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Descrizione
Anche Abacuc, come noi, si trova davanti a violenza, ingiustizia, oppressione. E davanti a questo grido di dolore nasce la domanda: “Dov’è Dio? Fino a quando griderò e tu non ascolti?”. Anch’io me lo chiedo tante volte, sia nella mia vita personale, con le sue difficoltà e dolori, sia guardando al mondo: guerre, bambini colpiti, popoli feriti. Mi viene da dire: “Signore, batti un colpo, vieni a salvarci!”.

La risposta di Dio attraverso la profezia

Il Signore risponde ad Abacuc con parole che sono luce anche per me: “Scrivi la visione… ha un termine, parla di una scadenza”. È come se Dio dicesse: c’è una fine, un approdo, una luce in fondo al tunnel. Non è che Dio si compiace del nostro dolore, ma ci invita alla fede: il giusto vivrà per la sua fede. È questa fiducia che mi sostiene nei momenti di solitudine, di lutto, di impotenza. Anche se tutto sembra fermo, so che il Signore ha posto un limite, una fine, e a questo mi aggrappo.

Il granello di senape

Gli apostoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede. Anch’io sento questa domanda dentro di me, soprattutto quando mi accorgo di averne poca. Ma Gesù risponde in modo sorprendente: non serve tanta fede, basta un granello di senape. È una parola che mi conforta: non devo accumulare “quantità” di fede, basta quel piccolo barlume che il Signore mi dona, ed esso diventa una forza enorme, capace di illuminare il cammino e sostenermi nei momenti bui.

Vivere come servi

Gesù poi parla di servi. Non è un’immagine facile, perché il servo, dopo una giornata di lavoro, non riceve applausi o premi, ma continua a servire. Così è la mia vita di cristiano: non vivo la fede per un salario o per un riconoscimento, ma perché è ciò che mi è chiesto. Non sono un mercenario, sono un servo. Eppure questo servizio, vissuto con umiltà e semplicità, acquista una luce nuova proprio grazie a quel granellino di fede. Non aspetto una ricompensa immediata: la mia ricompensa è il Regno dei Cieli.

Ravvivare il dono ricevuto

San Paolo invita Timoteo a ravvivare il dono che ha ricevuto. Anche io mi sento rivolgere queste parole: non lasciarmi vincere dalla timidezza, ma custodire con forza, carità e prudenza il bene prezioso che mi è stato affidato. Questo è il cuore della vita cristiana: non lasciar spegnere la fiamma della fede, ma alimentarla.

Gesù, il servo che salva

La fede non è un’idea astratta: è lo stile stesso di Gesù. Lui ha donato la vita come “servo inutile”, senza cercare riconoscimenti, affrontando rifiuto, dolore e morte. Ma proprio così ha portato la salvezza a tutti. Anche per me la via è questa: accogliere la prospettiva pasquale, vivere la fatica con lo sguardo già rivolto alla ricompensa più grande, la vita eterna.

La Chiesa, luogo del dono custodito

La festa della dedicazione della Chiesa che celebriamo oggi mi ricorda che questo luogo è il segno visibile dove la fede è custodita, ravvivata, condivisa. Qui, davanti all’altare e alla croce, ho vissuto momenti di gioia e di dolore, sacramenti e preghiere, consolazioni e lacrime. Tutto questo ha acceso in me quel piccolo granello di senape, che resta il dono più grande che ho ricevuto.

Custodire la vita della fede

Alla fine, tutto si concentra qui: custodire e ravvivare il dono della fede, anche se piccolo come un granello di senape. È la fede che mi permette di vivere con speranza, di servire con umiltà, di resistere nelle prove. È la vita che non teme nulla, perché è radicata in Dio.