Zain. 49 Ricòrdati della parola detta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50 Questo mi consola nella mia miseria:
la tua promessa mi fa vivere.
51 Gli orgogliosi mi insultano aspramente,
ma io non mi allontano dalla tua legge.
52 Ricordo i tuoi eterni giudizi, o Signore,
e ne sono consolato.
53 Mi ha invaso il furore contro i malvagi
che abbandonano la tua legge.
54 I tuoi decreti sono il mio canto
nella dimora del mio esilio.
55 Nella notte ricordo il tuo nome, Signore,
e osservo la tua legge.
56 Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
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Non c’è luogo del mondo e non c’è ora del giorno o della notte che ci possa allontanare dalla gioia di cantare la Sua Parola, Gesù nostra consolazione.
Questo “ricordati della Parola detta al tuo servo” mi porta alla Parola detta da Gesù nella Cena Pasquale: “fate questo in memoria di me”, che ha il duplice significato di essere il ricordo che noi facciamo della sacrificio d’amore del Signore Gesù, ed è il ricordare a Dio Padre il sacrificio d’amore del suo Figlio. La “Parola detta al servo” è la Parola di Dio che Dio stesso ci ha donata e ci dona, ed è nella sua pienezza quel “Verbo fatto carne” che è Gesù! Questa è la nostra speranza! Per questo gli chiediamo di ricordarla!
La “miseria” di cui dice il ver.50 è quella “povertà” di cui nel Magnificat canta la Madre di Dio, che ha guardato alla povertà-umiltà della sua serva. Per questo mi sembra più semplice dire che la consolazione del credente nella sua povertà-umiltà è sapere e affermare che “la tua Parola mi fa vivere”. Così il ver.50. Gli “orgogliosi” del ver.51 sono l’opposto di quel povero-umile che è la condizione propria del credente, che nella sua povertà tutto riceve da Dio e che nella sua umiltà tutto chiede a Lui e per tutto lo ringrazia e lo loda. Per questo egli reagisce all’insulto degli orgogliosi del ver.51: “ma io non mi allontano dalla tua legge”, dove la legge è appunto quella Parola che salva e guida la vita del credente. Il ricordo di questa Parola (“i tuoi eterni giudizi”) è la sua consolazione (ver.52).
Non mi piace la versione italiana del ver.53, dove la versione greca propone piuttosto: “Sconforto mi ha preso per i peccatori che abbandonano la tua legge”. Questi peccatori sono quegli “orgogliosi” che abbiamo incontrato al ver.51, che abbandonano la Parola di Dio perché sono norma e guida di se stessi!
Rispetto a loro, il credente vive, dice il Salmista: “nella dimora del mio esilio”. Questo mondo non è la patria del credente. Qui egli è di passaggio, in cammino verso la casa del Padre, e per questo egli si considera ed è “in esilio”. Questo esilio è però pieno dei doni e dei segni della Casa. Per questo egli dice: “I tuoi decreti sono il mio canto nella dimora del mio esilio”. In questa “notte” della storia il credente, al ver.55, ricorda il nome del Signore. E conclude: “Tutto questo mi accade perché ho custodito – si potrebbe rendere anche con “ho ricercato” – i tuoi precetti”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.