1 Supplica. Di Davide.
Signore, tendi l’orecchio, rispondimi,
perché io sono povero e misero.
2 Custodiscimi perché sono fedele;
tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te confida.
3 Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
4 Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, rivolgo l’anima mia.
5 Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
6 Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche.
7 Nel giorno dell’angoscia alzo a te il mio grido
perché tu mi rispondi.
8 Fra gli dèi nessuno è come te, Signore,
e non c’è nulla come le tue opere.
9 Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
10 Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.
11 Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
tieni unito il mio cuore,
perché tema il tuo nome.
12 Ti loderò, Signore, mio Dio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome per sempre,
13 perché grande con me è la tua misericordia:
hai liberato la mia vita dal profondo degli inferi.
14 O Dio, gli arroganti contro di me sono insorti
e una banda di prepotenti insidia la mia vita,
non pongono te davanti ai loro occhi.
15 Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
16 volgiti a me e abbi pietà:
dona al tuo servo la tua forza,
salva il figlio della tua serva.
17 Dammi un segno di bontà;
vedano quelli che mi odiano e si vergognino,
perché tu, Signore, mi aiuti e mi consoli.
Quello che il Salmo precedente suggeriva mi sembra ampiamente confermato e arricchito oggi nel Salmo 85(86), che mi suggerisce la beatitudine dei “poveri in spirito” come protagonisti privilegiati di questa preghiera. L’orante si presenta già al ver.1 come “povero e misero”, e contemporaneamente “fedele”: è un “servo che confida” nel suo Signore. Siamo ben lontani, direi all’opposto, da una “santità” concepita come perfezione. Qui, se vogliamo usare il termine “santità”, non possiamo pensarla che come dono. Qui, meravigliosamente, il “santo” è un povero peccatore, esperto della misericordia divina: “Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca”(ver.5). Dunque, anche la preghiera non si presenta come un processo di spiritualizzazione e di elevazione, ma come il grido del povero: “a Te grido tutto il giorno”(ver.3), un povero che riceve in dono dal Signore anche la gioia: “Rallegra la vita del tuo servo”(ver.4). La fede è così l’esperienza concreta di una vita che non è più nella solitudine perché Dio ci ama e ci accompagna. La fede è come un grido ascoltato da Dio (ver.7).
Proprio per la ricchezza e la profondità di tale esperienza il credente può “parlare” di Dio. I vers.8-10, sempre rivolgendosi a Dio, e quindi sempre “nella preghiera”, lo riconoscono e lo lodano: “Fra gli dèi nessuno è come Te, Signore”. Come ho già detto per altri luoghi che abbiamo incontrato nel Salterio, gli “dèi” sono tutte le potenze e tutti i “potenti” che dominano la storia umana. Ma Dio non è confrontabile con essi. Anzi, Egli è proprio quello che loro assolutamente non sono. Non è dunque “il primo” tra tutti, ma il radicalmente “altro”: “Grande tu sei e compi meraviglie: Tu solo sei Dio”(ver.10). La sua grandezza è appunto quella che il povero sperimenta come dono di salvezza e di vita nuova..
La vita stessa del credente diventa allora annuncio, perché nessuno più di lui può dire la bontà e la potenza dell’amore di Dio. Non si tratta di una teoria e neppure di una dottrina, ma prima di tutto e soprattutto di un’esperienza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Che grande fede ha questo orante! E’ certo che il suo Dio sia il solo, l’unico a compiere meraviglie. Sa che è fatto di misericordia e bontà, amore e fedeltà, che dà ascolto e rallegra… Al v.13 afferma che ha liberato la sua vita “dal profondo degli inferi” (dallo Sheòl dice la Bibbia di Ger., “dal profondo abisso” dice un’altra traduzione). A maggior ragione noi che siamo in Gesù e lui in noi: tutto ci è dato in lui. Tra le particolarità del salmo, una nota segnala che, dove si afferma che il Signore è buono e “perdona”(v.5), alla lettera si dice, con un aggettivo, che è “perdonatore”: caso unico, anche se il verbo è di uso frequente.
Al versetto 5 si dice che il Signore perdona ed è usato un sostantivo che vuole indicare non tanto un’azione puntuale, un attributo della natura stessa di Dio, e in un certo senso un suo nome: Egli è perdonatore. Se Dio è così, si capisce perchè Gesù chiede a Pietro una misura assoluta di perdono (settanta volte sette), partecipare della stessa natura divina del Padre dei cieli.
Il versetto 15 integra il versetto 5. Questi due versetti insieme ci rivelano come è il nostro Dio nella sua verità più profonda.