Giovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Dicembre 2013.
Gerusalemme. Ogni anno mettiamo insieme un pellegrinaggio in Terra Santa. Due fratelli della mia comunità, Lorenzo e Andrea, hanno casa nell’ex-pollaietto delle Suore della Carità, in un bel giardino sul Monte degli Ulivi. È occasione per stare qualche giorno con loro. Lorenzo è una straordinaria guida per i pellegrini. Per lui quel lavoro è vera passione, di studio, di preghiera, e di contatti sempre nuovi e fecondi con le popolazioni, i luoghi, le memorie e i drammi dolorosi del conflitto tra i due popoli che non sono capaci di trovare le vie della giustizia e della pace tra loro. Le giornate di visita e di preghiera terminano spesso con un incontro serale con qualcuno che ci racconta la sua esperienza: così ascoltiamo e dialoghiamo con palestinesi, con israeliani e con residenti stranieri. Da loro è emersa quest’anno in modo più forte un’analisi che già negli ultimi due anni vedevo svilupparsi e affermarsi circa la speranza della pace. Una piccola, fragile speranza, per la verità! Piuttosto, un rimedio e un tentativo di avviare una possibile soluzione del doloroso conflitto. Noi siamo abituati a pensare che l’obiettivo sia quello della costituzione di uno stato palestinese veramente libero, autonomo e sovrano che consenta l’indipendenza e la convivenza delle due nazioni. Ma quest’anno abbiamo sentito il corale rifiuto di un’ipotesi che sembra sempre più difficile se non impossibile. I territori dell’attuale amministrazione palestinese sono geograficamente isolati l’uno dall’altro e quindi in realtà “reclusi” nel territorio dello stato d’Israele. La “sicurezza” è di fatto un regime di polizia armata, e quella che avanza è l’invasione del territorio da parte delle “colonie” israeliane, insediamenti forzati, protetti militarmente, e tesi ad “assediare” le città e i villaggi palestinesi. Quindi, malgrado la stampa internazionale e i discorsi ufficiali continuino a parlare dei due stati, avanza sempre più il pensiero che in realtà si debba sperare e progettare un unico stato, nel quale una delle popolazioni, quella palestinese è attualmente discriminata e privata in modo gravissimo degli elementari e basilari diritti di libertà e di cittadinanza. La pace non starà quindi nel riuscire a dividersi, ma nel volere cercare e trovare la strada dell’unità e della giustizia. E siccome questa ipotesi sembra impossibile, proprio per questo costringe a pensieri e a conversioni culturali e spirituali di grande portata. Non c’è stato il tempo, quest’anno, per una breve visita ad una “strana” ikona della Madre di Dio, che per me è diventata molto importante. All’uscita da Betlemme, quando ci si deve fermare al controllo di sicurezza, grande e imponente come un confine tra gli stati, una piccola passeggiata lungo il muro di separazione eretto da Israele, che in quel punto è particolarmente alto, incombente e angosciante, porta ad un angolo, dove, proprio sul muro, una mano anonima e valente ha dipinto una bella immagine della Madonna. Una sua mano forse vuole asciugare una lacrima dal suo viso. Sotto di Lei è dipinto un varco, al di la del quale due ulivi segnano un sentiero verso Gerusalemme. Per me è diventato un nuovo luogo santo, dove la Donna genera la Pace.