1 Canto delle salite. Di Davide.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
2 Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
3 Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
4 È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
5 Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
6 Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
7 sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
8 Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su te sia pace!».
9 Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
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La nota di grande gioia, e soprattutto la presenza forte della parola “pace” definiscono la preghiera di questo Salmo come attenta a cogliere il significato profondo della città e del convenire in essa delle tribù di Israele, segno di quella Gerusalemme celeste che alla fine della bibbia troviamo come convenire universale dei popoli e segno privilegiato dell’umanità come Sposa del suo Signore. Il cammino verso Gerusalemme è dunque parabola del cammino dell’intera umanità e della destinazione finale della storia. E’ dunque di grande rilievo la connessione profonda tra “Gerusalemme” e “la casa del Signore”(vers.1-2). Arrivare a Gerusalemme è celebrare l’esito finale del viaggio della vita. E mi sembra immagine luminosa della nostra vicenda attuale, quella che possiamo identificare con l’istante di questa nostra stessa preghiera: la mèta raggiunta e i nostri piedi posati all’ingresso, alle porte, agli atri della Città. Il ver.3 gode della traduzione meravigliosa che ne ha fatto Maddalena di Monteveglio, quando lo rende con queste parole: “Gerusalemme, costruita come città, di cui si partecipa tutti insieme”. Mentre quindi la traduzione ufficiale dall’ebraico sottolinea la compattezza architettonica della città, le versioni latina e greca – ma tale a me sembra anche il testo originario ebraico! – esaltano la convergenza dei molti e dei diversi nella stessa comunità della Città Santa. Il termine reso con l’espressione “di cui si partecipa” è la parola greca che designa i “meteci”, e cioè quegli stranieri assimilati al popolo dell’antica Atene, ed è la base etimologica di quel “meticcio” e dell’orrendo “meticciato” di cui si è ampiamente servita la recente sottocultura del nostro paese. Gerusalemme come luogo di convergenza e di partecipazione di tutte le tribù di Israele profetizza il convergere delle nazioni al monte di Sion! Tre volte all’anno, per le tre grandi feste della Pasqua, della Pentecoste e delle Capanne le tribù convengono a Gerusalemme dove dunque si compie l’immagine della comunione dei diversi. Per questo è così essenziale la preghiera e l’augurio della pace per Gerusalemme! Pace delle persone e pace dei luoghi, come chiedono i vers.6-7. E ognuno chiede la pace di Gerusalemme per il bene dei suoi cari – “i miei fratelli e i miei amici”! – e per tutta “la Casa del Signore”. Che bellezze divine ci sono nei Salmi! Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.