Antonella Meliadò Middle School 8 maggio 2010 – Non sono mai in pace: nè in famiglia, perchè continuo a inseguire con apprensione la vita dei miei figli e di mio marito,nè al lavoro, perchè il clima dell’ufficio è diventato molto teso, anche perchè diversi temono di essere messi a casa, e neanche in chiesa, perchè quello che vedo alla televisione e leggo sui giornali mi angoscia anche per la situazione della chiesa. Il suo modo di pensare e di rispondere alle questioni che le pongono mi fa pensare che lei sia in pace. Vuol dire qualcosa su questo argomento?

Gentile Signora, se quando legge queste parole è già stata a Messa, avrà già ascoltato Parole di pace dal Signore stesso nel Vangelo di questa domenica e nel commento che ne avrà fatto il suo parroco. E’ anche per questo che ho scelto il suo messaggio tra quelli arrivati negli ultimi giorni. Tento anch’io di dirle una parola. Credo sia bene tener presente che nella tradizione ebraico-cristiana la pace non è tanto una situazione in cui ci si può – raramente, dice lei – trovare, quanto un avvenimento, un’azione. Gesù dice oggi: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace". Dunque la pace è il regalo che Gesù ci porge. Regalo che ci affida perchè anche noi consegniamo la pace a chi ci è accanto. Mentre la "pace del mondo" è l’assenza del conflitto perchè finalmente qualcuno ha vinto e gli altri hanno perso e si mettono buoni stando sottomessi al vincitore, la pace di Gesù è molto vicina al "voler bene". Per donarci la pace Gesù dà la vita per noi. Gesù ha fatto la pace con noi gettando un ponte di pace tra Lui e noi. Ognuno di noi è chiamato ad essere pacificatore, che vuol dire "facitore di pace", e magari pontefice, che vuol dire facitore di ponti. Ho visto che se ci si mette in questa prospettiva, la pace diventa la nostra alta responsabilità quotidiana. Per assurdo direi che fare la pace è la nostra buona battaglia di ogni giorno. Ogni persona, ogni vicenda come ogni imprevisto…tutto aspetta la nostra azione di pace. Si può fare la pace con la preghiera e con le nostre parole, con le nostre azioni e anche con il silenzio. Certe volte, per esempio accanto ad un malato, non riesco a far altro che piangere. Fare la pace annulla la distanza. Anni fa uscì un bel libro di inconsuete memorie ebraiche dal Lager, per dire che, accanto a molti orrori, erano successe anche cose bellissime. Come quell’ebreo di Ferrara che si è salvato dal Lager insieme a suo figlio sedicenne, perchè tutte le notti riposavano abbracciati strettamente tra loro. O come Etti Hillesum che ha voluto affrettare la sua andata ad Auschvitz per essere una piccola tenda di preghiera a Dio per la salvezza dei carnefici degli ebrei. Credo che occuparsi di pace in questo modo, senza retorica e senza ideologismi, porti frutto. Proviamo anche noi a fare della pace il nostro umile e lieto programma di ogni giorno. Buona Domenica. d.Giovanni.