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XXX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Matteo 22,34-40

34 In quel tempo, i farisei, udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «36 Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?».

37 Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.

39 E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

 

1) I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: questo brano fa seguito ad altri due, quelli sul tributo a Cesare e sulla resurrezione (il caso della vedova dei sette fratelli), nei quali gli avversari di Gesù avevano cercato di metterlo in difficoltà con domande insidiose.

2) Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?: la domanda è simile a quella del vangelo secondo Marco (12,28: Qual è il primo comandamento di tutti?), mentre Luca (10,25: Maestro, facendo che cosa erediterò la vita eterna?) mette in evidenza un interesse prevalente per il raggiungimento della vita eterna.

3) Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente: questo è il precetto dell'amore dato da Dio ad Israele nell'AT (Dt 6,5), amore che coinvolge tutto l'uomo, il cuore, l'anima e la mente (gli altri sinottici aggiungono la tua forza). Questo precetto era ricordato nella preghiera quotidiana ("Ascolta Israele").

4) Appena citato il primo comandamento, Gesù afferma: questo è il più grande ed il primo dei comandamenti e subito aggiunge il secondo è simile al primo. Matteo è l'unico evangelista ad usare la parola simile. La traduzione della TOB (il secondo è altrettanto importante) spiega che la somiglianza sta nella natura e importanza uguale dei due comandamenti; i due comandamenti non sono identici e quindi intercambiabili.

5) Amerai il prossimo tuo come te stesso: questo comandamento era presente anche nella Legge antica (cfr. Lv 19,18: Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso). Con Gesù questo comandamento diventa intimamente connesso con quello dell'amore di Dio. Gesù, con la sua pasqua, ci mostra nei fatti come si fa ad amare Dio ed il prossimo.

6) Da questi due comandamenti dipende tutta la legge ed i profeti: letteralmente, dipende è pende, verbo che nel NT si riferisce al Signore appeso alla Croce. Forse vuol dire che la legge ormai è appesa, in certo modo "morta", per lasciare "risorgere" quest'unico e duplice comandamento dell'amore.

 

 

Esodo 22,20-26

Così dice il Signore: «20 Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. 21 Non maltratterai la vedova o l’orfano. 22 Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, 23 la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.

24 Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse.

25 Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, 26 perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso».

 

1) Non molesterai il forestiero: il forestiero è espresso qui con un termine che indica colui che, per sfuggire a persecuzioni o ad altre avversità, si è stabilito come straniero in Israele, rimanendo in una situazione di minorità, senza gli stessi diritti dei residenti. Per questo Dio in modo insistente comanda di trattarlo come colui che è nato fra voi, di amarlo come te stesso (Lv 19,34), di dargli pane e vestito (Dt 10,18) e maledice chi lede il diritto del forestiero, dell’orfano e della vedova (Dt 24,17. 27,19).

2) perché anche voi siete stati forestieri nel paese di Egitto: i figli d'Israele devono ricordarsi che sono stati schiavi in Egitto e che di là li ha liberati il Signore Dio (Dt 24,17) e che la terra nella quale sono entrati non è un loro possesso, ma è del Signore (Lv 25,23). Sono dei profughi salvati dalla misericordia di Dio e di questa sono debitori a tutti.

3) Non maltratterai la vedova e l’orfano: si tratta, insieme agli stranieri, delle persone più indifese, che, per la loro debolezza, diventano vittime della prepotenza dei più forti. Dio rende giustizia all’orfano e alla vedova (Dt 10,18) e indica al suo popolo una strada di purificazione proprio nel soccorrere l’oppresso, nel rendere giustizia all’orfano e nel difendere la causa della vedova (Is 1,17). Nella Scrittura l’orfano e la vedova vengono a rappresentare ogni forma di povertà (Dt 10,18. 14,29; Sal 93,6; Zc 7,10; Gc 1,27).

4) Se tu lo maltratti… io ascolterò il suo grido: emerge ancora il ricordo della schiavitù in Egitto. Il grido dell’orfano e della vedova è lo stesso degli Israeliti oppressi dagli egiziani (Es 2,23-24). Dio risponde al grido di quanti lo temono, ascolta la loro voce e li salva da tutte le loro angosce (Sal 33,18. 16,7. 144,19).

5) Le vostre mogli saranno vedove… i vostri figli orfani: chi maltratta questi deboli, agisce come l’empio, il malvagio e lo stolto (Sal 108,9. 5,4-5), a lui sembra applicarsi la legge del taglione (Es 21,25s).

6) Se tu presti danaro… all’indigente che sta con te… voi non dovete imporgli alcun interesse: il bisognoso viene indicato dalla Parola di Dio come il povero che sta con te (Es 20,24), il tuo fratello (Dt 23,20-21), in una relazione di tale prossimità e familiarità, da rendere impossibile la richiesta di un interesse.

7) Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole: il mantello deve essere restituito per un duplice motivo. Il primo è che il povero passa giacere in esso, dato che è la sua sola coperta. Il secondo è perché possa benedirti e questo ti sarà contato come una cosa giusta agli occhi del Signore tuo Dio (Dt 24,13): la capacità del povero di benedire gli altri è un segno della presenza di Dio in lui.

8) È il mantello per la sua pelle: la pelle indica l’uomo nella sua fragilità; la nudità va ricoperta (cfr. la tunica di pelle con la quale Dio riveste i progenitori dopo il loro peccato in Gn 3,21 e la coperta che i figli pietosi di Noè impongono al padre in Gn 9,23).

 

 

1 Tessalonicesi 1,5-10

Fratelli,5 ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene.

6 E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione, 7 così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell’Acaia.

8 Infatti la parola del Signore riecheggia per mezzo vostro non soltanto in Macedonia e nell’Acaia, ma la fama della vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, di modo che non abbiamo più bisogno di parlarne.

9 Sono loro infatti a parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero 10 e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall’ira ventura.

 

1) I versetti odierni sono direttamente collegati al testo di domenica scorsa, di cui viene ripreso il v. 5. L’apostolo invita a considerare la profonda comunione fra lui e il Cristo, tanto che il vangelo di Gesù è diventato il suo vangelo, trasmesso non con la sola parola, ma anche in potenza e in Spirito Santo e in molta pienezza, in mezzo ai Tessalonicesi, avendo come unico fine il loro bene (cfr. la Vulgata: in vobis propter vos).

2) E voi siete diventati imitatori nostri: è il passaggio mirabile da cuore a cuore, da Paolo ai Tessalonicesi e a quelli della Macedonia e dell’Acaia, del dono di Dio attraverso la parola, la quale è stata accolta nella tribolazione e nella gioia dello Spirito Santo (cfr. Mc 10,29ss.: In verità vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli… che non riceva già al presente cento volte tanto… insieme a persecuzioni e anche Mt 13,21: appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato).

3) Gli abitanti di Tessalonica sono divenuti tipo, modello di tutti i credenti e per mezzo loro la parola del Signore si è diffusa in ogni luogo (cfr. Rm 1,8: la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo); essi stessi hanno poi annunciato in che modo si sono convertiti dagli idoli a Dio (cfr. 1Cor 12,2: quando eravate pagani vi lasciavate trascinare verso gli idoli muti secondo l’impulso del momento).

4) Il fine di questa conversione è servire al Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall'ira ventura: cfr. Rm 5,9-10 (giustificati per il suo sangue saremo salvati dall’ira per mezzo di lui; se, infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Desidero richiamare la tua attenzione sulla “potenza” che Paolo attribuisce alla persona ed alla vita del cristiano. Purtroppo la traduzione italiana impallidisce ed impoverisce il rilievo del testo che appunto ci mostra la bellezza e la fecondità di un annuncio del Vangelo che non poggia sull’eloquenza dei predicatori o sulle tecniche di persuasione delle varie “pastorali”. Si tratta di neofiti e di persone che vivono in mezzo alle tribolazioni e alle gioie della gente più comune. La loro semplice vita buona è annuncio potente di Gesù.

È a partire da questo che possiamo incominciare – e siamo sempre all’inizio! – ad ammirare le meraviglie della grande invenzione divina della carità. La carità non è cose da grandi, ma da piccoli. La carità peraltro è la vita stessa di Dio seminata e fiorita nei cuori, negli occhi, nelle mani e sulle labbra della gente comune.

La vita di Dio entra potentemente nel cuore e nell’esistenza umana attraverso l’annuncio del Vangelo. La sostanza del Vangelo è la carità di Dio annunciata e comunicata agli uomini e alle donne di tutto il mondo.

Ad alcuni Dio comunica la pienezza della sua Vita, l’Amore, portando a pienezza in loro la lunga via percorsa dai padri ebrei e culminata e adempiuta in totale continuità-novità nell’adorabile persona del Signore Gesù. A tutti gli altri Dio comunica la sua Vita, l’Amore, secondo gradi, modi e ambiti che solo lui prevede e provvede. Il famoso testo di Matteo 25 sul giudizio universale non parla di quegli “alcuni” che noi chiamiamo cristiani. Parla di “tutti gli altri” che hanno in qualche modo ricevuto e fatto fiorire l’Amore: vestendo l’ignudo, visitando il carcerato… e tutto il seguito.

Ai fini della pace, ciò che ogni creatura umana ha in comune con tutti gli altri, come ad esempio il naso o la razionalità, serve poco e talvolta serve a darsele ancora di più.

Il dono dell’Amore è contemporaneamente – vedi come il Padre di Gesù Cristo ci sa fare!! – il più prezioso e il più comune dei doni divini e spesso è usato bene più dai piccoli che dai grandi. È quel dono partecipato a tutta l’umanità il più adatto a costruire e a custodire la pace.