Tau. 169 Giunga il mio grido davanti a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170 Venga davanti a te la mia supplica,
liberami secondo la tua promessa.
171 Sgorghi dalle mie labbra la tua lode,
perché mi insegni i tuoi decreti.
172 La mia lingua canti la tua promessa,
perché tutti i tuoi comandi sono giustizia.
173 Mi venga in aiuto la tua mano,
perché ho scelto i tuoi precetti.
174 Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è la mia delizia.
175 Che io possa vivere e darti lode:
mi aiutino i tuoi giudizi.
176 Mi sono perso come pecora smarrita;
cerca il tuo servo: non ho dimenticato i tuoi comandi.
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Siamo al termine di questo mirabile cammino di preghiera: un mirabile cammino “nella” preghiera. In questi ultimi versetti sembra di cogliere il desiderio di considerare tutta la relazione tra il Salmista e il Signore – tra Gesù e il Padre? Tra ciascuno di noi e il Signore Padre, Figlio e Spirito Santo? – ormai tutta raccolta, illuminata e interpretata dalla preghiera. Come se Dio da una parte, e l’orante dall’altra fossero del tutto rappresentati – resi presenti l’uno all’altro – dalla preghiera che è stata celebrata. Possiamo, mi pare, cogliere tali elementi di tutta questa grande preghiera.
Il mio grido davanti a Te e la tua Parola (ver.169). la mia supplica e la tua promessa (ver.170). Dalle mie labbra la tua lode e a me il tuo insegnamento dei tuoi decreti (ver.171). Il mio cantare la tua promessa e la giustizia dei tuoi comandi (ver.172). L’aiuto della tua mano e la mia scelta dei tuoi precetti (ver.173). La salvezza che io desidero e la delizia della tua legge (ver.174). La mia speranza di poter vivere e darti lode e l’aiuto dei tuoi giudizi (ver175). E’ affascinante che tutti i termini e i passaggi di questa preghiera non vengano “superati”, e messi da parte. Dal primo all’ultimo versetto tutto è se mai sempre più profondo: la mia povertà e il dono della tua salvezza!
Dunque: mirabile la sorpresa finale dell’immagine della pecora smarrita! “Mi sono perso come pecora smarrita; cerca il tuo servo: non ho dimenticato i tuoi comandi”. Noi sempre più poveri, o per lo meno sempre più consapevoli della nostra miseria. Ma sempre più “esperti” della potenza e della dolcezza della misericordia del Signore. Di questa dolce e potente misericordia non diminuisce in noi e per noi il bisogno e la supplica. Tutto mirabilmente cresce. Per questo invito la fanciulla di Nazaret a commentare quest’ultimo versetto: E lei dice così: “Dio ha guardato alla miseria della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome” (Luca 1,48-49).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Leggiamo in questi versetti una lunga serie di verbi “esortativi”: Giunga il mio grido…, Venga davanti a te…, Mi venga in aiuto la tua mano…, Che io possa vivere e lodarti… Poi, proprio alla fine, un verbo “indicativo” (e inaspettato) che dice come stanno le cose: “Mi sono perso come pecora smarrita”! Ed è così anche per noi: andiamo vagando perdendo facilmente la strada e la mèta… Ma Dio, che ci conosce bene, ha già provveduto: Gesù è il pastore, quello “buono”, cioè l’eccellente, l’unico, che viene a recuperarci, ci carica sulle spalle e ci riconduce. E’ ben appropriata allora, a questo punto, l’ultima preghiera del salmista e nostra: “Cerca, Signore, il tuo servo”, il quale – pur nel suo smarrimento – non dimentica la tua Parola, la tua “legge”…