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XXIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Matteo 22,15-21

In quel tempo, 15 i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. 17 Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l’iscrizione?». 21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

 

1) I farisei tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo: si mettono d’accordo su come “prendere al laccio”, “prendere con l’inganno” Gesù. L’espressione "prendere al laccio" è usata molte volte nel libro dei Salmi (Sal 123,7. 114,3. 37,13). Tende lacci chi attenta alla vita del Signore: i nemici mi hanno teso un laccio (Sal 141,4); questa è una delle peggiori insidie che possono capitare e dalla quale l’uomo chiede a Dio di essere liberato. I Farisei sanno che è un'opera da empi, non hanno il coraggio di apparire in prima persona e mandano avanti i loro discepoli e gli Erodiani.

2) Nei suoi discorsi (lett. nella parola): hanno capito che sono le parole di Gesù a cambiare il cuore della gente. Forse impauriti o irritati da quello che è stato detto da Lui nella parabola del banchetto di nozze (Mt 22,1-14), cercano di far ricadere su Gesù il sospetto di rivoluzionario o provocatore e quindi di farlo arrestare. Nel cap.21 al v.23 gli chiedono con quale autorità egli ha scacciato i venditori e compiuto prodigi nel tempio; ora, al contrario, rendono testimonianza alla verità della sua parola, ma con intenzione malvagia.

3) Non hai soggezione di nessuno: sono parole insidiose, dirette ad obbligare Gesù ad esporsi con affermazioni di contrapposizione con Erode, come se volesse rovesciarne il potere. Nello stesso tempo, essi pensano di mettere Gesù in difficoltà anche nei confronti di Cesare. Ancora di più, adulandolo, lo tentano riguardo al potere mondano, domandandogli volutamente se è Lui o no colui che è mandato a governare Israele.

4) Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: ipocriti, perché mi tentate? Questo versetto ricorda la risposta che Gesù dà al diavolo nel deserto, quando il Signore scaccia Satana dicendo Non tentare il Signore Dio tuo e Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto (Mt 4,7.10).

5) Di chi è quest'immagine e l’iscrizione? La moneta è una cosa fatta da Cesare, dove Cesare ha messo il suo nome e la sua immagine: è giusto ridargliela, ma il Signore vuole il nostro cuore, quello dove Lui ha stampato la propria immagine (cfr. Gn 1,27 Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza; a immagine di Dio li creò e il Salmo 39,7-8 Sacrificio e offerta non gradisci… allora ho detto: Ecco, io vengo).

 

 

Isaia 45,1.4-6

1 Dice il Signore del suo eletto, di Ciro:

«Io l’ho preso per la destra, | per abbattere davanti a lui le nazioni, | per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, | per aprire davanti a lui i battenti delle porte | e nessun portone rimarrà chiuso.

4 Per amore di Giacobbe mio servo| e di Israele mio eletto| io ti ho chiamato per nome, | ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca. | 5 Io sono il Signore e non v’è alcun altro; | fuori di me non c’è dio; | ti renderò spedito nell’agire, anche se tu non mi conosci, | 6 perché sappiano dall’oriente fino all’occidente| che non esiste dio fuori di me. | Io sono il Signore e non c’è alcun altro».

 

1) Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: il termine ebraico Messia (il testo italiano ha eletto), attribuito qui al re pagano, viene tradotto in greco Cristòs (Unto) e, come è noto, è divenuto nel N.T. il titolo e quasi il secondo nome di Gesù. Nell’A.T. esso ha il significato più ampio e generico di consacrato del Signore. Nel nostro testo indica la protezione accordata da Dio a Ciro, uno “strumento” scelto per realizzare i suoi piani a favore del popolo ebraico.

2) Io l’ho preso per la destra: veramente sorprende l’amorevolezza universale di Dio che si rivolge a Ciro con lo stesso gesto paterno riservato altrove al suo servo Israele, il figlio prediletto (cfr. Is 41,13 e 42,6).

3) Io marcerò davanti a te: come già all’uscita dall’Egitto (Es 13,21), Dio si presenta come guida degli ebrei, capo che marcia davanti al suo popolo.

4) Per abbattere… sciogliere… aprire: l’opera di Dio è innanzitutto opera di liberazione.

5) Spianerò le asperità: viene qui ripresa l’immagine già utilizzata al capitolo 40 (e citata nei Vangeli) della strada appianata. In questo caso non si tratta però di un’esortazione rivolta al popolo che sta ritornando a Sion, ma è Dio stesso che si assume la responsabilità e l’onere della preparazione, impegnandosi a rimuovere ogni ostacolo e difficoltà del cammino (cfr. Gv 14,29: Io vado a prepararvi un posto).

6) Ti chiamo per nome… ti ho chiamato per nome: nei versetti 3 e 4 abbiamo la ripetizione enfatica del medesimo concetto, come Dio, cioè, abbia di persona scelto e guidato Ciro di sua iniziativa, senza curarsi della mancanza di conoscenza di questi (cfr. v. 3 sebbene tu non mi conosca e v. 5 anche se tu non mi conosci).

7) Per amore di Giacobbe mio servo… perché sappiano dall’oriente e dall’occidente: approfondendo il suo argomentare, Dio esplicita le ragioni del suo operato, i motivi che l’hanno portato a scegliere Ciro e a ricoprirlo del suo favore; in questi versetti emerge così in modo grande il tipo e la qualità dell’amore di Dio, la predilezione che egli ha per Israele e nello stesso tempo la tensione universale di tale amore, che Egli vuole rivelare all’intera umanità.

 

 

1 Tessalonicesi 1,1-5

1 Paolo, Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace! 2 Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente 3 memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo.

4 Noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui. 5 Il nostro vangelo, infatti, non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione.

 

1) La lettera ai Tessalonicesi è la prima che Paolo scrive alle varie Chiese. Egli si trova con due fratelli, Silvano e Timoteo: Silvano (Sila), eletto e mandato dagli apostoli ad aiutare Paolo nella predicazione.(At 15,22), Timoteo, un discepolo chiamato Timoteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco; egli era assai stimato dai fratelli... Paolo volle che partisse con lui.(At 16,1-3).

Paolo ringrazia Dio per i cristiani di Tessalonica, perché hanno accolto l’annuncio del vangelo con fede, carità e speranza.

2) Impegno nella fede… operosità nella carità… costante speranza (lett. dell’opera della vostra fede… della fatica dell’amore… e della pazienza della speranza nel Signore): la fede, la speranza e la carità sono per Paolo le tre cose che rimangono (1Cor 13,13) sopra ad ogni altra e ritornano più volte nelle sue lettere. Queste tre virtù, alle quali dobbiamo tendere (1Tm 6,11), sono per noi protezione, elmo e corazza (1Ts 5,8) e sono la rivelazione dell’azione di Dio Padre in tutti (Ef 4,6).

3) fatica dell’amore: per Paolo questa fatica è ineliminabile dalla vita del cristiano ed è un presupposto della sua ricompensa (1Cor 3,8); è tuttavia una fatica illuminata dalla luce del Risorto: la nostra fatica non è vana nel Signore (1Cor 15,58).

4) opera della vostra fede: è l’opera di Dio, che viene consegnata e affidata agli uomini e agisce in ognuno con doni diversi (cfr. 1Pt 1,4: la pazienza completi l’opera di Dio in voi).

5) eletti (v.4): l'elezione avviene grazie alla potenza dello Spirito Santo (cfr. 1Cor 2,4: perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana ma sulla potenza di Dio).

 

 

 

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Sarebbe riduttivo pensare che questa domenica sia dedicata al tema del rapporto con il potere. Si tratta più ampiamente del rapporto con la storia, del rapporto con le nazioni, del rapporto con il tempo, del rapporto con il mondo; certo, in tutti questi ambiti, il problema del potere è ineludibile.

Tutto in ogni modo va’ compreso all'interno della certezza che Dio, il Padre di Gesù Cristo, è Dio e Padre di tutti i popoli; non è un dio regionale, né un dio collegato a una determinata cultura o a una determinata "religiosità": l'ebraismo e il cristianesimo, come dicevamo anche domenica scorsa, sono capaci di entrare in ogni etnia e cultura e di affermare in esse il mistero divino della salvezza e della pace, che ha in Gesù di Nazaret il suo apice e il suo compimento.

In tal senso, nulla sfugge al disegno salvifico di Dio, e quindi anche il potere mondano, il potere politico, può essere "utilizzato" nella storia della salvezza, sia quando si presenta con qualche opportunità-positività, come per Ciro il Persiano, sia quando azioni e opere sono negative come per Erode e Ponzio Pilato. Avete letto "Gog e Magog"?: è un libro che non perde ancora la sua attualità!

Tuttavia mi sembra che la rilevanza più grande sia quella portata oggi dal brano evangelico e quindi dal tema del rapporto con il potere da parte del credente e della comunità dei credenti. Il rischio si presenta su due fronti: il primo - che è anche il più grave e spesso il più insidiosamente celato - è quello dell'idolatria: essa viene spesso "imposta" e spesso passivamente subita e accettata; è molto difficile che il potere riesca e voglia essere veramente "laico": c'è sempre qualche nota di "religiosità" che tende più o meno consapevolmente ad imporsi, anche nelle realtà più quotidiane; pensate a come il Signore è cauto e "relativizzante" anche nei confronti della potestà paterna e materna nella famiglia! La patria, la famiglia, il lavoro, la religione...possono diventare spazi di altrettanti degradi della dignità umana che si asservisce a qualche idolo di potere.

Il pericolo opposto può essere quello di un totale "distacco", di una specie di "angelismo", inaccettabile per la nostra tradizione sapienziale almeno per due motivi. Il primo è che l'incarnazione del Verbo non consente "fughe" da alcun ambito della realtà umana. Il secondo è che la stessa morte-risurrezione del Signore esige che il credente, sia come singolo, sia come membro della comunità cristiana, viva nelle concreta vicenda storica quella Pasqua di Gesù che è il cuore della nostra fede; non "prendere posizione" di fronte al potere vorrebbe dire già concedergli uno spazio indebito. Un buon esempio di questo può essere intravisto anche nel testo dei Tessalonicesi, dove i grandi orizzonti di fede, speranza e carità sono "accompagnati" da pregnanti sostantivi, che purtroppo la traduzione italiana impallidisce e astrattizza: si tratta dell'"opera" della fede, della "fatica" della carità, e della "pazienza" della speranza; è richiesta, cioè, una "traduzione" nella storia dell'opera mirabile della Pasqua che Gesù ha consegnato a tutte le generazioni cristiane.

Ma, mi domando, è poi realizzabile questo rapporto con il potere mondano, in modo che non sia né idolatria né fuga, né asservimento né disinteresse? Gesù è stato bravissimo!! Credo che noi non possiamo far altro che continuamente accorgerci dei nostri errori e convertirci. Sarebbe pericoloso pensare di aver trovato definitivamente una vera laicità, una definitiva libertà e una salda apertura d'amore verso tutti e tutto.