Messa celebrata nel santuario della Torre a Sovere.

Omelia nella Messa Vigiliare dell’Assunta – Sovere.

Sintesi

Don Francesco apre l’omelia ricordando che, essendo in ritiro, abbiamo la possibilità di dedicare più tempo alla meditazione delle parole ascoltate nella liturgia. Invita a soffermarsi in particolare su un capitolo del Primo Libro delle Cronache, dai versetti 15 e 16, proclamato in forma ridotta durante la celebrazione. Questo passo descrive la partecipazione del popolo al trasferimento dell’Arca nel santuario preparato da Davide, mettendo in luce l’importanza delle persone coinvolte e delle varie categorie di ministri della liturgia. Si nota una continua attenzione ai nomi e ai gruppi, sottolineando così il valore della comunità.

Nel capitolo 15, spicca la ricorrenza di una parola significativa: fratelli, menzionata ben undici volte. Questo richiama il senso di fraternità: un popolo di fratelli che porta e trasporta l’Arca del Signore. Tale immagine ci fa comprendere la dimensione comunitaria della fede.

Il collegamento con la vittoria sul peccato e la resurrezione

Don Francesco poi richiama un altro testo, la conclusione del capitolo 15 della Prima Lettera ai Corinzi, che invita a riflettere sul mistero della Risurrezione di Gesù, strettamente legato alla festa dell’Assunta. Questo mistero è connesso anche alla vittoria sul peccato e al dono del perdono, realtà fondamentali per la nostra vita. Il peccato viene definito “il pungiglione della morte”, e la legge come la sua forza: la legge va osservata, ma – come insegna San Paolo – con prudenza, senza assolutizzarla. In Cristo, la morte è vinta, il peccato è superato, e la legge trova il suo compimento.

Il Vangelo: la beatitudine vera e la missione di ciascuno

L’omelia si concentra poi sul breve passo evangelico, che contiene un dialogo significativo: una donna esclama “Beato il grembo che ti ha portato e le mammelle che ti hanno allattato!”. Gesù risponde: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”. Don Francesco sottolinea che la parola “piuttosto” non va interpretata come una contrapposizione tra la maternità di Maria e l’ascolto-obbedienza alla Parola, ma come conseguenza. Gesù afferma in sostanza: “Sì, beata colei che mi ha portato e allattato; ancora di più, sono beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”.

Il parallelismo tra Maria e noi

Questa affermazione di Gesù getta una luce di speranza: la beatitudine di Maria non è isolata, ma è partecipata anche a noi. Ciò che Maria è stata per Cristo – grembo che lo ha accolto e seno che lo ha nutrito – possiamo esserlo anche noi. Quando accogliamo la Parola di Dio e la ascoltiamo con amore, diventiamo il grembo del Cristo; quando la custodiamo e la osserviamo, diventiamo il seno che lo nutre, non solo per noi stessi ma anche per gli altri, per coloro che arricchiscono la nostra vita.

È uno scambio bellissimo tra Gesù e la donna anonima che loda sua madre, e che apre a tutti noi una prospettiva di onore e dignità: l’onore massimo della Vergine ci viene trasmesso e comunicato, anche al più umile di noi, se accogliamo amorosamente Lui, la Parola che dà vita.