10 (115 ,1) Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
11 (115,2) Ho detto con sgomento:
«Ogni uomo è bugiardo».
12 (115,3) Che cosa renderò al Signore
per tutti i benefici che mi ha fatto?
13 (115,4) Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.
14 (115,5) Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo.
15 (115,6) Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli..
16 (115,7) Ti prego, Signore, perché sono tuo servo; io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
17 (115,8) A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore.
18 (115,9) Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo,
19 (115,10) negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme.
Alleluia.
Salmo 116,10-19 (115)

La traduzione italiana del ver.1 mi sembra deviante rispetto al testo che afferma: “Ho creduto, per questo ho parlato (ho detto): io sono molto umiliato (povero)”. Fede e povertà sono intimamente connesse, perché la fede è la scoperta della nostra povertà , della nostra miseria, visitata da Dio e dal suo dono di salvezza. E’ prezioso ancora una volta ricordare il canto del Magnificat dove Maria dice che Dio ha guardato alla sua povertà e ha compiuto in lei grandi cose. Questo è essenzialmente il dono e l’evento della fede! E’ il principio della nostra salvezza, il principio e il compimento dell’opera salvifica del Signore nella nostra piccola e povera esistenza. L’inizio delle sue meraviglie in noi e per noi. In modo severo il ver.2 conferma dicendo la vanità ingannevole della condizione e del pensiero umano (“ogni uomo”!).
I vers.3-4 sono l’inno di ringraziamento al Signore per tutto quello che Egli ha fatto per noi: un gesto liturgico che esprime e risponde al dono ricevuto. Ma il dono ricevuto è anche il cammino di salvezza che si deve percorrere: “Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo” e così il segno liturgico diventa la sostanza della vita del credente fino all’evento supremo dell’offerta della vita: “Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli”. Veramente, la fede fa nuove tutte le cose! Anche la morte che diventa offerta della vita e dunque apice dell’amore!
La vita del credente descritta ai vers.7-8 descrive questa vita nuova. E’ quella del servo del Signore che Egli ha liberato da antiche servitù e che ora è diventata un “sacrificio di lode” che esalta e glorifica il nome stesso del Signore. La vita nuova che diventa manifestazione, rivelazione della vita divina che ci è stata donata. Questa vita che è offerta d’amore è vissuta, secondo il ver.9, davanti al Signore e davanti a tutto il suo popolo : ” Negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme. Alleluia.” (ver.10).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Siamo proprio a casa nostra quando si parla di infelicità (v.10) o di sgomento davanti alla “vanità ingannevole dell’esistenza e del pensiero umano”, come scrive don Giovanni. Non è un problema di comportamenti, di mancanza di etica, ma è la nostra “povertà” costitutiva. – Bello quell’interrogativo retorico del v. 14, che tutti noi possiamo ripetere: Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto? La reciprocità col Signore è impossibile. Cosa sarà quel calice di salvezza che l’orante eleva? Forse il calice di comunione del convito, che i commensali si passavano di mano in mano…, segno – per noi – della mensa eucaristica. – Sempre affascinante l’immagine finale che ci vede abitare negli atri della casa del Signore; non solo in futuro, ma qui ed ora, “nella terra dei viventi”, come leggevamo ieri, cioè sulla nostra amata terra.