Sto inseguendo da anni un figlio che non ho voluto. E non posso inseguirlo insieme a sua madre, a mia moglie, perché allora proprio lei ho lasciata sola a decidere. Ero io a non sopportare in quel momento quella nascita, e gliel’ho detto con molta violenza, ma le ho detto che doveva arrangiarsi. Lei ha preso la decisione senza dirmi altro, e da allora, quindici anni fa, non ne ha più parlato. E io non ho avuto il coraggio di riaprire il discorso. Tutto sembra normale nella nostra vita e abbiamo tre figli molto bravi e buoni. Ma quel silenzio non mi lascia in pace. Scrivo alla sua rubrica, perché spesso sono a Bologna per lavoro, ma vivo in Sicilia con la mia famiglia. Ho letto qualche volta le sue risposte nella rubrica domenicale. Se le sembra una mia violenza, non si preoccupi di rispondere……
Non mi sorprende troppo, né mi sembra una violenza la sua lettera nella quale lei mi spiega tanti particolari che non posso qui trascrivere. Molte volte accade che proprio con le persone più importanti della nostra vita, come vedo bene essere per lei sua moglie, e proprio per vicende le più delicate, difficili o dolorose, scende, inevitabile e gravoso, il silenzio. Lei non mi fa capire se le è possibile, o magari inevitabile, fare una lettura di questi fatti anche alla luce della fede. Non posso quindi che tenermi sul piano di una interpretazione e di un vissuto semplicemente umano. Anche se mi è inevitabile accennarle: “c’è poi qualcosa di più altamente e profondamente umano della parola e della fede di Gesù?”. Allora le dico: non si senta giudicato! Davanti agli eventi della vita, e persino davanti a noi stessi, siamo molte volte molto piccoli e molto poveri. Quando poi avvertiamo la nostra responsabilità e la nostra colpa, non possiamo che sperare che una mano venga a noi e ci sollevi. Altrimenti non possiamo che rimanere nella nostra angoscia. E di chi è questa mano? Per quello che intendo dalle sue parole non può essere che la mano della sua sposa. Anche perché lei mi da buoni motivi per pensare che sua moglie stessa sia prigioniera di un silenzio che solo il suo uomo può visitare e consolare. Mi sento quindi indotto ad un pensiero: forse proprio il coraggio di confessare a sua moglie il peso dell’averla lasciata sola, donerebbe la strada della consolazione ad entrambi. E vi donerebbe lo stupore per come il vostro volervi bene sia potente non solo a liberarvi, ma anche a mostrarvi che l’amore che vi unisce sia molto più grande di ciò che vi ha diviso. Lo dico perché tante volte ho visto come questi piccoli che non abbiamo voluto, diventino allora i più preziosi dei nostri amici, fino ad essere la fonte inaspettata di una fede che ancora non abbiamo conosciuta.
Buona Domenica con grande affetto per lei e per la sua famiglia.
E per tutti del Carlino.
Don Giovanni.
Domenica 11 agosto 2013.