Ghimel. 17 Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
18 Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.
19 Forestiero sono qui sulla terra:
non nascondermi i tuoi comandi.
20 Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi giudizi in ogni momento.
21 Tu minacci gli orgogliosi, i maledetti,
che deviano dai tuoi comandi.
22 Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho custodito i tuoi insegnamenti.
23 Anche se i potenti siedono e mi calunniano,
il tuo servo medita i tuoi decreti.
24 I tuoi insegnamenti sono la mia delizia:
sono essi i miei consiglieri.
Salmo 119(118),17-24

Ieri la figura emergente era quella del giovane. Oggi è quella del “forestiero”, che nella versione greca del testo suona come “paroicos”! Il termine dice la persona e la condizione non solo del forestiero ma anche quella del pellegrino. Si tratta dunque di un forestiero di passaggio. È la struttura portante del popolo ebraico in cammino verso la sua terra promessa, e che da questa condizione viene definito, per cui sempre dappertutto egli è così ! E tale è e deve essere il discepolo di Gesù la cui estraneità è strettamente connessa con la nuova cittadinanza che egli, come figlio di Dio, ha con il cielo, con la Casa del Padre ! È interessante considerare per un momento in questa prospettiva la realtà della “parrocchia” e del “parroco”, essendo chiaro ed evidente che tutti è tutte siamo “parroci”, cioè appunto forestieri e pellegrini! Nel nostro brano è evidente il legame tra la condizione dello straniero-pellegrino e quella di “servo” del Signore affermata al ver.17 e al ver. 23. Abbiamo così un’immagine molto forte del credente, che proprio per questo dipende totalmente dal suo legame con Dio, e dall’altra è esposto alla fatica e al pericolo della sua collocazione nel mondo. È emblematico al riguardo il ver.23 : “Anche se i potenti siedono e mi calunniano, il tuo servo medita i tuoi decreti”.
Bisogna evitare il male più grave per il credente , che è l’orgoglio, cioè la presunzione e la pretesa di bastare a se stessi e di non aver bisogno d’aiuto : “Tu minacci gli orgogliosi, i maledetti, che deviano dai tuoi comandi “(ver.21). Invece il credente, il servo del Signore, è totalmente legato a Lui, come esordisce il nostro testo: “Sii benevolo con il tuo servo…”, espressione che alla lettera esprime la necessità che il Signore riconosca il suo servo e lo ricompensi donandogli la sua Parola, di cui il servo vive: “..e avrò vita, osserverò la tua Parola”. Il desiderio di ricevere la Parola si presenta oggi come una condizione di assoluta necessità : “Io mi consumo nel desiderio dei tuoi giudizi in ogni momento “(ver.20), e la stessa urgenza esprimono tutti i passaggi del nostro brano.
Tuttavia non è solo impellente necessità , ma come sempre è anche la gioia di chi vuole considerare “le meraviglie della tua legge” (ver.18) e si consuma “nel desiderio dei tuoi giudizi in ogni momento” (ver.20), perché “I tuoi insegnamenti sono la mia delizia: sono essi i miei consiglieri” (ver.24).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Sii benevolo con il tuo servo”, “sii buono” (dice la Bibbia di Ger.), “abbi cura” (dice un’altra traduzione): e noi sappiamo che è così; Gesù ci ha garantito che Dio ci vuole bene, che è buono con noi e che, per giunta, ci ha elevati dal rango di servi a quello di figli e amici. Possiamo dire con il salmista: “Avrò vita!”, quella pienezza di vita, di sicurezza e felicità, che solo Lui ci può dare. – Intanto, “aprici gli occhi”, poiché – condizionati dall’abitudine, dal nostro percepire quasi solo le cose materiali, dalla nostra fede modesta… – non siamo capaci di vedere le meraviglie del tuo amore. – Siamo tutti forestieri e pellegrini: questo vale ancor più per quelli che, come me, vivono ormai l’ultima fase della vita in questa bella terra; un motivo di più per fare della sua Parola il proprio cibo e la propria delizia.