5 Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. 6 Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. 7 Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, 8 ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, 9 fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.
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E’ notevole che, nella designazione dei responsabili della comunità cristiana, si dia primaria importanza alla loro condizione matrimoniale – “marito di una sola donna” – e famigliare: “abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati” (ver.6), e quindi richiedendo che siano persone sperimentate nella convivenza e nella comunione con la donna e con figli, esperti di nuzialità e di paternità. E conferma questo al ver.7 dicendo che il vescovo e “amministratore di Dio…”, e cioè capace di custodire e guidare la vita comunitaria, cioè la vita di fratelli e sorelle che, nella diversità delle loro condizioni e funzioni, hanno come elemento fondamentale tra loro la comunione d’amore, l’essere tutti partecipi dell’unica famiglia di Dio. Questo mi sembra confermato al ver.8 quando si dice che deve essere ospitale (alla lettera, “amante dello straniero), amante del bene…, e quindi libero dai difetti di individualismo e violenza elencati al ver.7.
La sua guida fondamentale è la Parola di Dio alla quale sarà “fedele” (alla lettera “appassionatamente sollecito”), sia per esortare nella sana dottrina, una dottrina potente a sanare (!), sia per respingere gli oppositori di essa. Una persona di comunione, dunque.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.