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Omelia XXIX domenica del TO anno C BVI 18 prefestiva

18 ott 2025 · 11 min. 49 sec.

Omelia XXIX domenica del TO anno C BVI 18 prefestiva

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Descrizione
Gesù ci propone una parabola curiosa per spiegarci la necessità di pregare sempre, senza stancarci. È un invito che, a prima vista, sembra impossibile: come si fa a pregare sempre? Noi pensiamo alla preghiera come a un momento preciso — dire una preghiera, andare a Messa, ritagliarsi un tempo nella giornata — ma “pregare sempre” significa qualcosa di più profondo. Perché la nostra preghiera spesso si interrompe, è distratta, a volte faticosa; dopo un primo slancio ci stanchiamo, perdiamo costanza. Eppure Gesù ci chiede proprio questo: una preghiera che non si esaurisca, che diventi respiro, che accompagni ogni momento della vita.

La vedova e il giudice: una parabola che disturba

La parabola che Gesù racconta suscita un certo disagio. Una vedova sola, indifesa, che deve importunare un giudice arrogante e ingiusto per ottenere giustizia. E quel giudice, che non teme Dio e non si cura dei deboli, sembra un cattivo esempio per parlare di Dio. Eppure, forse, è proprio questo il punto: spesso noi pensiamo a Dio come a qualcuno che dobbiamo convincere, stancare, come se la preghiera fosse un’operazione faticosa per attirare la sua attenzione.

La vedova, invece, ci mostra qualcosa di diverso.

È sola, senza appoggi, e ha un avversario che la insidia e la opprime. Ma non si arrende. Continua a bussare alla porta di quel giudice, anche se è burbero e indifferente. Perché, nonostante tutto, sa che lui ha il potere di aiutarla. È consapevole che, se insiste, troverà giustizia. In questo c’è la chiave della sua forza: la fiducia. Lei crede che quel giudice, pur ingiusto, abbia una forza più grande del suo avversario.

Mi viene in mente — come durante la camminata a Montovolo — il comportamento dei bambini. Anche loro insistono con i genitori, o con un capo scout, perché sanno che lì c’è qualcuno che può aiutarli, che ha la forza di dare ciò di cui hanno bisogno. A volte le loro richieste non sono opportune, ma hanno fiducia, sanno che qualcuno li ascolta. È la stessa fiducia che deve animare la nostra preghiera.

La fiducia che sostiene la preghiera

Pregare è innanzitutto credere che Dio ci può esaudire. La vedova non prega un Dio lontano, ma qualcuno di cui si fida, e questa fiducia le dà pazienza e perseveranza. Lei vive nell’attesa, in una pace che viene dal sapere che il suo aiuto arriverà al momento giusto.

Questa fiducia la ritroviamo anche nella prima lettura: Mosè, nella battaglia contro Amalek, solleva il bastone e tiene le braccia alzate. Finché le braccia restano alzate, Israele vince. È un’immagine bellissima della preghiera: restare in relazione con Dio, anche quando siamo stanchi, anche quando le braccia ci cadono. Mosè ha bisogno di Aronne e Cur per sostenerle, perché quella comunione con Dio non si interrompa.

E Paolo, nella seconda lettura, scrive a Timoteo invitandolo a rimanere saldo nella Parola, in ciò che ha imparato. “Tutta la Scrittura è utile per insegnare, convincere, correggere, educare nella giustizia.” È la Parola il nostro bastone, la nostra forza per restare uniti a Dio. In essa l’uomo di Dio trova pienezza, completezza e preparazione per ogni opera buona.

La perseveranza della fede

Alla fine, Gesù ci pone una domanda che ci scuote: “Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?” È la domanda che ci rimette davanti all’essenziale. Fede non è tanto dire preghiere, ma rimanere in relazione con Dio. È l’atteggiamento della vedova, di Mosè, di Timoteo: restare fermi nella fiducia, nella pace, nell’attesa, sapendo che Dio arriverà — con il suo aiuto, la sua luce, la sua vittoria sul male. Anche sul male più grande, che è la morte.

Rimanere nella relazione

Gesù sulla croce è il segno che Dio arriva sempre, e arriva donando la vita. Il problema nostro non è che Lui non ci ascolta, ma che noi non restiamo nella relazione. Come un bambino che alterna grida e silenzi, ma non smette mai di rivolgersi alla madre o al padre, anche noi viviamo alti e bassi nella preghiera, ma non dobbiamo mai spegnere la confidenza con Dio.

La vera preghiera è questo legame costante, come la vite e i tralci nel Vangelo di Giovanni. Certo, ci sono momenti forti — la Messa, la preghiera comunitaria, i tempi di silenzio — ma la relazione non si interrompe mai. Anche mentre lavoriamo, camminiamo, compiamo il nostro dovere, possiamo restare uniti a Lui. Questa consapevolezza, questo “essere con Lui”, è la fede.

Pregare incessantemente significa vivere ogni istante in questa relazione viva, senza stancarci, perché Dio non si stanca mai di noi. Anche quando pensiamo di essercene dimenticati, Lui è sempre lì. Basta ritrovare il contatto, dire: “Eccomi, Signore.”

Ringraziamento e fiducia

E allora, ringraziamolo. Per la sua Parola, per la sua presenza costante, per il suo restare con noi anche nei momenti di solitudine e sconforto. Apriamo il cuore all’ascolto e affidiamoci a Lui, con la fede paziente della vedova, la perseveranza di Mosè, la fedeltà di Timoteo. Senza stancarci, restiamo in questa relazione che è vita, luce e pace.