1 Canto delle salite.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
2 Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.
3 Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
4 Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.
5 Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
6 Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
7 Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
8 Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.
Quanto all’espressione “Salmo delle Ascensioni” che nella nuova versione italiana diventa “Canto delle Salite”, vi rimando alle note delle vostre bibbie. A me piace in ogni modo, quando vado a Gerusalemme, celebrare questi quindici Salmi come la preghiera che mi porta e mi accompagna verso la Città Santa. Nella nostra preghiera ordinaria noi li celebriamo la domenica mattina all’Ora delle Lezioni, che noi chiamiamo solitamente “Mattutino”, e che è per noi la prima preghiera della giornata, per molti mesi dell’anno celebrata quando è ancora buio. Amo questi Salmi che mi portano la luce e verso il cuore della Domenica, verso la memoria domenicale della Pasqua di Gesù.
L’espressione del ver.1 “Nella mia angoscia…” sarebbe più letteralmente “nel mio tribolare”, “nella mia tribolazione”. Questa parola dice qualcosa di diverso e in più rispetto al termine “angoscia”, perchè indica uno stato spirituale e psicologico di fatica, ma anche le vicende faticose o pericolose della vita che provocano il turbamento del nostro animo. Per esempio in 2Co7,5 Paolo parla di queste tribolazioni e le descrive come “battaglie all’esterno, timori all’interno”. La tribolazione diventa addirittura il volto globale dell’esistenza del credente: “Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo”(Giovanni 16,33). E questa mi sembra la condizione profonda che il nostro Salmo vuole descrivere. Il Salmo cioè mi sembra si riferisca non a qualche singolo episodio della vita, ma ad una situazione che accompagna l’intera esistenza del credente.
Per quanto riguarda il ver.2 io lascerei aperta la possibilità di interpretare queste labbra bugiarde e questa lingua ingannatrice non solo e forse non tanto come labbra e lingua altrui, ma anche e soprattutto come le nostre stesse labbra e lingua! Può certamente trattarsi di lotte con situazioni esterne, ma nel volto quotidiano della mia vita vedo che le prime labbra e lingua con cui devo fare i conti sono le mie! E proprio per questo sperimento la potenza di quelle “frecce acute”(ver.4) che potremmo intendere come mandate non da un generico “potente”, ma, come suggerisce la versione greca, come le frecce “del Potente”, cioè del Signore. Il Vangelo è sempre il giudizio del Vangelo, che provoca in noi la morte della creatura e la risurrezione in noi del Verbo incarnato.
I vers.5-6 descrivono con molta efficacia la condizione di straniero, pellegrino e ospite che caratterizza la vita del cristiano. Quello che ha caratterizzato sempre la condizione ebraica di eterna peregrinazione – forse il termine stesso “ebreo” proviene da una radice verbale “avar” che appunto significa “passare”, quindi un incessante andare – diventa secondo l’insegnamento delgli Apostoli, particolarmente delle lettere di Pietro, la condizione propria del cristiano. I termini “parrocchia, parroco” nascono da una radice greca che vuol dire una dimora provvisoria, non una vera casa, perchè non abbiamo qui la nostra stabile dimora. In questo senso secondo Pietro noi siamo tutti “parroci”.Per questo i cristiani e la Chiesa devono incessantemente vigilare contro il pericolo di mondanizzarsi entrando nelle logiche della sapienze della mondanità. Mi sembra che qualche volta gli ebrei siano più bravi di noi in questo!
Tutto ciò determina il volto dell’esistenza del credente come inevitabilmente bellicoso! E questo è indubbiamente drammatico per un cammino interiore ed esterno che dovrebbe esprimere e proclamare la Pace! Ma, come ascoltiamo dal ver.7, è proprio quella “Pace” che per Efesini 2,14 è il nome stesso del Signore Gesù, a richiedere che continuamente si operi anche pericolosamente per abbattere ogni “muro di separazione” tra noi e tra Dio e noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni