificali dei pagani. Da una parte l’apostolo proclama con forza che il cristiano è libero e che nessun elemento esterno può contaminare la sua coscienza purificata dal sangue di Cristo; d’altro canto, invita i suoi a non offendere in nessun modo la coscienza di coloro per i quali tale libertà possa costituire un problema; anzi, esorta ognuno a non essere temerario, in quanto la via che Dio ha scelto per comunicarsi agli uomini è quella di farsi cibo e bevanda (qui s’inserisce il nostro testo) e dunque chi comunica a banchetti sacrificali pagani rivolti a idoli o demoni si muove con superbia e induce a gelosia il Signore.

2) Il calice della benedizione… il pane che noi spezziamo: è qui richiamato il cuore dell’Eucarestia; vediamo così che la celebrazione di essa si era già affermata come consuetudine nelle Chiese fin dall’inizio. A partire dall’istituzione dell’Eucarestia nella pasqua di Gesù (Mt 26,26-28) e in obbedienza alla sua parola di “fare questo in memoria di lui” (Lc 22,19), i credenti di tutti i tempi ripetono, nell’invocazione dello Spirito, i gesti e le parole dell’ultima cena.

3) non è forse comunione con il sangue di Cristo… non è forse comunione con il corpo di Cristo?: l’assunzione, nello Spirito Santo, del pane e del vino consacrati, realizza veramente e pienamente la comunione con il sangue e il corpo del Signore; si tratta di un livello di rapporto tra persone che non è accessibile in nessun altro tipo di esperienza. In questo segno sublime si rende tangibile l’inabitazione di Cristo nell’uomo e quella dell’uomo in lui.

4) Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: l’Eucarestia, realizzando l’incorporazione dei fedeli in Cristo, capo del Corpo mistico, allo stesso tempo crea la comunione tra le membra di questo corpo. In Cristo ognuno sperimenta di essere una cosa sola con tutte le altre membra del Corpo, presenti, passate e future; perciò l’apostolo può dire tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio (1Cor 3,21-23).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Tra le innumerevoli vicende della storia umana e nella incalcolabile moltitudine delle persone che sono passate per questo mondo, ci sono una "storia" e, infine, una “persona”, nelle quali si concentrano ogni ipotesi e ogni via di verità, di bontà , di bellezza, di speranza, di bene....Si tratta di una storia e di una persona che, collocate in termini assolutamente concreti e verificabili in un tempo, in una cultura, in una particolare interpretazione dell'esistenza, portano in sé un’“elezione” assolutamente universale, per cui ogni altra realtà e ogni altro accadimento nascono e fluiscono in quella particolare storia e in quell’unica persona che sono, per il mondo intero, e per l'intera creazione, l’essenza e la norma, la fonte e il fine, di tutto e di tutti. Questo è il cuore della fede e della sapienza ebraico-cristiana, in alternativa e in certo senso in radicale alternativa, rispetto a tutte le ipotesi e alle fenomenologie religiose passate e presenti nella vicenda dell'intera umanità.

Così, l’esortazione posta all’inizio del brano veterotestamentario di oggi, “Ricordati”, è comprensibile nella sua assoluta rilevanza solo attraverso le considerazioni che prima facevamo: si tratta di “ricordare” appunto quella particolare vicenda storica e infine quella particolare Persona che racchiudono in sé la positività di ogni altra vicenda e di ogni altra umana esperienza. Quella storia assolutamente unica è quella che noi chiamiamo “storia della salvezza”, e quella Persona è l'adorabile persona di Gesù, il Figlio di Maria, il Figlio di Dio, il Messia del Signore: in Lui tutte le cose sono state create e in nessun altro se non in Lui è la salvezza. Tutto questo è semplicemente vero, anzi è “la verità”, l’unica Verità attraverso la quale ogni altro pensiero, o credenza, o giudizio, è , appunto, “giudicato”, “filtrato”, “verificato”. E questo è dato anche al di là di ogni concreta conoscenza o scienza o sapienza, perché questa storia e questa persona sono il principio e la fine di tutto, prima e al di là di tutto.

Questa “storia della salvezza” è l’oggetto di tutta la Santa Scrittura, da Abramo a Davide è in certo senso la medesima storia che, come a onde crescenti, si manifesta e si compie fino al supremo evento del Messia di Dio. Gesù di Nazaret “raccoglie” in sé tutto il senso, la fecondità e l’universalità di quella storia; e dunque quello che la “profezia” vissuta dai padri ebrei ha custodito nei secoli ora è tutto presente e tutto pienamente adempiuto nella persona del Cristo di Dio: questa è la storia e la persona su cui si posa l’elezione di Dio.

La liturgia che il testo dell’Apostolo ci trasmette in questa domenica indica il tempo-luogo supremo nel quale quella storia-persona si rende presente: il calice e il pane sono la nostra suprema comunione con l'evento eletto da Dio per la salvezza di tutto il mondo. L'insistente riferimento del brano evangelico al “mangiare” vuole affermare che la persona di Cristo è quella per cui tutto vive.