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DOMENICA 4^ DI PASQUA (ANNO A)

 

Giovanni 10,1-10

1 In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 4 E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

6 Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. 7 Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

 

1) In verità, in verità vi dico: Gesù pronuncia questo discorso a seguito della scacciata del cieco nato dal tempio da parte dei farisei, i quali sostengono di essere sapienti e di vederci (Gv 9). Egli spiega che per entrare nel recinto delle pecore bisogna, invece, passare per la porta, che non è la propria sapienza, ma la volontà del Padre (cfr. Gv 5,30: Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che accolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato).

2) chi non entra nel recinto delle pecore per la porta… è un ladro o un brigante: nel vangelo di Giovanni questi due appellativi sono riferiti rispettivamente a Giuda (Gv 12,6) e a Barabba (Gv 18,40).

3) Il guardiano gli apre: l’uso del verbo greco aprire, che ha il significato di aprire l’accesso a cose sacre, ci conduce a pensare che la porta per la quale è necessario passare sia la volontà e l’insegnamento del Padre, racchiusi nelle Scritture. In questo senso ci sembra che Gesù dica Io sono la porta; egli è infatti il Verbo che si è fatto carne (vedi Prologo di Gv). Allo stesso tempo, Gesù è il solo guardiano che può aprire questa porta; ed è quello che ha fatto nella sua morte e Risurrezione, procurandoci la grazia del Battesimo. Suggeriamo un elenco di passi in cui ricorre il verbo aprire, che ci sono sembrati significativi della figura di Gesù come Colui che ci conduce alla salvezza, all’intelligenza della Parola, come aveva fatto domenica scorsa con i discepoli di Emmaus: Sal 78(77),2; Mt 5,2; Mt 27,52–53; Mc 7,35; Gv 1,51; Gv 9; At 14,27; Col 4,3; Ap 3,8; Ap 5,5.

4) le pecore ascoltano la sua voce: la condizione alla quale sono chiamati i discepoli è quella dell’ascolto, il comandamento principale rivolto ad Israele già in Dt 6,4–9 e che Gesù riprende e completa in Mc 12,29. Il fine di questo ascolto è la comunione con il Padre.

5) Egli chiama le sue pecore una per una (lett. per nome): è il dono della grazia battesimale, ottenuta da Gesù per ciascuno con la sua Pasqua, per la quale riceviamo un nome nuovo, segno della nostra appartenenza a Lui, con il quale Egli ci chiama a sé come sue nuove creature.

6) e le conduce fuori: qui è usata la stessa espressione che descrive l’azione potente di Dio che conduce il suo popolo fuori dall’Egitto, dalla condizione servile. Gesù ci ha infatti portato fuori dalla schiavitù del peccato. La stessa espressione è usata in Lc 24,50 quando Gesù porta i discepoli fuori da Gerusalemme a Betania e dopo averli benedetti ascende al Padre: è verso il Padre allora che Gesù vuole portare ed è la piena conoscenza e comunione con Lui quel pascolo che egli fa trovare (Troverà pascolo).

7) e quando ha condotto fuori tutte le sue pecore…: Gesù rafforza il senso dell’espressione precedente, usando un verbo che propriamente significa "scacciare". È lo stesso verbo usato in Mc 1,12 per descrivere l’azione dello Spirito che spinge Gesù nel deserto, dopo il suo Battesimo.

8) Cammina innanzi a loro: nel vangelo di Gv questo verbo ricorre per dire di Gesù che ritorna al Padre. Cfr. Gv 14,12 io vado al Padre; 14,28 se mi amaste vi rallegrereste che io vado al Padre; 16,28 Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre.

9) un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei: i discepoli ascoltano solo la voce del Signore e lo seguono perché in essa riconoscono la voce dello sposo (cfr. Gv 3,28-29); a Lui solo appartiene la sposa, per questo essi non seguiranno altri. Il termine tradotto con estraneo è lo stesso con cui si indicano gli dei stranieri (cfr. Dt 29,25: perché sono andati a servire altri dei e si sono prostrati dinanzi a loro, dei che essi non avevano conosciuti e che egli non aveva dato loro in sorte).

10) Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti: con questa affermazione sembra che Gesù intenda i pastori descritti in Ez 34, ai quali così Dio si rivolge Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi.

11) Se uno entra attraverso di me, sarà salvo: cfr. At 4,12 (In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto al cielo nella quale è stabilito che possiamo essere salvati).

12) Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza: è questa la differenza fondamentale tra il ladro e il pastore o guardiano, tra il vero sposo e l’estraneo, tra il Padre e gli idoli, come spiega Gesù in Gv 6,39-40 (E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo resusciti nell’ultimo giorno. Questa è infatti la volontà del Padre mio, che chiunque vede il figlio e crede in Lui abbia la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno).

 

 

Atti 2,14a.36-41

14 Nel giorno di Pentecoste, Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «36 Sappia con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!».

37 All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».

38 E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. 39 Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». 40 Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa».

41 Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.

 

1) Pietro, levatosi in piedi con gli altri undici…: è il giorno di Pentecoste e Pietro parla pieno di Spirito Santo, a nome di tutti, esprimendo la loro unione e invita tutto il popolo di Israele ad un ascolto attento.

2) quel Gesù che voi avete crocifisso: le parole dell’annuncio di Pietro mettono in evidenza il contrasto tra l’opera di Dio che costituisce Signore e Cristo Gesù (Sal 19,7; Sal 109,1) e l’azione degli uomini che crocifiggono quello stesso Gesù.

3) si sentirono trafiggere (lett. compuncti sunt, furono trafitti): l’ascolto della parola opera uno sconvolgimento che è dallo Spirito e apre alla speranza; infatti chiedono Cosa dobbiamo fare fratelli? Lo stesso avviene alla predicazione di Giovanni Battista (cfr. Lc 3,10).

4) pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare: Pietro invita alla conversione (anche la predicazione di Giovanni Battista e di Gesù: cfr. Mt 3,2; Mc 1,14-15) e al battesimo, per ricevere il perdono dei peccati e insieme lo Spirito Santo, per accogliere in pienezza il dono dell’adozione filiale, frutto della pasqua di Gesù (Mt 3,1; Gv 1,33).

5) riceverete il dono dello Spirito Santo: la promessa dello Spirito Santo (Atti 1,5) è prima di tutto per gli Ebrei, il popolo eletto, e insieme è dilatata ai lontani, ai Gentili, perché il sacrificio di Gesù ha abbattuto il muro di separazione, l’inimicizia, operando nell’unico Spirito l’unità tra i popoli (Gv 10,16; Ef 2,14-22).

6) li scongiurava e li esortava: Salvatevi… : Pietro esorta con forza i suoi ascoltatori ad aderire all’opera salvifica compiuta da Gesù e ad invocare quell’unico nome nel quale siamo salvati (cfr. Gl 3,5; At 4,12)

 

 

1^ Pietro 2,20-25

20 Carissimi, se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio.

21 A questo infatti siete stati chiamati, | poiché anche Cristo patì per voi, | lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: | 22 egli non commise peccato | e non si trovò inganno sulla sua bocca, | 23 oltraggiato non rispondeva con oltraggi, | e soffrendo non minacciava vendetta, | ma rimetteva la sua causa a colui | che giudica con giustizia. | 24 Egli portò i nostri peccati nel suo corpo | sul legno della croce, | perché, non vivendo più per il peccato, | vivessimo per la giustizia; | 25 dalle sue piaghe siete stati guariti. | Eravate erranti come pecore, | ma ora siete tornati al pastore | e guardiano delle vostre anime.

 

Il testo liturgico inizia dal v.20b; leggendo dal v.18, si nota che Pietro si rivolge ai servi raccomandando loro di essere sottomessi ai padroni, buoni o cattivi che siano.

1) Ma se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito a Dio (lett. questa è grazia presso Dio): cfr. il Cantico di frate sole di S. Francesco Laudato sii, mi Signore, per quelli che perdonano per il tuo amore e sostengono infirmitate e tribolazioni. Beati quelli che le sosterranno in pace che da Te Altissimo saranno incoronati.

2) lasciandovi un esempio perché ne seguiate le orme: la parola “esempio” nel greco significa “scritto o disegnato perché un altro imiti”; come nei giochi “unite i puntini numerati” o negli esercizi di “prescrittura”, allo stesso modo noi seguiamo le orme della passione di Gesù. Cfr. anche Gv 13,14-15: Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.Vi ho dato infatti l’esempio perché come ho fatto io, facciate anche voi.

3) Egli non commise peccato…: i vv.22-25 sono una parafrasi e un riassunto del quarto canto del Servo di Isaia 53.

4) Quando era oltraggiato non rispondeva con oltraggi. Cfr. il fioretto di S. Francesco sulla perfetta letizia: Se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima (FF 278).

5) Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce. Cfr. Gv 1,29: Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo.

6) Eravate erranti come pecore: prima eravamo erranti, cioè non avevamo esempi (i “puntini”) da seguire, ora siamo tornati sulla traccia giusta, perché ascoltiamo la voce del pastore (cfr. il brano del vangelo).

 

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Vorrei che la grande rilevanza del testo evangelico non ci portasse ad ignorare la portata degli altri due brani. Per noi in queste righe è importante tenere conto della nota di "dolore" che Atti ci riferisce come partecipazione alla trafissione del cuore di Cristo da parte di chi riceve e accoglie l'annuncio evangelico. Tale "dolore" è da collegare alla figura della "porta" che nel brano giovanneo è citata sia come "entrata", sia come "uscita" per il gregge. Questo serve per dire che il pastore "buono", del tutto diverso da chi entra con violenza nel cortile delle pecore, riceve tutta la sua autorità-autorevolezza dalla sua mite sottomissione alla Parola del Padre - questo è il significato della porta come ingresso verso le pecore - fino al "dolore" della Croce. Per dire quindi che è legittimo un esercizio del potere se a sua volta questo è sottomesso ad altro Potere; un potere che s'impone per sé stesso è a priori illegittimo, perché è proprio solo di Dio. Non c'è autorità legittima se tale autorità non è dunque sottomessa. Questa autorità-autorevolezza del Pastore diventa poi legittimità di coloro che attraverso di Lui "lasciano il cortile". Essi lo fanno non con insubordinazione, ma per superiore obbedienza, appunto "entrando e uscendo" attraverso la "Porta" che in questa accezione è Gesù stesso. Mi sono dilungato in queste osservazioni perché in questi tempi mi sembra molto importante fissare con attenzione i principi che legittimano l'autorità e definiscono la vera libertà. L'immagine di questa uscita dal cortile (traduco così la parola "recinto" perché il termine si riferisce nei testi veterotestamentari al "cortile/recinto" del Tempio), è dunque pasquale, a dire che Gesù è venuto a "morire" nel recinto, e da qui, risorto, chiama e conduce fuori tutti noi perché dietro a Lui possiamo camminare verso il Padre. Se questo recinto-cortile è l'antica economia mosaica, esso significa di fatto tutti i recinti-cortili-sepolcri da cui il Risorto ci chiama per un nuovo cammino di vita. Non sempre tali recinti - e qui ne abbiamo un esempio - sono di per sé situazioni di "peccato": ma ormai l'imperativo etico non è solo un riferimento a "valori", ma la fedeltà alla dinamica incessante dello Spirito che abita e conduce i cuori e la storia.