1 Il Signore parlò a Mosè e disse: 2 «Ordina agli Israeliti che espellano dall’accampamento ogni lebbroso, chiunque soffre di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto. 3 Allontanerete sia i maschi sia le femmine; li allontanerete dall’accampamento, così non renderanno impuro il loro accampamento, dove io abito tra di loro». 4 Così fecero gli Israeliti: li espulsero fuori dell’accampamento. Come il Signore aveva parlato a Mosè, così fecero gli Israeliti.
5 Il Signore parlò a Mosè e disse: 6 «Di’ agli Israeliti: “Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi peccato contro qualcuno, commettendo un’infedeltà contro il Signore, questa persona sarà in condizione di colpa. 7Dovrà confessare il peccato commesso. Restituirà per intero ciò per cui si è reso colpevole, vi aggiungerà un quinto e lo darà a colui verso il quale si è reso colpevole. 8 Ma se non vi è un parente stretto a cui dare il risarcimento, questo è da restituire al Signore, cioè al sacerdote, oltre l’ariete del rito di espiazione, mediante il quale si compirà l’espiazione per lui.
9 Ogni prelievo su tutte le cose consacrate che gli Israeliti offriranno al sacerdote, apparterrà a lui; 10 le cose sante di ognuno saranno sue, ma ciò che uno darà al sacerdote apparterrà a lui”».

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C’è un “peccato senza colpa”? Si può pensare ad un’ “innocenza del peccatore”? E’ il pensiero che nasce da questi primi quattro versetti del cap.5. E forse per questo è importante che così si apra questa nuova sezione del nostro Libro dei Numeri. In questo modo viene affermato, pur senza clamore, che la natura e la condizione ferita dell’uomo impedisce nativamente il rapporto con Dio. Tale relazione si darà solo per la potenza della misericordia divina. Per questo, nelle memorie evangeliche è così importante l’incontro di Gesù con i lebbrosi. Dico tutto questo con un desiderio di grande prudenza , che suggerisco anche a voi nel leggere queste note.
Davanti a questa ipotesi, le altre trasgressioni si presentano come infrazioni colpevoli; e recuperabili. La versione greca le chiama, al ver.6, “peccati umani”, dove il nostro testo italiano dice semplicemente “qualsiasi peccato contro qualcuno”. E’ interessante che in ogni modo anche questo torto verso qualcuno coinvolga Dio, per cui aggiunge “commettendo un’infedeltà contro il Signore”. Non c’è infedeltà umana che non riguardi il nostro rapporto con il Signore.
I vers.7-8 dicono le due vie della riparazione. La prima è la confessione del peccato. La versione greca enfatizza questo con un verbo che sottolinea il carattere “pubblico” di tale confessione. L’altra via è quella della riparazione del danno commesso:”Restituirà per intero ciò per cui si è reso colpevole”. Ma con un’aggiunta, quella di “un quinto” (forse non sempre facile da valutare) da dare a chi è stato colpito dal peccato commesso. Il ver.8 sembra citare il caso che la vittima del peccato commesso sia morta – vedo che questa è un’ipotesi di spiegazione del ver.8 – e per giunta non vi sia un congiunto cui si possa dare questa restituzione. In questo caso essa sarà data “al Signore, cioè al sacerdote”. Mi sembra che in questo modo si confermi che ogni peccato è commesso contro Dio, al di là del danno arrecato a qualche persona concreta.
I vers.9-10 proseguono il discorso su ciò che il sacerdote riceve in nome di Dio, e dicono questo per tutte le “primizie”, e più ampiamente tutte le cose “consacrate” (ver.9), “cose sante”, secondo il ver.10. Saranno date al sacerdote perchè sono date a Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Le cause di impurità dei primi versetti sono quelle che indicavano allora le leggi e le consuetudini dei popoli d’Oriente: malattie della pelle, emissioni dell’apparato genitale, contatto con i cadaveri. Siccome Dio abita in mezzo al suo popolo, non ci possono essere impurità, negatività: è troppo prezioso il suo stare tra noi! – Notiamo che la normativa riguarda sia i maschi, sia le femmine: c’è qui una consapevolezza della parità tra uomini e donne che ci sorprende. – Come pure sorprende quanto emerge con chiarezza nel v. 6: qualunque torto fatto a un uomo, è un’infedeltà a Dio. Quindi la fedeltà a Dio si manifesterà proprio nel rispetto dell’uomo, nella ricerca del suo benessere… Anche il vincolo di solidarietà nella comunità è sottolineato: se non si può restituire all’offeso, lo si deve fare al parente più prossimo; ciò che è stato tolto a una famiglia, le viene restituito attraverso questo parente, corresponsabile di coloro che sono rimasti senza sposo e padre.
Il brano di oggi propone la legislazione riguardante due casi diversi di “disturbo” per la comunità, l’accampamento dove anche Signore ha voluto porre la sua Dimora (v.3). I vv. 1-4 infatti parlano di casi di “impurità” (di malattia, o incidente, e non tanto di peccato o colpa) che escludono chi ne colpito “ogni lebbroso, chiunque soffre di gonorrea o è impuro per il contatto con un cadavere.” La necessità di venire esclusi dall’accampamento, ci sembra una profezia della grande di Gesù, che ha voluto “morire fuori dalla città, fuori dall’accampamento” (Ebr 13:12ss: “Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. Usciamo dunque anche noi dall’accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio”), per raccogliere nella sua famiglia anche quanti ci troviamo in questo stato in allontanamento e separazione I vv. 5-10 ci parlano invece di una ingiustizia consapevolmente (sembra) commessa contro il prossimo. Non viene precisato di cosa si tratta; il commento alla trad. dei Lxx sembra suggerire che si tratti di adulterio, ma forse è meglio tenere che si tratta di una qualunque colpa di ingiustizia. In questo evenienza, colpisce che viene richiesto un risarcimento al prossimo, o a un suo erede, che ha subito il danno. Insieme alla confessione e al sacrificio dell’ariete per l’espiazione è richiesta la restituzione del valore del danno arrecato, con l’aggiunta di un quinto del suo valore. Leggiamo nel Vangelo che il pubblicano Zaccheo, quando si incontrò con la bontà di Gesù, decise di rifondere quanti aveva frodato “restituendo quattro volte tanto” (Lc 19:8ss); e il Signore commenta dicendogli: “”Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.