Caro don Giovanni, senza chiederle il permesso, dopo una discussione in famiglia, che per fortuna è finita bene, abbiamo deciso di chiedere a lei un giudizio. Per farla breve, sono una ragazza di sedici anni e mi sembra di essere una brava ragazza. Sono nell’Azione Cattolica della mia parrocchia e l’altra settimana una mia amica, anche lei della parrocchia, mi aveva invitato ad una festa a casa sua. Mio padre mi ha detto di no quando ha saputo che c’erano dei ragazzi e che avremmo ballato. Per giunta ha telefonato anche alla famiglia della mia amica per dire che lui non era d’accordo e che a ballare mi lascia andare solo quando sono maggiorenne. Oltre la rabbia io ho avuto anche la vergogna. Poi mio padre mi ha detto che aveva esagerato e che mia mamma glielo aveva fatto capire. Così abbiamo fatto la pace, ma io ho voluto che parlassimo e ancora non siamo stati d’accordo. Lei cosa ne dice? Mentre le scrivo, io e mio padre stiamo ridendo e le chiediamo scusa. Lettera firmata

Carissima amica, la prima cosa che mi viene da dirti è che in tutti questi anni mai ho ricevuto un messaggio come questo. Magari molti li ho dovuti proprio non pubblicare, sia per il contenuto sia per il tono. A qualcuno ho risposto "privatamente". A te e al tuo papà mi piace rispondere dal giornale. Proprio l’altra sera prendevo in giro mio fratello che per anni è uscito in piena notte per andare ad aspettare in automobile che sua figlia, anche più giovane di lei, uscisse dai suoi raduni. Adesso finalmente ha la patente e lui può passare una notte più tranquilla. Ti dico come faccio quando mi capitano vicende come la tua. Alla ragazza che viene a lamentarsi e si dice propensa a disubbidire, e che suo padre è una "borsa", cerco di richiamarla, con molti sorrisi di simpatia, ad un maggiore rispetto. E se è una ragazza cristiana le ricordo che la sottomissione ai nostri padri terreni è un modo molto semplice per celebrare la nostra obbedienza al Padre del cielo. Sul ballo di sera non le dico niente. Ai miei tempi i ragazzi di sera non uscivano, e i "peccati" li facevamo di giorno. Poi, salutandola, le chiedo di farmi telefonare da suo padre, se lo conosco, e meglio ancora se siamo in amichevole confidenza. Al telefono gli cavo la pelle, e gli ricordo che gli Apostoli raccomandano ai padri di non esasperare i loro figli. E che, appunto, i peccati si fanno anche di pomeriggio. E che ringrazi il suo Signore di avere una figlia così brava e buona. Il tutto sempre un po’ scherzando, e ripensando ai guai tremendi che nello stesso giorno hanno sentito i muri del mio studio. Un caro abbraccio. Giovanni della Dozza.

Foto di peo pea da flickr