16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17 Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18 Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
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PRIMA PARTE
Termina oggi il cammino iniziato per la festa di S.Mattìa, il 14 maggio, lungo il Vangelo secondo Matteo. Un cammino dove, come per la prima volta, ho trovato tanti segni della mia povertà, soprattutto della povertà della mia fede, e insieme ho incontrato ogni giorno la potente bontà del Signore, la sua misericordia senza fine, la luce sempre nuova e sorprendente della sua Parola. Di questo “pane del cielo” vive ogni povero discepolo di Gesù, e, senza esserne consapevole, ogni uomo e donna della terra. Il dono quotidiano della Parola è tale che ogni giorno ne viene come plasmato e generato, e la Parola in quel giorno ricevuta dalla misericordia divina diventa il “nome” profondo di quella giornata, il suo mistero e la sua luce. La via profonda per cogliere qualcosa di quello che “oggi sta accadendo” e qualche indicazione per sapere “che fare” oggi, davanti al dono di Dio, al suo inabissasi nella povertà dell’uomo, al suo indefettibile desiderio di condurre ciascuno e tutti alla salvezza e alla pace. I giorni che ci porteranno sino alla Novena di Natale, da lunedì 29 a giovedì 16 dicembre, saranno nutriti e condotti dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi. Il 3 gennaio 2011, se Dio vorrà, entreremo nel commento dei primi 41 Salmi. Tutto è sempre troppo grande e luminoso per noi poveri peccatori. Ma proprio per questo è l’esperienza più alta e più profonda della misericordia infinita di Dio, che scende a noi per farsi nostro cibo e nostra bevanda nell’Esodo della nostra umile vita.
Oggi consideriamo, al ver.16, un fatto piccolo e drammaticamente significativo. Non sono dodici, ma undici, i discepoli conovocati sul monte di Galilea per essere mandati sino ai confini della terra a portare il Vangelo della salvezza e della pace. Un corpo ferito, dunque! Una necessaria sproporzione tra la santità del compito e del progetto, e la povertà della storia di ciasuno e di tutti.
SECONDA PARTE
Meravigliosa e misteriosa, mi pare, la giusta precisazione del testo italiano rispetto alla versione precedente. Al ver.17: “…si prostrarono. Essi però dubitarono”. E forse non sarebbe obbligatorio neppure quel “però” che sembra mettere una consapevole limitazione al gesto di adorazione degli undici. Da anni aspettavo questa “correzione”. Intanto la parola mi ha “lavorato”. Il dono della fede porta con sè l’esigenza di accettare il dubbio. Forse dobbiamo uscire da una certa retorica istintiva che lascia il dubbio come appannaggio certo del non credente. Dell’ateo. Personalmente sono convinto che la sorte del credente sia innanzi tutto la profonda percezione del suo essere “non credente”, viaggiatore perennemente non arrivato. Cercatore di un fuoco nella notte dove lo splendore certo della fiammella nella notte è capace di raccogliere intorno a sè e in sè tutta la tensione, l’attenzione, il desiderio, la stanchezza, la paura, la tentazione di fermarsi perche la notte si è fatta troppo buia e fredda. E peraltro quella fiamma continua a rimenere piccola e lontana. I maestri d’Israele ne parlano come di una bellissima seducente donna che ti fa cenno e t’invita, ma quando sei vicino a raggiungerla, ecco allora si ritrae, intrecciando in te la seduzione, la delusione e il dolore. Forse, dunque, il dubbio è il compagno non congedabile di ogni sentiero della fede. E non voglio essere impertinente, ma…avete visto come questa fede così povera non sembri preoccupare e fermare Gesù nella comunicazione del progetto universale che ci invade e ci requisisce?: “A me è stato dato ogni potere…andate dunque…”(vers.18-19).
E dunque ecco la grande missione che, iniziata al cap.28 di Matteo, è oggi ancora del tutto iniziale. In molte terre e in moltissimi cuori neppure inaugurata. Secono il pensiero di “esperti”, in molte terre e cuori già tramontata, dimenticata.
Di tale missione mi pare di venire a conoscenza oggi come per la prima volta. E se penso che da settant’anni sono battezzato, secondo la disposizione data da Gesù al ver.19, e da quasi trent’otto sono prete, e quindi con un certo piccolo sigillo di apostolicità, capisco che, per non arrossire di vergogna per il niente che ho combinato, mi rifugio secondo il Salmo 131(132),2 tra le braccia del Signore, come un bambino in braccio a sua madre. E così “resto quieto e sereno”. Anche perchè mi sembra di cogliere in te gli stessi pensieri e gli stessi sentimenti. Molti anni fa d.GiuseppeDossetti, invitandomi a parlare un po’ di me alla sua Famiglia, diceva ai suoi figli e alle sue figlie: “ascoltatelo con attenzione. Vedrete che per lui la vita è sempre un grande gioco”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
I discepoli andarono “sul monte che Gesù aveva loro indicato”(v.16): ma Gesù non aveva indicato loro nessun monte; allora, di cosa si tratta? Giovanni accennava, l’altro giorno, alla tradizione che vedeva in quel monte quello della Trasfigurazione. Secondo altri, si tratterebbe del monte sul quale Gesù si era “installato” per proclamare le Beatitudini. Sul luogo elevato, nel luogo tipico della presenza di Dio, Gesù aveva inaugurato il Regno, che appartiene ai “poveri”, a quelli che condividono quello che hanno…: di costoro – prometteva – il Padre ha cura. E’ l’esperienza della vita del Risorto…, ultimo regalo del Vangelo di Matteo.
PRIMA PARTE
v. 18 “E Gesù, avvicinatosi, …”: i discepoli erano già presso di Lui, tanto che gli si erano prostrati davanti e lo avevano adorato (v.17): questo “avvicinarsi” di Gesù vuole forse indicare (come altre volte nel vangelo) un “avvicinarsi” più intimo, capace di porre accanto alle paure e ai dubbi del pensiero e della fede, la sua presenza personale e reale: dirà infatti subito dopo: “Io sono con voi per sempre!”
v. 18 “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.” Queste parole ci ricordano quanto è scritto nel Vangelo di Giovanni, all’inizio della passione di Gesù, prima della lavanda dei piedi: “Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava…” (Gv 13:3).
Possiamo notare come qui Gesù dica ai suoi discepoli che il Padre “ha dato a Lui ogni potere”, diversamente di quando li aveva mandati la prima volta: “Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’ infermità”. Gesù risorto manda ormai i suoi in tutto il mondo non con potere (tutto lo ha Gesù), ma con queste parole rassicuranti: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. La forza, la speranza e la fiducia di noi discepoli non stà in una potenza che noi abbiamo, fosse pure come dono di Dio, ma nella presenza di Gesù risorto, sempre, presso di noi, con noi, tra di noi.
Gesù risorto parla ai suoi, radunati sull’alto monte di Galilea: all’inizio il tentatore aveva mostrato a Gesù tutti i regni del mondo e il loro splendore, spacciandosi per il sovrano di tutto. Qui Gesù rivela che in realtà tutto è sotto la signoria d’amore di Dio Padre e del Figlio suo Gesù che ha risuscitato dai morti. Tutte le cose, gli esseri e le vite,anche le più piccole e –apparentemente – insignificanti sono sotto la signoria e l’amore di Gesù risorto, che trae tutto a sè.
SECONDA PARTE
I discepoli, avuto l’annuncio dalle donne, si fidano e vanno in Galilea. C’è una grande obbedienza qui, mentre gli altri vangeli sottolineano di più come i discepoli liquidassero la testimonianza delle donne come illusione.
Gesù li aspetta in Galilea, e sebbene loro siano dubbiosi, li manda. E quando lo vedono, si prostrano a Lui e lo adorano. Riconoscono che Gesù risorto ha davvero ogni potere.
vv. 19-20: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, … insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Quali comandi? Le parole del discorso della montagna (capp 5-7) e l’intero vangelo. Tutti i comandi sono riassunti nel comando della carità. Infatti “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13:34-35). Nella osservanza del precetto della carità sta la massima testimonianza che i discepoli possono rendere nel mondo.
Possiamo notare che dopo aver convocato in Galilea i suoi Undici “discepoli” poi Gesù ordina loro di fare “discepole” tutte le nazioni: essi sono una primizia, il primo germe della comunità di Gesù, della sua famiglia dei discepoli, che sono – nel suo piano d’amore – tutte le nazioni. Li chiama discepoli, e li manda a fare entrare tutti nella loro condizione di discepoli, che non è una loro proprietà, ma dono di Dio. Essi sono discepoli perché Gesù li ha scelti e amati; e ora vuole che questa condizione amata la possano e la sappiano diffondere a tutti gli uomini.
I discepoli che salgono su questo monte che Gesù ha indicato loro sono ancora un anticipo e invito a quel viaggio di tutte le nazioni verso il monte del Signore, di cui ascolteremo nella lettura dal profeta Isaia di domani, I dom di Avvento.