33 Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. 34 Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. 35 L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. 36 Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; 37 infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato».
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Abbiamo già trovato l’immagine dell’albero buono e dell’albero cattivo nel “discorso della montagna” in Matteo 7,15-20. Là si diceva dei falsi profeti dai quali non si possono raccogliere frutti buoni. Mi sembra questo confermi quello che ieri tentavamo di esprimere circa il dono dello Spirito e ciò che significa e comporta il peccato contro lo Spirito Santo. Quello che è buono in noi è frutto del dono di Dio. Non è cosa nostra. Abbandonati a noi stessi non possiamo portare frutti buoni. Ogni frutto buono della nostra vita proviene dal dono dello Spirito che abbiamo ricevuto. Non voler riconoscere tale dono fecondo è il peccato contro lo Spirito Santo.
L’interesse particolare del nostro brano, che non ha paralleli diretti negli altri Vangeli, è che il frutto buono viene espresso con il verbo “dire”. Solitamente il “dire” è circondato da un certo sospetto, perchè si può dare l’eventualità che il dire sia copertura e inganno rispetto ad un cuore cattivo, ad un’interiorità non buona. Un dire che può essere ipocrisia. Qui evidentemente Gesù ci parla di un “dire” profondo. Di come cioè la vita di una persona esprima quello che ognuno ha dentro di sè. Così ascoltiamo al ver.34: “…come potete dire cose cose buone..La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. E al ver.36: “..di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio”. E infine al ver.37, a proposito di questo giudizio, “..infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato”.
E’ interessante a questo proposito l’attributo espresso in italiano al ver.36 con il termine “vana”: “ogni parla vana che gli uomini diranno”. Alla lettera il termine significa “inoperoso”, ed è quello che in Mt.20,1-16 descrive la condizione di coloro che stanno inoperosi fuori dalla vigna. Si tratta quindi di parole inoperose, e in questo senso “vane”. Parole che non operano, che non costruiscono. Al contrario, secondo il ver.35, “l’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone”. E’ “parola”, si tratta di un”dire”, che scaturisce come frutto del dono di Dio, e quindi dalla vita nuova che Egli ci dona. Quante volte abbiamo sperimentato la presenza e la comunicazione di questi buoni frutti anche da persone umilissime e mondanamente irrilevanti. Ma, appunto, ricche del dono del Signore. Da qui l’invettiva di Gesù contro i farisei, chiamati “razza di vipere”(ver.34). Si impongono con i loro insegnamenti che però non provengono da un cuore illuminato dallo Spirito, e alla fine si riveleranno come parole che scaturiscono da un cuore non buono, perchè “la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Le parole che il Signore ci dice oggi ci sembrano strettamente collegate alle precedenti e anche preparare la ‘parabola del seminatore’ che incontreremo presto. Il testo dice innanzitutto: ‘o ‘fate’ l’albero buono o ‘fate’ l’albero cattivo con i relativi frutti. Suggerisce la non casualità, bensì la responsabilità per cui è detto nel salmo 1 che l’albero è buono perchè stende le sue radici verso la corrente e produce frutto a suo tempo, immagine dell’uomo che giorno e notte medita la Legge del Signore. Al cap 27 del Siracide leggiamo:’ Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela il sentimento dell’uomo’ (v.6)
‘Razza di vipere’: l’epiteto è lo stesso usato da Giovanni il Battista, al c. 3, quando invitava a ‘fare frutti degni di conversione’ farisei e sadducei venuti al suo battesimo ricordando loro : ‘ Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.’
Il salmo 57, che si conclude dicendo che ‘c’è Dio che fa giustizia sulla terra’ chiama ‘vipere sorde’ gli operatori di menzogna, che si chiudono gli orecchi per non ascoltare. Tutto quindi dipende dall’ascolto e da quali parole si accolgono nel cuore: o quelle che sono ‘ spirito e vita’ o quelle che portano in sè veleno di morte. La conoscenza della Verità è dall’accoglienza delle parole che Gesù dice perché le ha ricevute dal Padre: ‘ Le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato’ ( Gv 17,7)
C’è dunque da chiedersi che cosa si fa del dono ricevuto, delle parole donate a noi dal Signore…
Pietro, all’inizio della sua seconda lettera, dopo avere ricordato che la potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene, invita a mettere ogni impegno nella vita secondo lo Spirito, nella fede, nella pazienza, nella pietà, nell’amore fraterno, nella carità: se queste cose non mancheranno, ‘ non vi lasceranno oziosi nè senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo’ ( II Pt 1, 3-9)
Il termine per ‘oziosi’ è lo stesso usato per ‘ le parole vane, inoperose’ di cui gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio. (v. 36) e per gli operai che il padrone trova inattivi e chiama a lavorare per lui. ( Mt 20, 1-16)
Al contrario la Parola che Dio dice è parola creatrice, che non torna a Lui senza avere operato ciò che desidera ( cfr Is 55), che napre la bocca ai muti come abbiamo visto e che scioglie la lingua a Zaccaria nel canto di lode e di benedizione. ( Lc 1, 67-80)