34 Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. 35 Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; 36 e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. 37 Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38 chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39 Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
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PRIMA PARTE
Per entrare nella grande bellezza e importanza della Parola che oggi il Signore ci regala, mi sembra bene porre un’affermazione di base che potrebbe sembrare ardua e imbarazzante, e cioè la forza con la quale Gesù stesso chiede che ogni realtà umana, e soprattutto ogni relazione umana siano considerate e vissute come “relative” a Lui! Anche i legami più naturali e più preziosi. Anche le tradizioni culturali più affermate. Cercheremo di cogliere come in questa esigenza posta da Gesù non solo non si chieda un “amare di meno”, ma al contrario! E cioè come solo riferendo e relativizzando tutto a Lui ogni realtà e ogni legame interpersonale venga fondato e protetto.
Ma per questo Gesù è ben consapevole di portare sulla terra “non pace, ma spada”(ver.34). Perchè tutto deve essere visitato, giudicato e rinnovato dalla sua Parola! E questo è perchè anche quello che a noi può sembrare del tutto “naturale” e del tutto positivo, appunto a motivo della nostra natura ferita, è spesso definito e vissuto secondo interpretazioni mondane e violente. Consideriamo il primo eseempio fatto da Gesù al ver.35: “Sono venuto a separare l’uomo da suo padre”. Il rapporto padre-figlio diventa spesso un rapporto violento e sbagliato, o perchè, in una cultura come la nostra, il padre non ha nessuna responsabilità-autorità nei confronti dei figli, o perchè, come ieri, il padre era spesso un padre-padrone. Quindi tutto deve essere visitato e sottoposto alla potenza liberante e salvifica della Parola evangelica. Tutto ciò rende necessaria una vera conversione di tutte queste relazioni, una conversione che, secondo la sapienza “pasquale” del cristianesimo, è evento di morte-risurrezione: tutto deve rinascere ed essere assolutamente nuovo. Il bello è che tutto questo non costruisce una “cultura”, e quindi uno schema fisso di interpretazione e di comportamento, perchè questa “conversione” di ogni realtà al Vangelo chiede di essere incessante. Tutto deve incessantemente morire e risorgere per essere sempre “nuovo” secondo le condizioni della storia e le esigenze del Vangelo.
Questo mi sembra illumini l’affermazione di Gesù al ver.37: “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me”. Il “primato” che Gesù pretende per la relazione con Lui è il principio, la garanzia e la forza di ogni relazione secondo la sapienza e la perenne novità del Vangelo. Per questo il Vangelo non si può ridurre a “legge”, ma deve essere sempre e solo la presenza e la persona di Gesù che incessantemente visita la vicenda di ogni persona e di tutto il genere umano.
SECONDA PARTE
Questo è il “miracolo” di oggi e di sempre del Vangelo: la presenza-potenza della Parola di Gesù, capace di visitare ogni situazione e ogni vicenda per indicare a tutti e a ciascuno la via nuova della salvezza e della pace vera (non quella falsa pace che è frutto della violenza del cuore umano). Se tu ami il padre e la madre più di Gesù, sei esposto ad una “idolatria” di questa relazione sia per esaltare e “divinizzare” questa relazione, sia per annientarla consegnando ciascuno ad una solitudine che non è quello che la sapienza divina rivela e dona.
Perchè tutto questo possa avvenire Gesù chiede l’assunzione della propria responsabilità da parte di ogni discepolo. Prendere la propria croce e seguirlo è il principio e la garanzia del volto evangelico della vita cristiana. Ognuno è prima di tutto “discepolo” di Gesù. Abbiamo già incontrato l’attributo “degno” ai vers.11-15 di questo capitolo. Essere “degni” di Gesù esige l’assunzione piena della responsabilità della prorpia vita di discepolo. Non seguire ogni idolo, ma seguire Gesù nel suo cammino di offerta d’amore fino alla croce. E’ quindi “degno” chi non cammina dietro all’idolo di se stesso o all’idolo emergente nel suo tempo e nella sua cultura, ma chi sa di voler seguire Gesù nostro Signore. E’ responsabilità di una vita consegnata a Lui! Addirittura “spesa” per Lui e dietro a Lui: “…chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”.
Concludo chiedendo scusa delle mie parole contorte e facendo un esempio non contenuto nelle Scritture che oggi il Signore ci regala. Tutti vediamo e soffriamo la fragilità dei legami sentimentali e in particolare del vincolo d’amore tra l’uomo e la donna. A me sembra che questa fragilità sveli quasi sempre la grande “solitudine”, la grande soggettività di tali legami. Domandiamo al Signore di rinnovare il grande dono della relazione profonda delle nostre relazioni d’amore con il primato esigente della relazione con Lui: solo questo consentirà di trovare sempre le ragioni superiori della comunione d’amore oggi così esposta alla nostra fragilità e alle nostre soggettività.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ieri abbiamo avuto qui a Mapanda una bellissima giornata di Festa per la cresima di circa 130 ragazzi. Il Vescovo Tarcisio ha parlato a loro e a tutti con grande affetto, e molto incoraggiandoli nel cammino verso l’apertura della nuova parrocchia qui. Domani di nuovo saremo alla festa della Cresima con lui, a Usokami.
Le parole del Vangelo che ascoltiamo oggi ci stupiscono, e ci fanno ricordare quello che abbiamo ascoltato alcuni giorni fa, a proposito di quell’uomo, che invitato da Gesù a seguirlo, gli chiedeva il permesso di andare prima a seppellire suo padre. La risposta di Gesù – “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu vieni e seguimi” – ci insegnava che seguire Gesù è entrare nella vita, perché Gesù è la vita e ci dona la vita. Gesù non accetta che noi, e i nostri parenti e amici, restiamo nella condizione di morti, forse perché non abbiamo la carità.
E’ importante per ciascuno, e per tutti quelli che ama, seguire Gesù, perché altrimenti ognuno resta nella sua condizione che è governata dalla morte. Anche le parole di oggi possono venire lette ricordando questo.
v. 38 “chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me”: la questione importante è anche oggi il seguire Gesù. Poco sopra Gesù aveva detto ai suoi discepoli, inviandoli a portare la Buona Notizia, di non prendere con sé né oro né argento, ne borsa né bastone. E al ricco che gli chiede come fare per avere la vita eterna Gesù dice di vendere tutto ciò che ha e di seguirlo. Perché tutte quelle cose non sono utili per seguire Gesù. Cosa è invece utile? La croce di ciascuno. Ognuno deve prendere la propria croce. Cosa è? Ognuno può cercare di capire cosa è per lui o lei la sua croce. E’ forse quella cosa che vorremmo non prendere e invece lasciare.
Anche Gesù stesso ha fatto così, e lui vuole riscattare con il suo esempio tutte le cose che noi pensiamo non possano condurci alla vita. Queste cose sono proprio quelle che diamo prendere per seguire Gesù.
Le ultime parole del nostro testo: “e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” sono la chiave per interpretare tutto il brano di oggi.
Anche i familiari saranno nemici. Perdere la propria vita è prendere la croce, per essere degni di Lui. Cosa vuol dire essere “degni di Lui”? Come fare per seguire Gesù? Custodire le indicazioni che Gesù ha dato ai suoi discepoli inviandoli, insieme alla fiducia nella forza che dà a loro per fare tutto ciò che ha comandato.
E’ difficile tenere insieme le parole di oggi sulla divisione anche all’interno degli affetti familiari, e i ripetuti comandi del Signore a onorare i genitori, se non si pone al centro il duplice comando dell’amore: amare il prossimo per amore di Dio, e amare Dio nel prossimo. Per amore di Dio, portiamo la croce e il peso che il prossimo ci impone; e per amore del prossimo, seguiamo Gesù e custodiamo le parole che ogni giorno ci regala.