18 Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. 19 L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. 20 La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza 21 che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 22 Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. 23 Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 24 Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? 25 Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.
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Sia il tempo, sia lo spazio, sono interamente visitati e illuminati dal dono di Dio che in Gesù è stato rivelato e consegnato non solo al popolo della Prima Alleanza ma a tutta l’umanità. Non solo all’umanità, ma a tutta la creazione. Non siamo più nell’attesa della salvezza, ma nell’attesa della sua pienezza. Per questo, “le sofferenze del tempo presente”(ver.18), come la caducità e la corruzione del creato (vers.20-21): tutto è comprensibile e interpretabile come “le doglie del parto”(ver.22). Anche, e primi tra tutti, “anche noi”(!), anche noi “che possediamo le primizie dello Spirito”(ver.23), “gemiamo.. aspettando l’adozione.. la redenzione”. Tutto questo si raccoglie e si illumina come “speranza”(vers.24-25)!
Per questo, “le sofferenze del tempo presente”, che sono reali e gravi, Paolo pensa “non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”(ver.18). E con noi – cioè l’intera umanità, sia o no consapevole! – l’intera creazione è “protesa verso la rivelazione dei figli di Dio”(ver.19). Dunque c’è uno stretto legame tra la vicenda dell’umanità e tutta la creazione. Questa è totalmente coinvolta nel dramma e nella speranza dell’umanità. Anch’essa quindi “sarà liberata dalla corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”(ver.21). La creazione intera, infatti, segue il cammino dell’uomo cui è stata affidata fin dal principio. Viene aggredita e abbrutita dal peccato dell’uomo. Sarà partecipe della sua salvezza. Lo è già fin d’ora. Anche la sua attuale condizione devastata deve essere interpretata e curata, provveduta, come attesa della sua piena liberazione “dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”(ver.21). Siamo ben lontani, siamo all’opposto di ogni spiritualismo che dissocia lo spirito dalla materia, e prospetta il cammino della “religione” come un abbandono della materia. Tutta la creazione è partecipe dell’opera salvifica di Dio che in Gesù si è compiuta, e che, come nel gemito del parto, attende la luce e la gloria della pienezza.
Come la creazione, così anche noi, “che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”(ver.23), non perché non l’abbiamo ricevuta, ma, proprio perché l’abbiamo già in germe ricevuta, percorriamo la via radicalmente nuova – la vita nuova! – lungo la quale Gesù ci conduce. Per questo la speranza non è per noi una vaga condizione di ottimismo esposta a conseguenze alienanti, ma al contrario! La speranza è l’interpretazione rigorosa e la norma severa di pensiero e di azione di tutta la nostra vita: “Nella speranza infatti siamo stati salvati”(ver.24). Gesù è il fondamento della nostra speranza. E’ per questo che il nostro brano si conclude con quel termine prezioso e quasi intraducibile del ver.25: la “perseveranza”. E’ parola che dice la capacità, la forza e la volontà di “stare sotto per sostenere”! Ormai la storia si deve non solo sostenerla, e, per il segreto di speranza che contiene, non la si deve abbandonare fuggendo da essa. La si deve umilmente, fortemente, e, come si può, persino gioiosamente portare.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.